Sempre più giovani scelgono di valorizzare le proprie capacità
L’abbiamo difeso a tutti i costi, come nel film “Quo Vado”, ma la realtà è che i giovani di oggi sanno che il posto fisso andrà scomparendo. E’ stato il paradiso terreno italiano per anni poiché rappresentava sicurezza, benefici e rassicuranti abitudini ma le cose sono cambiate.
La conferma ce la da l’Organizzazione Internazionale del Lavoro (ILO) che ha individuato il nuovo modello di rapporto di lavoro più diffuso nei paesi con economia avanzata.
Da questa si evince che il classico contratto a tempo indeterminato ed a tempo pieno sta progressivamente calando dando spazio ai contratti part-time ed ai lavori in proprio.
L’economia si è modificata
Trasformando il lavoro in flessibile e volatile e il posto fisso, che non tanto tempo fa poteva vedersi anche nel privato, ad oggi appartiene solo al pubblico. Nel privato, infatti, le nuove imprese puntano sull’adattabilità e sulle nuove tecnologie e tendono ad aumentare la produttività e la competitività ed a contenere l’occupazione.
Ma vi è di più.
Anche da un punto di vista culturale siamo ben lontani dai nostri genitori che ambivano al posto fisso dal momento che, i due terzi degli italiani, potendo scegliere, preferirebbero un lavoro che offra possibilità di crescita professionale e di reddito, anche se flessibile (69,8%), mentre il restante terzo (30,2%) pur di avere un posto fisso rinuncerebbe alle possibilità di carriera.
Diventa dunque, molto importante rispetto alle generazioni precedenti la gratificazione personale e l’investimento soggettivo che fanno del lavoro un percorso da seguire più che un “posto”.
L’Italia non è però ancora pronta
Il sistema bancario è ancora legato a vecchie forme di garanzie, e la legge non tutela le nuove forme di lavoro. In pratica non siamo ancora pronti ad offrire questo genere di lavoro che permette di valorizzare le proprie capacità e quindi nelle famiglie si diffonde sempre di più la preoccupazione e il disorientamento che a loro volta portano alla considerazione che sia giusto trasferirsi all’estero per fare il lavoro desiderato che comporti crescita professionale e remunerativa.
L'apparenza inganna
Iscriviti al canale Youtube


Simone, nato in Liguria alla fine degli anni Settanta, è letteralmente cresciuto con il mito dell’America. Dopo gli studi informatici, è stato assunto da un’azienda i cui uffici sono praticamente in tutto il mondo, quindi anche nella cittadina texana. Quando gli viene proposto di trasferirsi lì, accetta. «Inizialmente, la cosa più difficile è stata ottenere un visto lavorativo, in quanto, per riuscirci, bisogna «dimostrare di avere capacità particolari, che nessun altro lavoratore americano ha, e quindi che solo tu puoi ricoprire tale incarico».
D’altro canto, spiega, da Houston la crisi che attanaglia l’Europa è qualcosa di talmente lontano da apparire irreale. «Qui per fortuna ci sono davvero pochi problemi, e lo dimostrano la miriade di cartelli di assunzione che vedo quotidianamente nei più disparati negozi e uffici. Per questo motivo la gente qui è molto più amichevole, dato forse anche dal loro retaggio storico, però ho assistito ad episodi che mi hanno spiazzato e che mai vedrei nel mio paese, come le commesse dei supermercati accompagnare con l'ombrello i clienti col carrello alle loro automobili durante un acquazzone».
Non è Londra o New York o Tokio e nemmeno una delle tante città guida dell’economia mondiale ma vuoi mettere la goduria di vivere li?
Simone consiglia a tutti gli italiani di seguire il lavoro per il quale si è più predisposti: ”Ovviamente il sogno Italiano è Pizzeria o baretto in spiaggia giá ampiamente sfruttato, dipendendo dalle possibilità finanziarie gli investimenti immobiliari sono altamente consigliati e generano un buon reddito, resta sempre l’opzione di continuare il lavoro per cui uno é predisposto senza problemi, il lavoro specializzato é molto apprezzato, ben pagato e sopratutto carente”.