Lavorare 2.0

Perde il lavoro e rimette in gioco a 60 anni

Bisogna non arrendersi e non mollare mai

…..anche se a volte la tentazione c’è

C’è una fascia di lavoratori ultracinquantenni che hanno perso il lavoro a causa della crisi, che sono troppo giovani per andare in pensione e troppo vecchi per ricollocarsi nel mondo del lavoro.

E allora che fare per continuare a vivere?

 

Mai arrendersi!

Rimettersi_In_Gioco

Ce lo insegna Salvatore Galati, 60 anni, di Bientina in provincia di Pisa. Ed ecco a voi la sua storia. 

Salvatore aveva due pescherie che chiuse a causa della crisi. Dopo una vita di lavoro duro ed alla veneranda età di più di 50 anni Salvatore si ritrova senza lavoro e senza un soldo. Egli stesso dichiara a Milionair: «Ho perso tutto. Ho fatto domanda alla Piaggio per lavorare come stagionale. Per sette anni, mi hanno chiamato, poi non ho ricevuto più nessuna telefonata» .

Ma Salvatore non molla e decide di creare qualcosa di suo e di rimettersi  in gioco e così trova l’idea: «Mi sono reso conto che c’era un piccolo mercato da sfruttare. Quello delle persone anziane o con problemi fisici che non possono sbrigare pratiche burocratiche, fare la spesa, pagare le bollette. Ho iniziato a farlo io per loro».

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Finalmente un po’ di respiro

Pur guadagnando solo 5 euro l’ora Salvatore crea qualcosa che gli consente di riprendere a lavorare ed ambisce ad un progetto più grande : creare una rete di professionisti per offrire qualsiasi servizio, dal giardinaggio alle pulizie e persino organizzazione di eventi.

Riesce nel suo intento e dopo una dettagliata selezione del personale tra amici e conoscenti ed un’operazione di volantinaggio apre la sua ditta individuale e 2 profili Facebook per promuovere le sue attività.

I suoi servizi aumentano e si estendono a tutta la regione Toscana. Il business  messo in piedi gli consente di guadagnare una piccola percentuale su ogni lavoro svolto.

Ad oggi vuole espandersi oltre i confini regionali ed a coloro che chiedono consiglio su come fare per i loro problemi risponde :” Bisogna non arrendersi, non mollare. Anche se a volte la tentazione c’è. C’è sempre una soluzione. Devi guardarti intorno e osservare. E poi reagire”.

Simona

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Imparare a leggere, scrivere e…….. programmare

Bambini inglesi delle scuole elementari imparano già a 7 anni a programmare

Se è vero che ai nostri tempi saper leggere e scrivere era fondamentale per non essere classificati come ignoranti oggi le cose stanno diversamente. L’ignoranza informatica è l’equivalente del nostro non saper leggere e scrivere e vi è di più. I nostri bambini devono imparare anche a programmare!

Si è previsto che nell’arco di una o due generazioni, le aziende che non avranno persone in grado di creare o comprende software a tutti i livelli della loro organizzazione si troveranno in una posizione di notevole svantaggio competitivo. Uno svantaggio simile a quello in cui si sono trovate le aziende del 1600 che non avevano al loro vertice persone in grado di leggere e di scrivere.

Già Google e il Massachusetts Institute of Technology, nel 2013, hanno proposto un progetto che  permettesse anche ai bambini non ancora in grado di scrivere di iniziare a programmare.  

Ad oggi il progetto è stato realizzato in una scuola elementare di Londra, nella quale sono state inserite 11 ore di programmazione insegnando il coding a bimbi dai 7 ai 9 anni.

La scuola si trova a Wandsworth, un quartiere a sud di Londra, dove i bambini imparano attraverso il gioco a far illuminare una “scatola magica” creata da loro attraverso la scheda elettronica.

Il progetto Digital SchoolHouse si è realizzato grazie ad un accordo tra Intel e le istituzioni britanniche e mira a far capire ai bambini, già dalle elementari, come 'programmare' attraverso la spiegazione degli input e output arrivando alla realizzazione di un device da controllare e gestire.

La necessità 

Nasce dalle numerosissime richieste di lavoro nell'ambito dell'information technology che in Gran Bretagna non riescono a soddisfare a causa della carenza di studenti specializzati in questo ambito e, di conseguenza sono è obbligati ad assumere persone dall'estero.

Il progetto fa si che i bambini arrivino alle scuole secondarie già con una buona base di informatica e programmazione attraverso spiegazioni giocose e divertenti diventando, in tal modo, futuri ingegneri elettronici e progettisti di computer.

Simona

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Buono, veloce ed economico: lo smart food vince e si diffonde sempre di più in Italia

Si chiama smart food oppure street food ed è diventato il cibo preferito di molti italiani. 

Va molto di moda soprattutto nelle grandi città. 

Passeggiare per le vie del centro guardando le vetrine e fare “lo struscio” il sabato e la domenica viene preferito ai costosi week end fuori città, e riempirsi lo stomaco con prelibatezze italiane ed estere vendute per strada è meglio e più economico che spendere soldi al ristorante.

Dalle patatine fritte olandesi alle pizzette, dagli hot dog al sushi ai noodle, dagli arancini siciliani alla pizza con la mortazza romana, oppure, dagli arrosticini ai panini preparati come quelli di una volta. Insomma lo smart food esplode diventa la moda del momento e il miglior rimedio anticrisi poiché i 5 euro per comprare un cartoccio di patatine ce li hanno tutti!

Aggiungiamo,inoltre, che nella loro versione moderna questi cibi si presentano qualitativamente migliori poiché i nuovi imprenditori del mercato dello smart food si dichiarano molto attenti alla scelta dei prodotti, assicurandosi che siano di qualità, come nel caso di “Patatine & Co” aperto a Torino il cui olio proviene direttamente dal Belgio.

La moda è esplosa 

Ma ricordiamo che in Italia il cibo di strada esiste da sempre. Fin dai tempi delle tabernae romane gli alimenti venivano esposti, cucinati e venduti direttamente sulle strade.

In pratica tutti i poveri delle epoche passate consumavano esclusivamente cibo di strada, in quanto molto economico e anche perché le loro case molto spesso non disponevano di cucine o di altri strumenti atti alla cottura. Ma non solo i poveri usufruivano di questi servizi culinari, le botteghe e i carretti venivano presi d’assalto anche dai viaggiatori di passaggio e dai ricchi, che non resistevano alle golosità proposte dai venditori ambulanti dell’epoca.

Cosa che accade anche oggi poiché lo smart food viene consumato da tutti turisti compresi.

Simona

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