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Libri scolastici: il panico annuale

Ormai posso esultare: ho finito il liceo. Conseguentemente addio immense liste dei libri e costi spropositati. Benvenute fotocopie.
Premetto che sono la terza di quattro fratelli, e che tutti abbiamo frequentato il medesimo liceo, nella stessa città. Ogni anno,però, ritirata  la lista dei testi scolastici in libreria, andavo da mio padre e gli dicevo: «starò attenta in classe, tutti questi libri non sono acquistabili. Ci vuole un mutuo».
Ogni anno. Dalla prima media alla quinta superiore, anno in cui ho deciso quali libri acquistare o meno. Ho risparmiato, cento euro, è vero, ma su un quantitativo di cinquecento non sono pochi. 
 
Ricordo quello che ho detto all’inizio: tutti noi fratelli abbiamo frequentato lo stesso liceo anche perché c’è un unico liceo scientifico, nella nostra piccola città. Ma io non ho avuto un singolo libro dai miei fratelli. Neanche uno. Tutte le edizioni erano state rinnovate e naturalmente non si trattava dei contenuti, ma semplicemente dell’impaginazione.  Per i primi tempi ho provato a prendere gli esercizi dai libri dei mie compagni, l’anno dopo ho dovuto comprare il libro. Sconfitta, così l’ho percepita. 
Per mia sorella minore è stata la stessa solfa. 
 
Ma a scuola in generale c’era la rabbia dello spendere così tanti soldi ogni anno, che alla fine è stato istituito un “mercatino dell’usato”, luogo in cui gli studenti lasciavano i libri scolastici per quelle persone che non potevano permetterseli. 
Curiosando su internet, mi sono accorta che anche online il fenomeno dello scambio di testi scolastici è molto frequente. Evidentemente tutti rimangono sbalorditi dai prezzi in aumento dei libri, che crescono in modo esponenziale a ogni nuova edizione. 
 
 
Non per essere polemica, ma le case editrici ci giocano molto. Anche se è per guadagnarsi la pagnotta, non trovo corretto mettere alla gogna i poveri cittadini che ogni anno spendono dai cento ai quattrocento euro di libri. Poi, pensandoci, i libri usati hanno anche un vantaggio, se siete dei piccoli scribi che cercano di risparmiare anche nei quaderni, gli appunti dei precedenti possessori, possono essere una fortuna. Certo, può tornare difficile quando un libro è imbrattato di dichiarazioni d’amore, magari scritte anche a penna (premetto che io ho sempre detestato usare le penne sui libri, anche quelli degli esercizi), ma se avete fortuna e vi capita il libro dello studente che oltre a quello che c’era già scritto sul libro aggiunge nozioni, concetti o paragoni che solo un professore può dare? Io la fortuna l’ho avuta: un mio amico mi vendette il suo libro di latino - materia mai amata - ma grazie ai trucchi e alle associazioni che lui aveva scritto negli anni precedenti, lo studio mi tornò divenne più semplice e divertente. Certo, ritrovarsi un’immagine di Cicerone senza naso e con una bacchetta in mano, stile Voldemort, all’inizio mi ha stupita. Ma poi l’oratore latino mi è rimasto simpatico, in un certo senso.
 
In ogni caso, se siete stanchi, studenti e genitori, di spendere ogni anno una cifra da batti ciglia per i libri, qui vi presento dei siti dove lo scambio di libri è di casa … o di sito.
 
 
 
 
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Non è necessaria

Siamo tutti governati e assoggettati a una forza impersonale, queste sono le parole dello scrittore Aldous Huxley nel suo libro A Brave New World. Ma chi è il tiranno misterioso di cui parlava lo scrittore britannico? Si tratta del messaggio subliminale che le grandi organizzazioni “pompano” attraverso i mass media. Siamo vittime della televisione, delle sue trasmissioni, e di tutto quello che contiene il frenetico mondo dietro lo schermo tanto familiare agli italiani. 
 
 
C’è un modo per resistere all’influenza – per certi versi terribile - della televisione? Parto dalla premessa che sono una  delle poche persone che non ne ha mai avuta una, a parte lo schermo per guardare DVD e VHS,. Adesso non ho nemmeno più questo, ma vivo comunque. Sono cresciuta bene anche nonostante questa “mancanza” (forse addirittura meglio di altri italiani che hanno dedicato la maggior parte del proprio tempo e attenzione a certi programmi televisivi, ma questo è solo un mio pensiero).
 
Uno studio neozelandese dimostra che, in età infantile, il massiccio consumo di tv  – dalle due ore per poi - ha conseguenze negative che proseguono anche in fase adolescenziale. Quali sono le cause, vi starete chiedendo? Le ipotesi che si possono formulare sono molteplici, ma una mi ha convinto più delle altre. Trascorrere molto tempo davanti allo schermo domestico, “ruba” tempo ad come la lettura, lo sport e il gioco, che favoriscono la concentrazione. Quindi, secondo gli scienziati che hanno svolto questa indagine, l’individuo cade facilmente vittima, sin dalla più tenera età, della passività televisiva.
 
