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I racconti di chi ha cambiato vita ✌

«La vita in bicicletta mi ha aiutato a sconfiggere ansia e depressione»

Sconfiggere la depressione pedalando

correreViaggiare salva, anche da sé stessi.

Sembra una frase fatta, eppure per qualcuno è una solida realtà. Prendere un aereo, un treno, una moto e partire all'avventura diventa un appiglio per sfuggire a schemi sociali e mentali che rendono la quotidianità complessa se non, in alcuni casi, tossica.  

La nostra è una società basata sulla competizione, sull’esserci a tutti i costi, apparire, dire sempre e comunque la propria. In un mondo che si basa su questi ritmi, fermarsi o addirittura sparire, anche solo per qualche giorno, è diventato un lusso. 

Non tutti però siamo fatti allo stesso modo, non sempre risultiamo performanti e pronti ad affrontare la vita al 100% delle energie. Anzi. Spesso quando non ci concediamo il sacrosanto diritto a una pausa, il conto da pagare è salato. 

Equilibrio e benessere vengono meno e se si oltrepassa il limite è il nostro corpo a darci delle inequivocabili avvisaglie.  

Via dalla pazza folla 

depressioneÈ proprio ciò che è successo a Ryan Brown nel momento in cui non è più riuscito a sottostare ai tempi che lui stesso si era imposto: è stato travolto da una grave forma di depressione.  

Nel podcast americano “Adventuresports” di cui è stato ospite, Ryan ha parlato del suo movimentato percorso verso la guarigione. «La mia vita era disastrosa, ero depresso e mi consideravo un fallito». 

La causa scatenante di queste orrende sensazioni era un contesto lavorativo e scolastico che Ryan non riusciva più a sostenere. Qualcosa nel meccanismo si era inceppato. 

E solo toccando il celeberrimo fondo comincia pian piano a risalire.  

Passeggiando in bicicletta 

ryan brown«Nel 2012 ho deciso di partecipare a un tour di viaggio in bicicletta. Erano quasi 500 km da percorrere insieme ad altre persone. Non avevo grandi aspettative ma poi sono stato rapito dalla meraviglia di viaggiare su due ruote. È stato così bello che quando sono tornato a Pittsburgh ho deciso di fare una cosa istintiva: licenziarmi». 

Dopo aver mollato i doveri che lo ancoravano alla vecchia vita, Ryan non si è più fermato. Ha continuato a pedalare fin quando da Pittsburgh è arrivato in Maine. E dopo? 

Il giovane ciclista capisce che vuole passare all’aria aperta e in sella alla sua bici più tempo possibile. Così si libera tanto del superfluo quanto del necessario e inizia a girovagare. 

«Ho venduto davvero ogni cosa che possedevo, ritrovandomi con un’unica spesa fissa: la sim del cellulare. Poi ho viaggiato in sella alla mia bicicletta, finché non ho finito i soldi».
 

Lavora, risparmia, riparti 

Ryan brownA quel punto Ryan ha abbracciato la regola che condividono in molti viaggiatori “di professione”. Si ferma il tempo necessario per raccogliere i risparmi sufficienti a ripartire.  

Oggi si mantiene vendendo le sue fotografie e con il lavoro di guida escursionistica, raccontando le sue avventure nel blog Tales of wandering, dove Ryan propone anche i suoi percorsi di bike touring. 

La vita che conduce al momento comporta poche spese, perché si svolge in mezzo alla natura, camminando, pedalando o guidando una motocicletta.

Nella sezione del suo blog in cui è presente una breve bio, Ryan scrive: 

«Ero un ragazzo timido, spaventato dal mondo. Ansia e depressione controllavano la mia vita e mi allontanavano dal realizzare ciò che sognavo. Un giorno ho deciso di non avere più paura, ho cominciato a fronteggiarla, sconfiggendo tutte le ombre che mi accompagnavano nell'oscurità».

 Dalla sua modesta esperienza, Ryan si sente di dare un consiglio a tutte le persone che stanno passando ciò che ha passato lui: «Viaggiate»

È il miglior farmaco che possiate somministrarvi.  

