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Come creare un proprio business: gli input fondamentali

“Se puoi sognarlo, puoi farlo” affermava Walt Disney.

Una frase motivazionale che troneggia sulle bacheche di tanti aspiranti gestori di un’attività in proprio. 

Tuttavia, chiunque abbia mai provato a portare avanti un business, sa bene che dal sogno alla realtà ci sta di mezzo... un mare di determinazione, impegno e olio di gomito. 

Determinazione perché, vi dirò, miei cari business-manager-to be, che la “resilienza”, ovvero la capacità di resistere alle difficoltà, imparando dagli errori e ripartendo più forti di prima, a volte è persino più importante del talento (che comunque di base, deve esserci).

Nessuno conosce la formula esatta per il successo ma certamente ci sono alcune regole che rappresentano una sorta di starter pack per chiunque abbia voglia di cimentarsi nella costruzione di un’impresa.

Ma andiamo per ordine: quali sono gli elementi fondamentali per essere un ottimo leader della propria attività?

Non smettere mai di imparare

L’elemento fondamentale di un capo valido e quindi di un’impresa sana e prolifica è la curiosità, avere la capacità di evolvere continuamente e accettare nuove sfide. E spesso il miglior modo per apprendere, prima di buttarsi sul campo, è ispirarsi ai grandi e alle loro storie, leggendo tanti libri sulla crescita personale, informandosi, studiando i big per trovare infine una propria via di sviluppo.  

Organizza e pianifica 

Essere pignoli e precisi all’inverosimile, catalogando e gestendo dati etempi in maniera impeccabile. Pianificare una strategia che permetta di gestire gli incarichi ottimizzando le spese è essenziale. 

Conviene registrare un file con i dettagli più rilevanti da controllare almeno una volta alla settimana. Per questo termini come business plan o business model devono diventare il tuo pane quotidiano. 

Ma che significano? Che sono questi paroloni?

Il business plan è un documento che descrive un progetto imprenditoriale e comprende: obiettivi, strategie, vendite, marketing e previsioni finanziarie. Un business plan aiuta a chiarire la tua idea di business.

Il business model definisce le soluzioni organizzative e strategiche che permettono all'azienda di creare valore.

Consiglio di approfondire con attenzione. 

Esamina la concorrenza

Analizzare, analizzare, analizzare. Tra le azioni da svolgere per creare un’azienda efficace è fondamentale osservare i propri competitor, individuandone i punti di forza e debolezza, cercando di avere un quadro il più generale possibile degli “avversari”.

Poi sarà importante, dopo la fase di osservazione, distinguerti rafforzando la tua identità, creando un brand che ti permetta di rimanere impresso nella mente delle persone, comunicando i tuoi valori e la tua unicità.

Ascolta, sempre

Saper guidare gli altri deriva all’80% dal saper ascoltare, mettendosi in condizione di capire immediatamente se ci sono eventuali criticità all’interno del team di lavoro e cercare di porvi rimedio prima che si inaspriscano.

Questi sono i consigli fondamentali che ci sentiamo di darti per cominciare a sviluppare la tua idea di business. Poi la maggioranza del bagaglio lo raccoglierai lungo il percorso, con mille tentativi e strade differenti.  

Ma già avere un’idea di come cominciare... ti porta a metà dell’opera!

 

di Irene Caltabiano


 

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Paura delle responsabilità? Forse soffri di ipengiofobia

L'angoscia della possibilità

Avere un figlio, essere a capo di un progetto lavorativo, decidere la destinazione per il prossimo viaggio. 

Tutte queste cose hanno un minimo comun denominatore: compiere una scelta. Ma la scelta implica la possibilità di errore e lo spauracchio della responsabilità.

Il filosofo Kierkegaard parlava dell'angoscia come il sentimento della possibilità. In effetti, a tante persone, scegliere anche le cose più banali provoca ansia o nervosismo. Questa condizione psicologica ha un nome e si chiama ipengiofobia.

Non costringermi a decidere!

L'ipengiofobia è la paura irrazionale ed esagerata di doversi assumere responsabilità. 

Come ci sono infatti persone che manifestano serie difficoltà a delegare e sono maniache del controllo, c’è chi invece avverte un vero e proprio senso di rifiuto di fronte a qualcosa di più impegnativo, una paura che rischia di diventare paralizzante. 

Quasi per tutte le fobie, la risposta al problema è di frequente eccessiva, involontaria e praticamente incontrollabile. 

Ciò, a sua volta, genera sintomi di ansia, attacchi di panico e influisce negativamente sull’autostima.

 Da cosa è causata l’ipengiofobia?

Le cause dell’ipengiofobia possono essere diverse: magari un evento traumatico in cui non è stato raggiunto un obiettivo proposto, oppure essere stati sottoposti in passato a richieste eccessive. 

