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Andria Zafirakou: il riscatto che nasce dall’arte parla una lingua universale

Non tutti gli insegnanti riescono a essere maestri per i loro allievi

Andria ZafirakouCondizioni necessarie - ma non sufficienti - per lavorare a contatto con umanità in divenire dovrebbero essere non solo la genuina curiosità verso il prossimo, ma anche uno spiccato senso di cura. Potrebbe apparire superfluo specificare che chi non è in grado/non vuole confrontarsi con l’Altro dovrebbe tenersi alla larga da un settore quale quello dell’istruzione, ma purtroppo non lo è.

A dimostrarlo, il fatto che quasi certamente ciascuno di noi, per quanto riguarda gli insegnanti incontrati strada facendo, serba nella memoria molti più ricordi grigi, se non addirittura dolorosi e/o angoscianti, che non episodi emozionanti e significativi.

A Dubai è stato assegnato il Global Teacher Prize, riconoscimento dedicato al miglior insegnante dell’anno su base mondiale. Sebbene valutazioni del genere dovrebbero fondarsi su un variegato spettro di parametri, e quindi scaturire da una sorta di media pesata tra i giudizi degli addetti ai lavori e quegli degli “utenti finali” (ex allievi), indubbiamente la designazione del vincitore offre, di volta in volta, stimolanti spunti di riflessione.

Ad aggiudicarsi il Global Teacher Prize è stata Andria Zafirakou, insegnante inglese che lavora alla Alperton Community School, nel sobborgo londinese di Brent. Il riconoscimento le è valso, contestualmente, un milione di dollari da destinare a progetti educativi.

Quando far dialogare i popoli è materialmente difficile

Andria ZafirakouAndria Zafirakou, di origine greca, insegna arte e cucito in un’area della metropoli in cui la declinazione virtuosa del concetto di crogiolo razziale non è immediata nè scontata. La percentuale di immigrati in Brent è consistente, molti di questi provengono dall’Europa Orientale, dall’India e dalla Somalia, e le lingue parlate sono circa 130.

Attingendo al noto e sempre efficace meccanismo di semplificazione, i media hanno raccontato che Andria Zafirakou ogni mattina aspetta all’ingresso di scuola gli studenti, e saluta ciascuno nella sua madrelinguaCosì, spiega, la connessione scaturisce con naturalezza. Sicuramente il buongiorno si vede dal mattino, ma chiaramente non basta, da solo, a creare le condizioni per un presente diverso, considerando che il Brent è una delle zone inglesi con il più alto tasso di omicidi.

Se la cultura scende dal piedistallo, diventa occasione di riscatto

Andria ZafirakouMentre riceveva il Global Teacher Prize Andria Zafirakou ha voluto ricordare i suoi ragazzi, rilevando con quanti ostacoli siano costretti a fare i conti quotidianamente. A rendere disagevole la situazione domestica contribuisce non solo il fatto che spesso la lingua inglese è off-limits, ma anche e soprattutto la povertà e il sovraffollamento. Così, quando bisogna accudire nidiate di fratelli minori e fare i turni con altre famiglie per usare la cucina, frequentare le lezioni non è esattamente una priorità.

Tuttavia, non bisogna mai sottovalutare la tenacia e l’energia che può investire un adolescente nello studio, quando percepisce un insegnante come autorevole. Così, spiega Andria Zafirakou, i suoi ragazzi sono disposti anche a grandi sacrifici, pur di partecipare alle lezioni e svolgere i compiti assegnati.

L’arte, fa notare, rappresenta una sorta di grimaldello in grado di scardinare cliché e pregiudizi, offrendo ai giovani le condizioni ideali per sperimentarsi e mettere a fuoco sé stessi. Un parallelo, questo, che può essere esteso alla cultura tout court e che, in un certo senso, svela il segreto di quelli che vengono decretati maestri dai loro allievi.

Un insegnante degno di questo nome unisce alla sincera passione per la materia, l’acuta attenzione per i giovani e le loro peculiaritàDimostra così la sensibilità necessaria ad approcciare ciascuno di loro rispettandone l’indole. L’adolescente percepisce di avere davanti a sé un adulto carismatico, che lo nutre e lo rispetta, e questo innesca un meccanismo virtuoso preziosissimo: l’immedesimazione. A questo punto dare il massimo, restituire simbolicamente l’impegno che è stato donato, diventa una sorta di imperativo interiore.