 
Personalmente non credo che quest’influenza negativa si esaurisca in fase adolescenziale. Al contrario, temo che condizioni interamente le attività quotidiane. La pubblicità non è forse, in un certo senso, un mostro? Chi di noi, almeno una volta, non si è lasciato abbindolare dai denti perfetti della modella che promuove l’ultimissimo dentifricio, consigliato dai medici di tutto il mondo?
Per non parlare dei messaggi subdoli che si celano dentro allo spot della crema antirughe, quasi giocassero a nascondino con la nostra mente. Un capitolo a parte meriterebbe la mercificazione del corpo della donna, il più delle volte ridotto a mero strumento di promozione.
 
Alcuni  scienziati americani, invece, si sono decisamente scagliati contro il mezzo televisivo (buffo, vero?) Non è possibile formulare una tesi definitiva, perciò. Tuttavia, numerosi esperimenti sembrano confermare un inquietante sospetto. I campi magnetici originati dalla televisione e dalle sue onde potrebbero essere una delle cause dell’impazzimento delle cellule,  epidermiche e neuronali.  
 
Un altro grande – nel senso letterale del termine - problema connesso ai televisori è quello dello smaltimento. Nel 2013 la RAEE (Raccolta da Apparecchiature Elettriche e Elettroniche) ha calcolato che circa un terzo dei rifiuti elettronici è costituito da schermi di computer e televisori? Il 30% è tanto. Troppo. Riuscite a immaginare quanti anni ci vorranno per smaltirli? Il quadro è a dir poco sconfortante. Il degrado di un filtro di sigaretta richiede in media due anni: quanto ci vorrà per un sistema - come quello dei vecchi televisori - a tubo catodico? 
 
Fidatevi, non è necessaria. Il notiziario potete ascoltarlo alla radio (e non dite che non avete la radiolina con l’antenna, perché adesso anche gli iPhone hanno l’opzione della radio, basta scaricare l’ultimo aggiornamento). E poi c’è Internet, che tra l’altro permette di fare una ricerca diretta e mirata scampando alla pubblicità . Il resto della programmazione, telefilm a parte, non si può certo definire imperdibile. Vogliamo parlare delle figuracce costruite prima della diretta per avere attenzione, e invece fare un flop e far cambiare a tutti canale? La mia sensazione è che la televisione abbia un unico “superpotere”: quello di renderci pericolosamente ignoranti.
 
Certo, ci sono anche trasmissioni interessanti e costruttive, ma quanti di noi, eccetto i nonni che magari vivono ventiquattrore su ventiquattro sul canale di RaiNews o su quelli che trasmettono documentari, quanti giovani avete mai sentito dire:  «accendo la tv, voglio guardare il notiziario»? Non prendiamoci in giro, solitamente facciamo zapping  quando ci capita il telegiornale davanti agli occhi. E magari sbuffiamo pure, giusto?
 
Ma perché facciamo così? Perché per noi non è utile. È brutto scriverlo, ma la televisione ha cambiato anche la nostra concezione di utilità riducendo il tempo che potremmo impiegare in qualcosa di più costruttivo: interagire con gli altri guardandoli negli occhi, per esempio. Io sono nata negli anni Novanta, periodo in cui la televisione era qualcosa che l’italiano medio poteva permettersi, ma non avendo mai avuto il “trabiccolo tecnologico” , mi sono dedicata a molto altro. Ho fatto giochi che molti della mia età neanche immaginano. E non parlo delle semplici costruzioni con il Lego o il Duplo, parlo delle partite di calcetto, del saltare la corda, il gioco dell’elastico, i puzzle, lo spostare i mobili per fare mega case nella camera da letto. Di questo parlo. Ma “per” cosa abbiamo barattato tutto questo? Per la teledipendenza. Siamo dipendenti, gravemente. Naturalmente anche questa dipendenza è a pagamento, giusto? Una “droga” legalizzata. 
 
Comunque non sono la sola che non segue la tv. Secondo statistiche ISTAT, nel 2013, il 92,3% degli Italiani guardava la televisione, di questi il 89,7% quotidianamente. Quindi, a meno che la matematica non sia un’opinione, il 7,7% degli italiani non guarda la televisione, per cui più o meno dovremmo essere in 5 milioni. Non molti, su sessanta milioni, ma è un numero che mi conforta.
 
Ora, ditemi, è davvero così indispensabile nella vostra vita e  in quella dei vostri figli, questa fantomatica tv? 
 
 
 
 
  
 
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Le botte datele ai vostri pregiudizi

Diverso. Ma da chi?
 
