Nasce Bio Clean, impresa di pulizie ecosostenibile

L’utilizzo di prodotti irritanti per la pulizia degli ambienti può provocare il proliferare di allergie, disturbi alle vie respiratorie e problematiche a livello cutaneo.

Si aggiunga anche che i detergenti chimici scaricati nella fogne dalle imprese, dopo aver lavato gli ambienti che ci ospitano, sono altamente inquinanti per i nostri mari.

Ecco allora che nelle falde acquifere arrivano residui chimici, inquinanti e cancerogeni.

Ecco i motivi per cui tra le idee di business green più innovative e più in voga all’estero, troviamo aprire un’ impresa di pulizie green.

In Italia questo business è in espansione: è nata infatti un’impresa di pulizie ecosostenibili dal nome Bio Clean.

Vantaggi di Bio Clean

Da un’idea di Alberto Gallo, che lavora da trent'anni nell'ambito del cleaning, nasce a Milano la prima impresa di pulizie il cui obiettivo è assicurare alle imprese un ambiente di lavoro più salutare associato a una profonda pulizia degli ambienti.

Non dimentichiamo che in casa ci sono anche i nostri amici animali, che hanno un olfatto più sensibile del nostro e quindi sensibile alle “cariche” chimiche o biologiche.

Ogni prodotto impiegato nell'azienda Bio Clean è arricchito di oli essenziali certificati, provenienti da coltivazioni biologiche. I prodotti rendono sana, funzionale, economica e piacevole la conduzione e gestione di qualsiasi tipo di ambiente.

Cleaning for a reason: aiuto concreto per le malate di cancro

Non solo pulizia, anche aromaterapia

BioClean permette infatti di vivere in prima persona un’esperienza olfattiva di benessere grazie agli OLI ESSENZIALI presenti nei prodotti di pulizia.

Helpling, lo Uber delle pulizie domestiche

Tutti i prodotti utilizzati da BioClean sono biologicamente certificati da Icea, Istituto per la Certificazione Etica ed Ambientale (web:www.icea.info/it/) come Eco – Bio detergenti, un’attestazione di qualità per l’intera vita del prodotto, dalla formulazione allo smaltimento, verficando un corretto processo di pulizia eticamente rispettoso dell’ambiente e delle persone.

Simona

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Gennaio.

Umore post ferie non al massimo, pesantezza da chiletti di troppo imperante ma soprattutto il freddo che spinge a desiderare il letargo o voler restare a casa sotto le coperte.

Sapevate che il 47% dell'energia globale viene spesa per il riscaldamento interno? E che il 42% di questa energia viene utilizzata per riscaldare gli spazi piuttosto che le persone? Vi siete mai chiesti se in fondo sia davvero utile accendere i termosifoni o vestirsi come Yeti?

Tranquilli, qualcuno si è fatto per voi questa domanda.

I ricercatori della Rutgers University e della Oregon State University sostengono la necessità di ridurre il consumo energetico come primo passo per la crisi globale.

Come? Grazie ad una nuova tecnologia, ovvero toppe riscaldanti da applicare direttamente sui vestiti, risparmiando su termosifoni e stufe.

Come funzionano le toppe riscaldanti

Pezzi di tessuto alimentati da batterie, che producono calore direttamente nel corpo. Piccoli fasci di luce pulsata per unire  fili d'argento al poliestere: una sorta di borsa dell'acqua calda che dà calore immediato grazie ad un materiale dal costo ridotto.

Efficienza ed economicità insomma: tali toppe possono infatti stare sia su maglioni che su qualsiasi tipo di indumento e, grazie ad una minuscola batteria e alla possibilità di caricarla, garantiscono performance superiori del 70% rispetto a quelle attualmente disponibili.

A livello estetico inoltre sembrano comuni toppe, resistenti a lavaggi e umidità, personalizzabili nei disegni senza modificare il risultato finale.

Abbigliamento sempre più smart

Chiaramente non esistono solo le toppe ma una lunga serie di indumenti intelligenti che ci possono aiutare a unire utilità e risparmio energetico (pensati principalmente per gli sportivi ma sfruttabili anche dai meno atletici :P).

Si va dai tessuti che accumulano energia solare, ai guanti che, a seconda di quanto tempo vengono caricati elettricamente hanno un determinato grado di temperatura e autonomia, fino ai cappotti double face, utilizzabili sia d'estate che d'inverno.

Insomma, un mondo diverso comincia da un approccio alle cose diverso. Volere più bene al pianeta è un modo per voler più bene anche a noi stessi.

di Irene Caltabiano

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Dimenticarsi di smartphone e Internet per immergersi totalmente nel silenzio della natura.

Possibile? In Svezia è già diventato un pacchetto weekend. Si chiama fine settimana digital detox e consente nel passare 72 ore isolati dal mondo, immersi in praterie, grandi laghi e sentieri innevati. Un’esperienza che nasce come studio dell’Università di Stoccolma volto a dimostrare quanto i momenti di decompressione siano fondamentali per corpo e mente.

Si chiama The 72 Hour Cabin, il progetto nato con il supporto di West Sweden Tourist Board e Visit Sweden: cinque casette edificate con materiali sostenibili locali, che si trovano sull’isola lacustre privata di Henriksholm, sul Lago Animmen nell’Ovest della Svezia.

Weekend detox

I mini appartamenti sono stati messi ad esclusivo supporto del progetto, per vivere a tu per tu con se stessi per 72 ore, isolati dal resto del mondo e immersi in praterie e grandi laghi, montagne e ghiacciai.

 Lo studio ha preso in esame i casi di cinque persone dai lavori molto stressanti che hanno sperimentato tale stile di vita a contatto con la natura svedese.

Effetti sulla salute? Immediati. Tutti hanno mostrato una diminuizione di pressione sanguigna, livelli di stress e frequenza cardiaca, registrando persino un aumento della creatività.

Cosa succede in tre giorni

L’obiettivo è far si che un ospite si isoli dal mondo: si dorme nella foresta, si impara ad andare in canoa o a riconoscere piante medicinali e cuocere sul fuoco.

Previsto anche trekking, qualche giro in sleddog (la slitta trainata dagli husky) e perché no, qualche tuffo nelle cascate gelate.

Vivere senza connessione è possibile e dovremmo provarci anche senza arrivare così lontano. Basterebbe qualche ora al giorno. 

Recuperiamo la nostra salute e il nostro tempo, senza essere schiavi della tecnologia.

di Irene Caltabiano

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