La morte, il grande tabù della cultura occidentale.
Nell’era del web 2.0, affrontare il lutto di una persona cara significa dover gestire anche le molteplici identità digitali che quest'ultima si è costruita in vita.
Dal momento che già risulta difficile elaborare la morte nel mondo reale, avere a disposizione un non-luogo in cui resuscitare il defunto, anche solo metaforicamente, può dar vita a vere e proprie degenerazioni.
Avete presente il recente caso della signora torinese Cristiana Giordana, madre di Luca Borgoni, 22enne morto l’8 Luglio scorso scivolando sul Cervino?
La donna continuava a pubblicare nuovi elementi e scrivere post sul profilo del figlio anche il suo decesso. «Un modo per farlo vivere ancora e tenermi in contatto con i suoi amici. Un innocente rifugio al mio dolore» aveva spiegato.
Nonostante le parole commoventi, dura lex sed lex. Non è possibile aggiornare il profilo di una persona defunta, a meno di esplicita autorizzazione da parte di quest’ultima mentre è ancora in vita.
Suggerimenti sbagliati
Purtroppo non c’è ancora chiarezza su come far fronte a questo tipo di situazioni. Nonostante l'enorme quantità di informazioni di cui dispongono Facebook o Google, quando una persona muore, non è affatto automatico che l’algoritmo di una specifica piattaforma ne sia a conoscenza.
Può dunque capitare che le foto del defunto o eventi relativi alla persona (quali i suggerimenti di compleanno) continuino a comparire nella bacheca di amici e familiari, provocando momenti di dolore o veri e propri shock emotivi.
Stabilire una policy a riguardo sta diventando sempre più urgente. Non solo perché ormai praticamente chiunque ha un profilo virtuale, ma anche l’eta media di chi si iscrive ai social si è largamente alzata. La fascia di persone di età superiore ai 55 anni che ha un account Facebook costituisce un buon 15%; va da sé dunque che si sia incrementato anche il tasso di mortalità.
Come gestire il decesso?
Esistono già alcune soluzioni, anche se non del tutto efficaci. Facebook dà la possibilità di segnalare la morte di una persona compilando un apposito form, in cui si chiede di linkare il necrologio o qualsiasi altro documento che confermi la morte effettiva. Purtoppo però, l’opzione “allega documento di decesso” risulta al momento facoltativa, elemento che ha già generato scherzi di dubbio gusto.
Peraltro, con gli attentati degli ultimi anni e le sollecitazioni di parenti e amici, Facebook ha rivalutato l’importanza di trovare uno spazio in cui pagina e contenuti relativi al defunto possano essere archiviati; si può dunque richiedere di trasformare la pagina personale della persona deceduta in una sorta di memoriale online a cui hanno accesso solo amici e parenti che possono scrivere messaggi o postare foto in ricordo della persona cara.
Un altro elemento che si sta prendendo in considerazione è utilizzare un software capace di rintracciare le frasi che contengano parole chiave come “Riposi in pace” o “Mi manchi” e altre affermazioni che possono risultare relative al lutto onde evitare di mostrare foto o suggerire eventi legati alla persona defunta.
Eredità digitali
Infine sono stati elaborati modi per gestire l’eredità digitale ( se non sai di cosa stiamo parlando, leggi qui), anche se la policy non risulta omogenea da piattaforma a piattaforma. Nello specifico, su Facebook è lecito nominare un contatto erede che, in caso di decesso, potrà scrivere post in primo piano, rispondere a eventuali richieste di amicizia, cambiare l’immagine del profilo o di copertina o chiedere la disattivazione dell’account.
L’incaricato potrà anche ricevere, se vorrà, una copia di quanto pubblicato su Facebook dalla persona deceduta fino a quel determinato momento.
Come fare? Èsufficiente loggarsi, andare su Impostazioni -->Gestisci account. Lì, tramite apposito form, si potrà indicare la persona designata all’amministrazione del profilo.
Una procedura simile avviene anche su Google, dove esiste l’opzione account inattivo, ovvero si può impostare entro quanto tempo di attività l’azienda di Mountain view può confermare il decesso (un intervallo che va dai tre ai 18 mesi).
Un mese prima della scadenza, Google prova a telefonare al proprietario dell’account, se non arriva alcuna risposta ci sono due strade: l’utente può scegliere di far cancellare tutti i dati o di far inviare la corrispondenza Gmail, i propri contatti i propri video YouTube ad alcune persone fidate ( fino a un massimo di dieci, precedentemente indicate). Twitter, invece, disattiva l’account in automatico dopo sei mesi di inattività.
Piccoli accorgimenti su cui tutti dovremmo fare una riflessione. E, magari, cercare di agire "per tempo".

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Anche io, come sarà successo a tutti almeno una volta, ho avuto Facebook contemporaneamente aperto sullo schermo del pc e del cellulare. Mea culpa.
La principale vittima degli smartphone è l’
Il quadro che emerge è quello di una generazione comodista, che non sente la necessità di prendere la patente non appena ne ha possibilità (Twenge utilizza tale esempio perché da sempre guidare è il primo passo verso la libertà dai genitori) perché semplicemente non avverte il bisogno di uscire.
Tuttavia non solo i giovani sono affetti da smartphone dipendenza. Come abitudine ormai totalmente radicata nella nostra vita quotidiana, Nekesha Hammond, presidentessa della Florida Psychological Association, ha individuato le degenerazioni più gravi nell’uso smodato dei social network.
Il punto non è il mezzo ma come lo si utilizza. Lo smartphone è stato certamente creato per nobili scopi, ma il suo impiego per qualsiasi cosa è andato a poco a poco degenerando.
L'importanza della scuola per la formazione dell'individuo è spesso sottovalutata. I metodi d'istruzione, soprattutto nel Bel Paese, risultano troppo distanti da ciò che poi risulterà utile appena fuori dalla campana di cristallo istituzionale.
l'Orestad Gymnasium di Copenaghen (che corrisponde alla nostra scuola media) ha sovvertito il concetto di lezione frontale, consentendo ai ragazzi di svolgere un ruolo certamente più attivo dello stare seduti ad ascoltare passivamente le parole del professore.
«Gli studenti che vogliono lavorare su un particolare progetto, suonare, produrre video e utilizzare gli studi e l’attrezzatura della scuola. Possono richiedere una tessera d’entrata e usare gli ambienti della scuola durante il weekend» racconta il preside.
La Orestad non è certo un caso isolato. La News Islands Brygge School, altra scuola secondaria della Capitale danese, vuole insegnare ai propri alunni l' ecosostenibilità come modus vivendi, coltivando e cucinando il proprio cibo e regalando uno spazio particolare all'attività fisica.
La scuola verrà inoltre dotata di pannelli solari e una serie di tecnologie per il risparmio energetico, seguendo alla perfezione il Danish low energy code, che stabilisce norme precise per il risparmio di energia: sarà dunque presente la ventilazione con recupero di calore, quella naturale, l' illuminazione controllata dalla luce del giorno e l'isolamento termico.