nomadi_digitali 

I racconti di chi ha cambiato vita ✌

Quando l'età è solo un numero: la storia di Gianni Bianchini

Il nomade digitale, una sorta di figura mitologica.  

Qualcuno che ha votato la sua esistenza al viaggio zaino in spalla e computer alla mano, che nessuno sa bene da dove prenda i soldi per trascorrere la vita girando intorno al globo. 

Spesso la principale argomentazione che viene data da chi vorrebbe abbracciare un'esistenza simile è l’essere troppo vecchi, fossilizzati in una routine ormai impossibile da spezzare. 

A qualcuno sorprenderà sapere che Gianni Bianchini, fondatore di Nomadi digitali, la più grande comunità italiana online dedicata a chi ha deciso di vivere libero da confini fisici e mentali, ha cambiato la sua esistenza a quarantatré anni.

Non che l’età conti ma mi preme sottolineare questo aspetto per infondere coraggio a chi pensa che il cambiamento sia una questione anagrafica. 

 Una voglia di viaggiare più forte di tutto

Gianni è l’espressione di come per essere un nomade digitale, forse devi avere già un po' una passione innata per il girovagare e una discreta conoscenza in fatto di pc.

Bianchini infatti è sempre stato attratto dalla tecnologia, fin dai tempi della scuola, periodo in cui smanettava tra computer e videogiochi, avendone già intuito le potenzialità.

La sua passione lo ha portato da Lecce fino in Sud America e Inghilterra, lavorando prima per la Sony a Liverpool,  dove testa videogiochi otto ore al giorno, per poi trasferirsi a Francoforte e lavorare con la Nintendo.  

«Per quanto mi piacesse, il lavoro in ufficio cominciava a starmi stretto» ha dichiarato Bianchini in un’intervista al blog Mangia, vivi, viaggia. «La routine di una vita passata nello stesso posto di lavoro, nella stessa città, nella stessa casa, non faceva per me. Fu a quel punto che cominciai a sentire fortemente l’esigenza di cambiare vita».
 
 

Per fortuna, la sua voglia di rimescolare le carte in tavola viene abbracciata subito anche dalla compagna, Ivana. La prima cosa che scelgono di fare insieme è smettere di fumare per accumulare un gruzzolo extra che gli consenta di pagare almeno gli aerei per spostarsi, associato a uno stile di vita più minimalista e frugale.  

La prima tappa di questo viaggio che non è ancora terminato? Bangkok.  

Viaggiare guadagnando? 

Certo, i risparmi non sono infiniti e se si compie una scelta simile si deve essere pronti a dare tutto per il proprio business. Fare travel blogging e vivere di questo è difficile ma non impossibile. 

La differenza, prima di tutto, sta nel considerarla un'attività che porti effettivamente a degli introiti, non, come succede nell’immaginario comune, un diario di viaggio che si aggiorna solo quando si è colti dall’ispirazione. 

Leggi anche: Nomade digitale? Sempre più metropolitano

«Lavorarci ogni giorno, studiare, imparare, sperimentare, testare e anche investire. Se vuoi aprire un business devi metterci anche dei soldi. Questo è vero sia se apri un ristorante sia che apri un sito web. Certo ci sono delle risorse gratuite in rete, ma non saranno mai all’altezza di quelle a pagamento. Un tema per un blog, un plugin, l’hosting o il dominio, una persona che ti mette su il blog se non lo sai fare tu, un team di scrittori o assistenti virtuali, corsi da comprare, libri, e tanto altro. Noi lavoravamo da anni e abbiamo utilizzato i soldi accumulati per investire sul blog».
 

Investire e capire come monetizzare. Ci sono tanti modi per guadagnare tramite affiliazioni, pubblicità, enti del turismo, consulenza blogging e copywriting. Ma soprattutto, la cosa principale è sperimentare sempre e ccomunque, perché ciò che funziona per uno potrebbe non valere per un altro. Nulla cade dal cielo, servono analisi, pazienza e dedizione. 

Gianni e Ivana sono ormai nomadi digitali da sette anni, esattamente 2000 giorni, mantenendosi con gli introiti del blog e viaggiando a tempo indeterminato.  

Gianni gestisce anche un travel blog in inglese, Nomad is beautiful, affiancando al lavoro di nomade anche quello di fotografo, speaker nei podcast e di social media manager su Instagram, Twitter o Pinterest.  