E i frutti, gustosissimi, arrivano puntuali … e numerosi. Parola di un’ex studentessa di liceo classico che, al pari dei suoi compagni di classe, si trovava molto più a suo agio con derivati e integrali che non con la metrica greca…

 

Francesca Garrisi     

Quando le cose non mi divertono, mi ammalo  (H.B.)

 

 

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Combattere l’opinionismo esistenziale prendendo esempio da Drusilla Foer

E anche questo Sanremo, come avrebbe detto Riccardo Garrone in Vacanze di Natale 83

Non c’è evento mediatico senza il folto, disturbante - ed a tratti disturbato - chiacchiericcio - di contorno più che di sottofondo, visti i toni urlati – del popolo degli opinionisti esistenziali, che si riproduce più prolifico dei conigli. È l’era dei social, bellezza.

Più dell’evento, il meta-evento. Il Festival della Canzone Italiana, storicamente vituperato per il suo carattere nazionalpopolare, ha inanellato, nei giorni scorsi, ascolti record. Ed il merito è quasi tutto della narrazione intessuta dagli opinionisti esistenziali nei salotti che amano frequentare (Twitter, Facebook, Instagram) e della goliardia (sfuggita di mano) del Fantasanremo. La qualità (o la sua assenza) di musica e testi delle canzoni sono, sempre di più, un dettaglio trascurabile.

Opinionismo-esistenzialeGli opinionisti esistenziali, infatti, sono caratterizzati da un’impellente esigenza comunicativa che abbraccia un range di argomenti praticamente infinito. Dal merletto irlandese del Settecento al motocross, per citare Drusilla Foer. Perciò, anche nel peggiore degli scenari, vale a dire uno sciopero compatto di maestranze e cantanti in gara, loro non si perderebbero d’animo: commenterebbero perfino Amadeus intento a leggere gli elenchi telefonici dei capoluoghi liguri. Basta un attimo a riscoprirsi foniatri e insegnanti di dizioni…

È stato proprio questo a impedirmi, nonostante anch’io avessi la mia squadra al Fantasanremo, di seguire il festival.  Una frase come “non ho un’idea precisa su X” rischia di apparire naif e antiquata, invece di essere considerata per quella che è: espressione di maturità ed apertura al dubbio. Due tra i migliori pregi di Drusilla Foer, a mio avviso, che senza alcun imbarazzo, in risposta a chi le chiedeva un parere sulla rivisitazione sanremese della favola di Cenerentola da parte di Checco Zalone, ha esercitato quello che ormai sembra un lusso, ma è, invece, una libertà basilare e universale. Spogliarsi dalla necessità di sfornare opinioni con la compulsività famelica di un pizzaiolo intenzionato a entrare nel Guinness dei Primati per il maggior numero di pizze prodotte nel minor tempo.

La voracità propria dell’opinionismo esistenziale esaspera fenomeni che accompagnano l’essere umano da tempi immemori, primo tra tutti l’isolamento e l’emarginazione di chi pensa diversamente. Provate a immaginare la situazione di una persona che, priva di legami affettivi solidi nella vita reale, per sentirsi meno sola, durante un qualsiasi evento mediatico seguito e commentato dagli opinionisti esistenziali con la pervicacia di un maratoneta, decidesse di condividere via social pensieri e riflessioni riguardanti tutt’altro. Magari un problema manifestatosi nella vita reale e/o che nulla ha a che vedere con le crociate rese attualmente di moda dal nutrito sottobosco degli influencer. Cosa potrebbe succedere?

Nella “migliore” delle ipotesi il post verrebbe ignorato, nella peggiore, sarebbe oggetto di critiche feroci, se non addirittura di offese personali. Con l’unico risultato di amplificare la solitudine iniziale, aggiungendo un carico da novanta: la vergogna per la propria condizione. Finché si rinuncerebbe in toto a comunicare, tanto “chi me lo fa fare?”, “non ho nulla di interessante da dire”.

