Montare una poltrona, portare a spasso il cane, fare le pulizie.
Le commissioni che ci affanniamo a fare nei ritagli di tempo e che sarebbe bello, ogni tanto, delegare a qualcun altro. Questo bisogno, direttamente proporzionale all'avere vite sempre più frenetiche, è già stato individuato da parecchio tempo. E trasformato in business.
Gig economy, l'economia del lavoretto

Nell’era in cui viviamo non si fa in tempo a comprendere una novità che viene subito surclassata da un’altra. Così, dopo il boom della sharing economy, l’economia della condivisione che ha dato vita a colossi quali Airbnb e Bla bla car, si è fatta strada la gig economy.
Letteralmente economia del lavoretto, rispetto alla sorella maggiore, non riguarda dividere costi di attività che si farebbero comunque, quali un viaggio in auto Roma-Firenze o pagare l’affitto di casa.
Nel caso di Task Rabbit, startup che ha avuto il suo boom negli ultimi anni e recentemente acquisita da Ikea, si parla di prestazioni lavorative on demand, cioè solo quando c’è richiesta effettiva di servizi e competenze. Un metodo lavorativo che non ha in realtà nulla di nuovo, ma diventato più accessibile e rapido grazie alle app e al web.
Come funziona Task Rabbit
Come detto in precedenza, è un market place di domanda e offerta di lavoro. Il sito trattiene il 20% del prezzo dei servizi e seleziona e garantisce persone che svolgeranno i diversi compiti per i clienti, nello stesso quartiere o nella stessa città.
La task force sono studenti, disoccupati, pensionati, di età compresa tra i 21 e i 72 anni. Qualcuno lo fa per arrotondare e pagarsi gli studi. Altri perché, senza un lavoro full time, hanno trovato in Task Rabbit un modo alternativo per far fronte alla crisi. Ma anche individui che, avendo tempo libero, decidono semplicemente di mettere a disposizione le proprie competenze.
Un business in evoluzione
Se prima ciascuna personapoteva commissionare task di qualsiasi tipo, decidendo il prezzo della prestazione, oggi si va verso una migliore strutturazione. Intanto le richieste sono state suddivise in quattro categorie, sulla base dei "bisogni" più frequenti: pulizie, lavori manuali, traslochi e commissioni.
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Il modello è simile alle aste di E-bay, in cui un algoritmo si occupa di far incontrare clienti e lavoratori ad un orario prefissato, cosa che rende il processo più veloce. Prevista anche una copertura assicurativa per eventuali danni provocati dai taskhunters.
Ikea e Task Rabbit, accoppiata vincente?
La startup si sta a poco a poco verticalizzando e quest’accordo con Ikea potrebbe rappresentare il core business di Task Rabbit, aumentando il potenziale guadagno dei taskers e collegando i consumatori ad una gamma ancora più vasta di servizi a prezzi economici.
Il colosso svedese mette così il cliente al centro, specie per quanto riguarda l’offerta online, aggiungendo all’acquisto anche il montaggio dei prodotti. Una novità che va di pari passo con l’introduzione di Ikea place, app virtuale che consente di visualizzare i mobili scelti direttamente sul proprio smartphone.
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Anche l’Italia si muove ormai sull’onda lunga della gig economy. La sorella nostrana di Task Rabbit è Taskhunters, in cui gli studenti si mettono a disposizione per lavoretti a breve termine.
Un modello che sembra destinato ad avere vita lunga, ottenendo sempre maggior credito e legittimazione. Un bene o un male?

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È la condizione imprescindibile per coltivare le proprie passioni, fare esperienze – e quindi maturare – ma soprattutto prendere coscienza di ciò che si è, focalizzando con chiarezza i propri pregi e limiti. L’indipendenza e la capacità di camminare sulle proprie gambe rappresentano una conquista, ma soprattutto il miglior regalo che possiamo fare a noi stessi. Purtroppo però, ancora oggi si tratta di qualcosa da maneggiare con cura e un pizzico di prudenza, soprattutto dal punto di vista femminile.
Quando si parla di violenze
La campagna è stata mutuata dalla città tedesca di Münster, dove l’associazione Frauen – Notruf all’inizio del 2017 ha attivato un progetto di sensibilizzazione ad hoc tramite adesivi e locandine esplicative. 

Tutto è pulito e tranquillo, facce sorridenti e affabili. Finchè, ad un tratto, sbagliate strada e vi ritrovate in periferia, nei quartieri malfamati. Man mano che vi allontanate, si fanno avanti visi sempre più loschi e poco rassicuranti.
Idealmente il controllo dell’ordine virtuale è dato dai motori di ricerca. Ma ci sono aree che sfuggono all’occhio vigile di Google e simili.
La grafica è quella della rete anni Novanta. Non esiste Google, non esiste indicizzazione e si torna alla velocità del caro vecchio 56K .
Dicono esista persino una mitologica chat chiamata
Come nei reali bassifondi, ogni tanto la polizia fa dei blitz. In mezzo agli anonimi criminali si aggirano infatti “le forze del bene”: