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L’inferno fuori la finestra

Augusto Minzolini, ex direttore del TG1, è solo l’ultimo personaggio pubblico ad essersi scagliato contro la serie di Gomorra per l’influenza negativa che essa avrebbe “sulle deboli menti degli adolescenti dei rioni di Napoli e dintorni.” Il tweet del giornalista si aggiunge alla voce di altri illustri detrattori: nel 2010 l’allora premier Silvio Berlusconi accusò La piovra e Gomorra di rendere le mafie italiane più famose che potenti, il calciatore Marco Borriello criticò Saviano per aver lucrato sul sangue di Napoli senza raccontare i lati positivi della città (salvo poi ritrattare), Emilio Fede lanciò invettive in diretta colpendo Saviano anche sul personale e il musicista jazz Daniele Sepe rimproverò lo scrittore napoletano di non aver fatto i nomi dei politici complici dei casalesi e delle imprese coinvolte negli appalti della gestione rifiuti. Fino ad arrivare alle critiche del sociologo Alessandro del Lago, che riducono il libro Gomorra ad un’analisi superficiale della fenomenologia spicciola del crimine, totalmente disinteressata ai modelli. 
 
Ma fermiamoci all’opinione di Minzolini, ultima in ordine di tempo. Davvero si può pensare che una serie televisiva sia in grado di attecchire nei più sordidi istinti emulativi dei teenager consacrandoli ad una carriera al servizio del crimine organizzato? Può una serie tv essere una delle principali concause di un fenomeno criminale al pari della povertà, del degrado sociale o della mancanza di istruzione? E Il padrino? E Scarface? Parliamo di capolavori mondiale del cinema e della cultura. Come mai questi colossi non vengono accusati di trascinare i deboli spettatori nelle mani della malavita? E Gomorra – La serie è davvero tanto diverso dai film e dalle serie che passa la tv in prima serata? 
 
È possibile che un ragazzino compia un gesto estremo dopo aver visto la stessa scena in televisione? Sì, è possibile. Come è possibile che un folle attenti alla vita del Presidente Reagan per far colpo su Jodie Foster dopo averla vista recitare in Taxi Driver (film in cui De Niro attenta alla vita di un senatore.)  La colpa dell’attentato a Reagan è forse di Scorsese? Senza Gomorra ci sarebbero meno camorristi?
 
Forse il motivo per cui ci si scaglia contro Gomorra è che la realtà che rappresenta dà fastidio a tutti. Ai politici, cui viene sbattuta in faccia la propria incapacità di rimediare al collasso di alcune parti del paese lasciate a se stesse. A quei giornalisti che non rischierebbero mai nulla. Ai telespettatori, perché li costringe a guardare l’inferno fuori la finestra.
 
di Giovanni Magliulo
 

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Bello senz'anima. L'altra faccia del giornalismo

È possibile stabilire un diritto/dovere dell'informazione? A primo impatto si potrebbe rispondere di sì. Quante volte pensiamo che i mezzi di informazione, giornali o televisione, vanno troppo oltre? Quante volte i giornalisti, oppure gli stessi conduttori di programmi televisivi che raccontano fatti di cronaca, esagerano nei loro giudizi e nei dettagli? Spesso, si presentano come detentori della verità. Ma è davvero così? 
 
Effettivamente, molte delle notizie che ricaviamo dai mass media riguardo un fatto di cronaca, finiscono inevitabilmente per essere strumentalizzate dagli stessi. Un esempio su tutti: quando si verifica un omicidio o uno stupro, a parlarne non sono solo i telegiornali, ma anche e soprattutto sedicenti programmi di approfondimento, spesso pomeridiani. Per non parlare delle riviste nate ad hoc, per fornire dettagli macabri e/o scabrosi sull’accaduto.
 
Vi rendete conto? Come possono queste notizie, purtroppo ormai diventano quotidiane, diventare temi centrali degli stessi talk show che un’ora prima discutevano questioni tipo il vincitore del Grande Fratello? Eticamente è ingiusto e incomprensibile. Sono infatti argomenti delicati e complessi, su cui non ci si può permettere di fornire informazioni false. Come se non bastasse, i conduttori solitamente giocano a fare gli investigatori, ricostruendo magari la scena del reato. 
 
Nonostante questa importante e sincera premessa morale, tornando alla domanda iniziale basta riflettere un po' per capire che effettivamente non si può stabilire un diritto/dovere dell'informazione. Non si può,semplicemente perchè a varcare il limite dell'etica, non sono i giornalisti o i conduttori televisivi, bensì i lettori e gli spettatori stessi. Se esistono riviste e programmi pomeridiani, che speculano e raccontano falsi particolari su terribili eventi come uno stupro o un omicidio, la colpa è di chi legge quelle riviste e di chi guarda quei programmi pomeridiani. Se nessuno fosse interessato a tali dettagli, nessuno li darebbe. Perciò probabilmente molto spesso ci sono giornalisti e presentatori televisivi con una certa mancanza di morale, ma sono sono persone che svolgono il proprio lavoro andando incontro a quelli che sono gli interessi del pubblico, facendone quindi un insieme di persone prive di alcun principio etico.
 

 

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Storica decisione di Facebook. Ci sarà il "non mi piace"

Su Facebook arriverà un nuovo tasto per il 'non mi piace'. 
Il fondatore del social più famoso del mondo Mark Zuckerberg ha affermato infatti che gli utenti continuano a chiedere da anni questo pulsante.
Parlando ad un evento trasmesso in diretta online dala sede di Facebook a Menlo Park, in California, Zuckerberg ha ammesso che 'mi piace' non è sempre appropriato per tutti i tipi di post, come ad esempio quando gli utenti vogliono esprimere empatia per una notizia negativa o un evento drammatico.
 
Zuckerberg ha annunciato quindi che il nuovo pulsante è pronto per essere testato.
Ecco la dichiarazione

 
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