Passione, organizzazione ed umiltà sono alcune delle qualità che deve possedere un vero Chef
E’ una delle professioni più richieste, ed è una vera e propria arte perché si basa sulla creatività e sul talento
Lo Chef.
“Voglio diventare un grande chef !” Diceva il topino incompreso, con tanta passione per la cucina, nel film Ratatouille.
Ma qual è la strada per diventare un ottimo chef?
Da premettere che non si diventa chef senza studiare, provare e impegnarsi con tenace costanza. Aggiungiamo poi che uno chef deve possedere determinate caratteristiche personali e caratteriali oltre a conoscenze specifiche e competenze.
Quali sono le qualità personali
Passione ed organizzazione
La passione per la cucina è la base di questo mestiere e le capacità organizzative sono necessarie a stabilire quali sono i tempi e le azioni da compiere in modo da evitare intoppi nel corso del lavoro.
Umiltà
Un vero chef deve avere la giusta dose di umiltà, in modo da poter assorbire la conoscenza e la competenza dai professionisti più anziani e più formati.
Resistenza e dedizione
Lavorando per lunghe ore ed in piedi, lo chef deve essere dotato della giusta forza e resistenza. Ci vuole, inoltre,dedizione poiché si lavora nei giorni di festa ed in tutte quelle circostanze in cui il ristorante lavora di più.
Pazienza
Un bravo chef deve essere dotato di pazienza. I cibi possono richiedere una lunga preparazione e per la buona riuscita di un piatto è necessaria tanta pazienza.
Senso estetico
Perché anche l’occhio vuole la sua parte e quindi in questo lavoro “l’estetica” di un piatto è fondamentale.
Per quel che riguarda le conoscenze necessarie, è indispensabile che un bravo chef impari tutti i principi scientifici che sono dietro il mestiere. Ci riferiamo alla comprensione della nutrizione e della fisiologia umana ( si usano alimenti freschi e deperibili e quindi e necessario comprendere il loro giusto mantenimento). È inoltre necessario conoscere alcune basi di estetica alimentare per creare piatti visivamente accattivanti.
Infine le abilità. Esse si acquisiscono con dei percorsi formativi durante i quali si impara come misurare correttamente, come mescolare, come cuocere: tempistiche e metodologie.
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Eravamo quattro amici al bar. Si potrebbe riassumere così la storia di Arduino, azienda leader nella produzione di hardware e software fai da te annoverata tra le migliori startup dello scorso anno. Il progetto, partito dieci anni fa, è stato ideato da un gruppo di studenti e ha preso il nome dal locale di Ivrea dove questi si riunivano.
Arduino è stato sviluppato presso l’Interaction Design Institute da un team composto da cinque persone (Massimo Banzi, David Cuartielles, Tom Ingoe, Gianluca Martino e David Mellis). Il dispositivo è costituito da una scheda fisica di piccole dimensioni, e un ambiente di lavoro. Dopo la programmazione, è possibile intervenire su altri oggetti. Essendo opensource, il sistema è liberamente accessibile in Rete e modificabile.
Quella di Arduino potrebbe essere una specie di favola in chiave tecnologica, ma purtroppo nel 2015 sono emersi una serie di contrasti che sembrano aver compromesso irrimediabilmente l’unità del gruppo. Da una parte c’è Gianluca Martino (proprietario della fabbrica che produce le schede) e Federico Musto, (amministratore delegato), e dall’altra, i restanti quattro soci. Questi ultimi vorrebbero internazionalizzare il brand, ma i primi due non sono d’accordo. Chi avrà l’ultima parola sul futuro di quest’opensource?
Cosa succede se nel rapporto di coppia i ruoli si ribaltano perché la moglie o la fidanzata ha un ruolo di responsabilità e guadagna di più?
Per secoli la donna è stata considerata un supporto dell’uomo, e dunque ci vuole tempo per far si che venga accettato il ribaltamento dei ruoli.