Non inizierò con il “caro” , nemmeno con lo “stimatissimo” , nemmeno con un triste “ciao”. Inizierò dicendo che i tuoi pregiudizi
non sono né condivisibili né approvabili.
Dico che non sono né condivisibili, né approvabili, perché mi è stato insegnato che “condividere” e “approvare” sono verbi completamente diversi: non approvare significa anche non essere disposti alla condivisione, diversa è invece la situazione se partiamo dalla condivisione e ci avviamo verso l’approvazione: non condividere, non vuol dire non approvare, significa soltanto non reputare quella determinata scelta adatta  per se stessi.
 
 
Dove voglio andare a parare? Su quegli atteggiamenti, conseguenza di pregiudizi, che ritengo non condivisibili né approvabili, soprattutto se teniamo a quel termine meraviglioso che si chiama umanità.
Parlo dei pregiudizi: non importa che tipo di preconcetto, se disprezzi una persona perché il tuo discernimento e capacità intellettuale sono più limitati della lunghezza del tuo naso, non posso certo considerarti come persona sensata. Poi opinione personale a parte, ma onestamente, che essere umano puoi essere? Chi ti ha portato a essere una persona così paurosa?
Sì, perché è di paura che sto parlando, di nient’altro. Tu hai paura, paura di ciò  che è diverso, ma io voglio chiederti perché.
 
 
Io credo che la tua paura sia causata dal continuo sentire queste massime di cattiveria e soprattutto di ignoranza in famiglia, o nel circolo di amici che ti sei creato. Uso questa espressione perché effettivamente cerchi sempre di circondarti di ciò che credi possa tutelarti.
 
Ti pongo un’altra domanda: cosa ci guadagni nell’offendere qualcuno perché ha il colore della pelle, le preferenze sessuali, origini diverse dalle tue? Un neuropsichiatra, considerato una delle più grandi autorità nel settore della Neurofarmacologia, tale Gian Luigi Gessa, ha affermato che non è l’omosessualità a essere una malattia ma, invece, lo è l’omofobia. 
 
Buffo, vero? 
 
 
Tu, che tanto sproloqui sulla malattia di un uomo che ama un altro uomo, sei in verità il malato. E non  lo dico io, sennò questo articolo sarebbe perfettamente confutabile dall’inizio alla fine, ma la scienza. Non io, la scienza. Anzi la Neuroscienza, per cui, fossi in te, comincerei a farmi due domande sul fatto che magari il mio atteggiamento non è proprio dei migliori. Che ne pensi?
 
La cosa peggiore è che, quasi sempre, non hai il coraggio di esprimerti veramente se non attraverso la violenza fisica, tralasciando per un attimo il danno psicologico che la tua stupidità crea agli altri. Per non parlare di quando, approfittando del fatto di poterti nascondi dietro lo schermo del tuo pc o del tuo smartphone, stai lì a covare e alimentare un odio che trovo, francamente, incomprensibile.
 
«Sono contro natura», «Dio non li accetta», «hanno modificato quello che Dio ha creato». Ma ci credi? Pensi veramente tutto questo? Perché continui a nasconderti dietro Dio? E se io non ci credessi? Che spiegazione mi potresti dare? Che storia mi racconteresti?
 
Te ne racconto una io.
 
C’era una volta. Scherzavo. C’è tuttora una persona che tu definisci gay se sei una persona ignorante, ma educata, sennò la chiami “finocchio”, “checca”, ricchione” il tutto contornato da offese gratuite. Questa persona non riesce più a convivere con se stessa, a causa delle botte e delle offese che tu e tutti quelli come te le hanno dato, e ha perso la sua autostima. Non riesce più a fare un sorriso che non sia falso e tirato. Questa persona soffre, soffre ma non sa con chi confidarsi, perché tu le hai fatto perdere anche la fiducia che un tempo aveva nei confronti degli altri. Tu, solo tu.
 
Ora però ti racconto la storia della storia, una favoletta che dimostra quanto tu, oltre a essere persona di pochi contenuti sia anche ignorante. Gay sta per Good As You. Non trovi sia stato geniale chi ha coniato tale espressione? «Buono come te», questo vuol dire, e non «strano», o «diverso». Men che meno «riempimi di offese».
 
 
Sì, sai inzeppare più tu le persone di offese di quanto non faccia una nonna con lo stomaco dei nipoti a pranzo.
Lo capisci? Sbagli completamente. Sbagli perché riesci a trasformare una diversità in un delitto, e io, da parte mia invece, non farei altro che urlare a pieni polmoni: «il mondo è bello se c’è intelligenza, rispetto, umanità e solidarietà». Il mondo sarebbe di gran lunga migliore se ci fosse il buon senso, ma probabilmente lo abbiamo perso insieme a tanti altri principi, chissà dove.
 
Quindi, spiegami: cosa ti attira nel far stare male il prossimo? Perché è questo che fai, e se lo fai inconsciamente, peggio mi sento. 
 
Hai intenzione di cambiare idea o atteggiamento, o ti nasconderai dietro la tua paura, ingiusta,  per il resto della vita? 
 
 
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