L’idea rappresenta per l’impresa ciò che, sul piano della procreazione, simboleggia l’ovulo
Ad accomunarli un potenziale creativo versatile e ramificato, i cui confini sono pressoché impossibili da definire a priori. “L’innesco” pratico è quindi essenziale, per definire in quale direzione incanalare e dirigere tale cumulo di energie.
Un ruolo, questo, che, nel caso delle startup viene spesso assolto dai business angels, investitori informali che mettono in campo i propri capitali, la propria rete di contatti e le proprie competenze specialistiche. (Per approfondire le potenzialità della raccolta fondi dal basso, invece, puoi cliccare qui).
I business angels si indirizzano verso imprese innovative operanti in settori che conoscono approfonditamente. Il tesoro che investono è rappresentato dalle esperienze ed abilità accumulate negli anni, e dal network relazionale che sono riusciti a “tessere”.
A muovere gli investitori informali non è soltanto un margine di profitto che si prospetta interessante, ma anche e soprattutto il fatto di condividere l’idea da cui ha preso vita la startup. Un “matrimonio progettuale”, questo, che scaturisce da una vision comune, in cui il business angel si identifica; un’operazione, peraltro, conveniente anche dal punto di vista economico per gli startupper, in quanto è, sostanzialmente, a costo zero.
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Gli investitori informali devono essere multitasking
Oltre a investire una quota di risorse finanziarie, e quindi assumersi un certo margine di rischio, possono infatti intervenire anche in veste di mentor (guardian angels). Accompagnano quindi gli startupper in ciascuno stadio di attuazione del progetto (costruzione di un team ad hoc, stesura del business model…).
Insomma, come rilevato efficacemente da Marco Bicocchi Pichi (presidente dell’associazione Italia Startup e Business Angel Italiano del 2014), gli investitori informali sono per molti versi vicini alla figura dell’allenatore.
Cosa differenzia business angels e venture capital?
Tanto per cominciare, i primi mettono in campo i propri soldi, mentre i secondi operano attraverso capitali affidati da terzi, e per questa attività ricevono un compenso.
Inoltre, mentre gli investitori informali entrano in gioco nella maggior parte dei casi già quando l’idea su cui la startup si fonda è in fase embrionale, i secondi intervengono successivamente.
I business angels, inoltre, investono, orientativamente, fino a 500mila euro nella startup, che, in genere, affiancano per i primi 10 anni di vita. I venture capital muovono importi anche superiori e operano mediamente per 4-5 anni. I primi, peraltro, prediligono settori quali quello delle energie rinnovabili, mentre i secondi si concentrano su aree ad alto tasso d’innovazione.
Dove incontrare un business angel?
La parola d’ordine è, ancora una volta, networking. Occasioni fertili di contatti utili possono essere i contest dedicati alle startup, come pure il confronto con imprenditori che hanno già usufruito del supporto degli investitori informali, e che quindi possono svolgere il ruolo di “anello di congiunzione”. È importante inoltre tenere d’occhio le organizzazioni che raggruppano i business angels dislocati su territorio nazionale o in ambito locale.
Ecco la mappa completa dei Business Angels in Italia



Tuttavia, si sa che per fare l’albero ci vuole un seme. Dunque se mancano o scarseggiano le risorse economiche, per quanto un’idea possa essere innovativa, potenzialmente redditizia e, sulla carta, foriera di effetti positivi, questa risulta fine a sé stessa. Una sorta di promessa non mantenuta.
Eppela coniuga il metodo reward based con il crowdfunding civico, a cui sono legate collaborazioni quali quella con il Comune di Milano. Il portale offre la possibilità di usufruire di campagne fifty – fifty, caratterizzate dal fatto che importanti aziende contribuiscono alla raccolta fondi in qualità di mentor, se il progetto consegue almeno il 50% del finanziamento inizialmente stabilito.
De Rev ospita una vasta gamma di campagne, ideate da startup ma non solo. Spaziando tra progetti culturali, cittadinanza attiva e no profit il portale ha raccolto, dal 2013, anno della sua fondazione, più di 3 milioni di finanziamenti.
Tutti i giovani sognano (o almeno dovrebbero farlo), ma non tutti dispongono delle risorse necessarie a concretizzare i propri progetti, né hanno le “spalle coperte” e un “paracadute” disponibile sotto forma di portafoglio di papà.
A tratteggiare opportunità e limiti relativi all’equity crowdfunding è intervenuto, in una prima fase, il D.L. n.179/2012 (articolo 30). La misura di legge aveva circoscritto l’utilizzo di tale strumento alle startup innovative.
In fase iniziale gli istituti di credito erano tenuti ad accertarsi che l’ipotetico investimento fosse commisurato alle nozioni e all’esperienza dell’aspirante finanziatore; a seguito della riforma andata a regime nel 2016, invece, il compito è stato trasferito alle piattaforme web.