«Ognuno di quei 2000 giorni sono speciali per me. Ogni singolo giorno in cui mi sveglio, vivendo questo stile di vita, sono pieno di felicità. E anche se ho i miei giorni no, in cui le cose non vanno bene, sono felice di poter essere padrone della mia vita. Di essere io il creatore, lo scrittore della mia storia. Ho vissuto i miei dieci anni di ufficio, con orari e giorni stabiliti da qualcun altro. Con cose da fare decise da qualcun altro. Con un sogno da realizzare che appartiene a qualcun altro. Vendendo il mio tempo per la felicità di qualcun altro. Ero stanco di vivere la vita di qualcun altro».
 

 

 

 

 

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Yuri Rusinko: dall’Ucraina all’Italia avendo come bussola la cardiochirurgia

La vita in provincia è croce e delizia

In qualità di terrona nata e cresciuta a Lecce, vivace ma piccola città incastonata nel tacco d’Italia, ho sperimentato direttamente cosa significa muoversi in un contesto in cui, come si suol dire, tutti conoscono tutti.

L’ormai celebre teoria dei sei gradi di separazione, secondo cui ciascuno di noi può entrare in contatto con qualunque altro individuo o oggetto attraverso un massimo di cinque intermediari, risulta in genere notevolmente esemplificata in una città di provincia. A volte sono sufficienti tre passaggi, se non addirittura uno o due, nel caso di soggetti tra loro coetanei.

Insomma, l’interconnessione quasi istantanea, nelle piccole comunità, è un dato di fatto, una realtà consolidatasi ancor prima dell’avvento della Rete e dei social media. Un meccanismo che, a dispetto del “lato oscuro” rappresentato da pettegolezzi e giudizi non richiesti, talvolta si mette in moto con intenti meritevoli. Ne sa qualcosa Yuri Rusinko, medico ucraino 50enne arrivato in Italia nel 2002, che, grazie alla propria caparbietà e al passaparola virtuoso di cui è stato protagonista, si è nuovamente laureato ed ha ripreso a esercitare la professione.

Il pellegrinaggio attraverso l’Europa inizia da Sasovo

YuriRusinkoYuri Rusinko lascia la sua città natale (e il figlio) 16 anni fa. Lavora come cardiochirurgo, ma la paga è decisamente insufficiente: guadagna 50 euro al mese. Decide quindi di tentare la sorte in capitali quali Madrid e Budapest, per poi spostarsi in Italia, raggiungendo alcuni connazionali ad Aquara (Salerno).

I primi tempi, inevitabilmente, sono in salita. Yuri Risinko, clandestino, si ritrova a lavorare come manovale; dopo poco tempo, però, la sua storia fa il giro del paese, e  innesca un effetto domino all’insegna della solidarietà.

Il sindaco mette in contatto l’uomo con un anziano venditore ambulante, e, oltre ad aiutarlo a scaricare le merci in occasione dei mercati, diventa una sorta di medico personale. Yuri gli controlla infatti costantemente pressione glicemia. Nel frattempo la maestra Giovanna Mastrantuono gli dà lezioni di italiano.

Quando un’occasione inaspettata cambia le carte in tavola

YuriRusinkoFormicaArgentina

Yuri Rusinko trova lavoro come badante, e quindi inizia a prestare assistenza a un anziano. Ciò gli permette di ottenere il primo permesso di soggiorno avvalendosi della legge Bossi – Fini. Finalmente può chiedere il riconoscimento della laurea conseguita in Ucraina, ma la prova orale non va come previsto, e questo segna una momentanea battuta d’arresto.

L’uomo però non si demoralizza, e riparte come infermiere a Firenze; nel frattempo si iscrive a Medicina, e consegue la laurea presso l’ateneo toscano con il voto di 110. Si iscrive all’albo, e successivamente viene assunto al 118 di una casa di cura in provincia di Bologna. A coronare il suo percorso, l’assunzione al Pronto Soccorso di Abano Terme (Padova) e la cittadinanza italiana, ottenuta nel 2015.