Ciò porta allo sviluppo di varie paure, come il timore di sbagliare o la paura di non soddisfare le aspettatve. Aspettative, peraltro, spesso autocostruite e che non si basano su criteri oggettivi. 

Sulla stessa linea potrebbe esserci la tendenza a evitare giudizi negativi. Chi teme il giudizio altrui tende a evitare le responsabilità o abbandona l’esecuzione di un compito prima di portarlo a termine.

L’ipengiofobia potrebbe essere correlata alla percezione di non essere in grado di controllare la situazione. In questo modo, la persona sfugge a compiti giudicati troppo impegativi per paura di crollare in pubblico, una paura strettamente collegata al timore di essere impopolari, quindi poco apprezzati o poco amati. 

La soluzione?

Sebbene le fobie rispondano bene ai trattamenti psicologici, non esiste bacchetta magica. 

Chi soffre di ipengiofobia, anche adeguatamente supportato, deve gradualmente affrontare tali problematiche e trasformare i pensieri irrazionali in piccoli step da fronteggiare giorno per giorno. 

La capacità di affrontare le proprie paure non solo risolverà il problema nell’immediato, ma continuerà a rafforzare l’autostima e forgiare la sicurezza in sé stessi. 

Partiamo dall'assunto che nessuno di noi è infallibile e che anzi, l'errore è lo strumento necessario per la crescita personale. Il più grande che possiamo fare è proprio non crederci capaci di affrontare qualsiasi difficoltà. 

 

di Irene Caltabiano


 

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Perché imparare inglese e tedesco (o francese) previene l’Alzheimer (e non solo)

Studiare una o più lingue straniere?

Sì, e non solo per lavoro e per conoscere nuove culture

Si susseguono, infatti, gli studi che dimostrano che questa scelta rappresenta anche un ottimo investimento di salute nel lungo periodo. Imparare (e utilizzare regolarmente) due o più lingue previene il declino cognitivo, ma anche qualora si sia già manifestato, ne attutisce i sintomi e ne riduce la gravità. È infatti possibile cimentarsi con le lingue straniere anche DOPO l’insorgere di patologie come l’Alzheimer.

Apprendimento lingue straniere e funzionamento del cervello

Lingue-riserva-cognitivaUtilizzare spesso ALMENO UNA lingua straniera per comunicare incide sulla Riserva Cognitiva, il “tesoretto neuronale” a cui il corpo attinge in caso di danni cerebrali.

Mantenere una certa dimestichezza con lingue diverse da quella nativa, infatti, comporta una continua stimolazione mentale in quanto l’individuo deve passare da un set linguistico all'altro. E questa ginnastica influisce sul benessere psicofisico al pari di palestra, jogging e ciclismo.

Gli studiosi hanno ipotizzato che chi padroneggia una o più lingue straniere benefici di connessioni cerebrali centralizzate e altamente specializzate.  Ciò determinerebbe minori sollecitazioni ed “usura”, per così dire, a carico delle regioni frontali del cervello, che sono le prime vittime dell’invecchiamento.  Un medesimo effetto protettivo si osserverebbe anche in persone che parlano correntemente un dialetto equiparabile ad una lingua straniera (ad esempio il sardo). Il bilinguismo determinerebbe un potenziamento del controllo cognitivo, abilità indispensabile a gestire la competizione semantica che si genera tra madrelingua e lingua straniera.

Bilinguismo e declino cognitivo: gli studi più recenti

Lingue-riserva-cognitivaNel 2019 è stato reso noto uno studio condotto dall’Unità di Neuroimaging molecolare e strutturale in vivo nell’uomo dell’IRCCS Ospedale San Raffaele che ha evidenziato come lo studio delle lingue straniere scongiuri l’insorgere dell’Alzheimer, e che i sintomi di altre patologie senili si manifestino mediamente 5 anni dopo rispetto a chi parla una sola lingua.

Il gruppo di lavoro coordinato dalla professoressa Daniela Perani (direttrice dell’Unità di Neuroimaging) aveva rilevato che i pazienti bilingue dell’Alto Adige avevano conseguito risultati migliori nei test di memoria verbale e visivo-spaziale.

Nel 2020, invece, una ricerca spagnola ha evidenziato che nei Paesi in cui si parlano almeno due lingue, le patologie connesse al decadimento cognitivo si presentano circa il 50% di volte in meno.

Gli studiosi hanno analizzato la situazione della città di Barcellona, dove la popolazione utilizza sia il catalano che lo spagnolo, ed in alcuni quartieri si parla esclusivamente l’uno o l’altro.

 

Francesca Garrisi     

Quando le cose non mi divertono, mi ammalo  (H.B.)


 

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