Opinionismo-esistenzialePensavamo, abusando di un certo ottimismo a buon mercato, che la pandemia ci avrebbe ammorbiditi, che ci avrebbe fornito il pretesto per allenare (finalmente) il muscolo dell’empatia anziché quello della mondanità, invece, tra le sue conseguenze più palpabili, c’è l’esatto opposto. L’ipertrofia della spirale del silenzio descritta nel 1984 dalla sociologa tedesca Elisabeth Noelle-Neumann, vale a dire la progressiva marginalizzazione di chi ha opinioni che divergono dalla maggioranza; così, chi percepisce che la sua idea su un qualunque fenomeno non è riconducibile a quella veicolata dai mass media, gradualmente decide di astenersi, semplicemente, dall’esprimersi, per non essere tagliato fuori.

Immaginate quanto potrebbe ridursi la nostra ansia da prestazione social, se ci permettessimo, di tanto in tanto, di rispondere come ha fatto Drusilla Foer, proprio quando la tenzone tra opinionisti esistenziali impazza in modo più virulento

 

 

 

Francesca Garrisi     

Quando le cose non mi divertono, mi ammalo  (H.B.)



 

 

 

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Cos'è la sindrome del papavero alto?

La sindrome del papavero alto

papavero_altoI primi riferimenti a tale definizione partono da Aristotele. Ma se ne trova traccia anche nelle opere di Erodoto.

Cosa si intende per sindrome del papavero alto? L' invidia che provocano le  persone che  si distinguono per bravura in un determinato ambito, facendo emergere, di riflesso, i limiti altrui. 

La leggenda

spighe-grano

L’imperatore Tarquinio Prisco inviò un messaggero a Trasibulo, tiranno di Siracusa, per chiedere consiglio su come mantenere un buon controllo sui suoi domini.

Trasibulo, all'arrivo del consigliere, cominciò a camminare nei campi, in silenzio. Ogni volta che trovava una spiga più alta delle altre, la tagliava e l’appoggiava a terra, senza dire mai una parola.

Quando il messaggero tornò dall’imperatore, gli riferì il suo strano atteggiamento.

 Tarquinio afferrò al volo il messaggio: doveva eliminare tutto ciò che stava al di sopra degli altri, ovvero coloro che per qualche ragione risultavano migliori, allo scopo di evitare che il suo potere e la sua supremazia venissero messe in discussione.

Come si traduce questa storia nel quotidiano?

papavero-altoUna delle più grandi contraddizioni degli uomini riguarda la difficoltà di apprezzare i successi altrui. Una qualità ancora più rara di possedere talento infatti sta nell'umiltà di riconoscerlo negli altri.

Come con i papaveri più alti, che vengono tagliati per “ non far sfigurare” gli altri fiori, si cerca di screditare o mettere in riga chi ha il coraggio di opporsi alla massa, con un punto di vista assolutamente originale.

La contraddizione della società

accuseIl mondo di oggi ci invita a emergere dal mucchio, ma, allo stesso tempo ci impone limiti molto precisi. L’idea è quella di aderire solo a determinati parametri di successo.

Ad esempio, l’impiegato del mese non è necessariamente chi è cresciuto dal punto di vista lavorativo, bensì la persona che è riuscita a portare a termine gli obiettivi prefissati entro scadenze stabilite. Ciò indica l’aderenza a un determinato schema, volto sempre e comunque agli interesse dei vertici.

 In questo caso è come se quel fiore fosse cresciuto semplicemente soddisfacendo le esigenze del giardiniere. Se, invece, qualcuno riesce a emergere per diversi motivi considerati validi, probabilmente desterà sospetti e verrà escluso.

La sindrome del papavero alto e le sue conseguenze

papavero-altoIl primo effetto è la tendenza, quasi naturale, a non permettere agli altri di farsi strada perché l'essere i migliori in qualcosa genera negli altri la sensazione di una probabile minaccia. 

Chi  si distingue dalla massa è spesso oggetto di forti critiche e screditato proprio perché tale atteggiamento nasconde in realtà l’incapacità degli altri di fare altrettanto.

Il secondo pericolo è che le persone in questione ne rimangano affossate, senza mai dimostrare al 100% il loro talento per il timore di essere giudicati e ostracizzati.

Per questo molti si convincono che la miglior soluzione sia puntare sul profilo basso, non emergere, adeguarsi a regole stabilite. Ma questo è davvero un peccato, perché si rischia di castrare il proprio successo e diventare stelle destinate a implodere su sè stesse.

di Irene Caltabianoirene-caltabiano

 

 

 

 

 

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