La felicità è un percorso in perpetuo divenire. Un sentimento che risiede nell’impegno profuso, ancor prima che nel raggiungimento dell’obiettivo prefissato. Così Yuri Rusinko, anziché crogiolarsi sugli allori, sposta lo sguardo sul tassello mancante. Ovvero, la convalida della specializzazione in cardiochirurgia pediatrica. Tuttavia, non è difficile ipotizzare che riuscirà a rovesciare il cruccio in qualcosa di positivo. Ci è riuscito molto tempo fa, quando il vescovo della sua città gli impedì di diventare prete a causa della erre moscia…

Francesca Garrisi     

Quando le cose non mi divertono, mi ammalo  (H.B.)

 

 

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«Viaggio e vivo in camper per ricordare Zach». La storia di Aubrey

Rinascere dopo il dolore

Non tutte le storie di cambiamento nascono dall’insoddisfazione di un lavoro che non ci rispecchia più o dalla voglia di cambiare aria e vivere in un posto diverso.

A volte è la vita stessa che ti impone delle scelte e proprio in quel momento, attraverso le decisioni che decidi di prendere, capisci chi sei davvero e che tipo di persona vuoi diventare. 

La storia di Aubrey parte come una favola: insieme al suo compagno Zach erano felici, innamorati e con una gran voglia di viaggiare. 

Dagli Stati Uniti si dirigono verso il Sud-est asiatico per vivere una delle loro grandi avventure. Un’avventura che, nell’arco di poche ore, si trasforma in incubo. Zach una mattina va a fare surf e non torna più. Solo qualche giorno dopo, le onde restituiscono il corpo.  

Un diario di bordo per ripartire

Forse solo chi ha perso la propria anima gemella può capire il tipo di dolore che si provi. Aubrey torna subito negli USA e rischia di cadere nel vortice della depressione e dell’infelicità, un vortice da cui è difficile risalire senza combattere.  

La spinta per rivivere però, inaspettatamente, gliela regala proprio Zach. Dopo un po’ di tempo dalla morte, sistemando gli oggetti personali, ritrova il suo “diario di bordo”. Nell’ultima pagina, Zach scriveva così: 

Oggi, quando uscite di casa, respirate l’aria fresca e assaporatela. Abbracciate i vostri amici e sorridete con amore per la loro presenza. Dite ai vostri famigliari che li amate e pensate alle ragioni per cui li amate. Ascoltate le vostre canzoni preferite all’infinito. Aprite la finestra e rendetevi conto che, se lo volete, potete andare ovunque vogliate. Andate a mangiare esattamente quello che vorreste mangiare. Scegliete di non dare per scontate le piccole cose. Probabilmente non sono così piccole. 

Di fronte a quelle parole Aubrey capisce che mai e poi mai Zach avrebbe voluto vederla triste o che la sua esistenza fosse messa in stand by. Anche se non c’era più, quelle frasi furono per Aubrey l'invito ad abbracciare di nuovo "il midollo della vita". Perciò, prende una decisione per sé ma soprattutto per Zach. Il viaggio diventerà la cura per superare il dolore. 

Prende con sé il cane Ike, che fa assolutamente parte della terapia (chi ha un cane sa quanta allegria può portare) e realizza il sogno che aveva in comune con la sua dolce metà: vivere un periodo della sua vita on the road.  

Trasforma quindi il suo Toyota Dolphin e lo rende una perfetta e confortevole casa mobile.  

 Vivere felici in onore di chi non c'è più

Molti considerano la vita in camper come un continuo girovagare, magari finanziati da un qualche angelo benefattore. 

Aubrey, mentre gira il mondo, lavora la pelle e vende le creazioni nel suo shop online, riuscendo così a mantenersi. 

Al di là delle questioni pratiche però la sua missione è principalmente una: ricordare Zach ogni giorno cercando di essere felice e trasmettendo questa felicità.  

«Il mio obiettivo non è solo esplorare gli Stati Uniti on the road» spiega. «Voglio anche esplorare il mio dolore e provare a godere con gioia di ogni momento. Il mio uomo ha ispirato così tante persone nel corso della sua vita, aveva sempre il sorriso sul volto. Il mio obiettivo è ispirare gli altri così come lui ispirava chiunque incontrasse. È il mio modo per ricordarlo per sempre».

Ringraziamo il blog "Mangia, vivi, viaggia" per la maggioranza delle informazioni raccolte sulla storia di Aubrey. 

di Irene Caltabiano

 

 

 

 

 

 

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