 

di Irene Caltabiano 

Photo credits 1-2: Google Images 

Photo credits 3-4: Tales of wandering

 

 

 

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«Come ho inventato il business dell'avocado siciliano»

Italia: pizza, spaghetti…e avocado

andrea-passanisi-avocadoPortare avanti la tradizione è importante. Ma, al giorno d’oggi la vera marcia in più è la capacità di innovare, reinventarsi e carpire le richieste di mercato. Trasformandole in boom di vendite.

Nonostante il made in Italy sia legato a pizza, tortellini, amatriciane e chi più ne ha più ne metta, a breve il Bel Paese potrebbe  essere associato… alla frutta esotica.

Il tropico del Mezzogiorno

Avocado, mango, papaya, guava, passion fruit. Dalle lande sudamericane ai piedi dell’Etna, tali prodotti tipicamente d’oltreoceano vengono adesso piantati, cresciuti e venduti sul suolo nostrano (e non solo). I numeri sono ancora piccoli ma il business è destinato a crescere in maniera esponenziale.

andrea-passanisi

Lo sa bene Andrea Passanisi, imprenditore 34enne siciliano, che ha deciso di recuperare terreni incolti (rubando magari qualche ettaro agli agrumeti di famiglia) per avventurarsi nel mondo delle coltivazioni esotiche, fondando  il brand “Avocado siciliano”.

Marchio che, peraltro, è diventato anche consorzio. Dodici produttori che fanno squadra, collaborando per coltivare meglio, di più e trovando nuovi terreni economicamente fertili. 

Avocado, un mercato concorrenziale

avocadoLa scintilla è nata in Brasile, dove il giovane imprenditore di Giarre si è innamorato del frutto verde. Poi sono arrivati gli studi e le ricerche per capire quali fossero i terreni più adatti, passando dall’analisi pedoclimatica, al piano di concimazione, irrigazione e tempistiche.

 «All’avocado serve un clima senza sbalzi, un terreno più sciolto rispetto a quello dell’arancia. Sono buoni infatti i terreni vulcanici, in Sicilia e Calabria meridionale. Dopo l’impianto servono quattro anni per avere i primi frutti. Al momento coltiviamo 100 ettari e produciamo circa 300-400mila kg di frutta».

 

Clienti? Svizzera, Polonia ma soprattutto la Francia, Paese in cui il consumo consapevole è più alto. È lì che il nostro prodotto diventa più concorrenziale rispetto a quello sudamericano: certificato, biologico e made in Italy, che già di per sé è una garanzia.

Il vantaggio, oltretutto, è l’arrivo dal campo al supermercato in 24 ore, battendo di gran lunga i quattro giorni di faticoso viaggio in aereo.

Leggi anche: Quattro buoni motivi per consumare l'avocado

In Italia invece si punta al Nord, tra Piemonte, Lombardia, Veneto e Lazio. «Abbiamo creato una piattaforma di e-commerce dove privati o gruppi di acquisto possono comprare senza tramiti». Sicilia Avocado, negli ultimi anni, ha raggiunto traguardi importanti, come entrare a far parte della famiglia di Zolle, piattaforma di recapito di verdure e ortaggi freschi a domicilio. 

Il momento, per Passanisi, è propizio. «L’avocado non è una moda: sarà consumato come l’arancia. Inoltre già aspetti neutraceutici importanti. Noi li spieghiamo con il nostro packaging. Raccontiamo il prodotto e gli diamo valore».

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di Irene Caltabiano

 

 

 

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'A puteca, friarielli e pomodorini gialli da Napoli al Giappone

I prodotti flegrei da Napoli a Fukuoka

silvio-carannanteL’amor che move il sole e le altre stelle...

 E, quando arriva, può sconvolgere un’ intera esistenza. Un po’ come è successo a Silvio, 37 anni, di cui nove vissuti in Giappone, nell'isola di Fukuoka, con la moglie Ai

Il giovane, napoletano DOC, ha creato La tenuta dei Campi Flegrei, attività che ha introdotto nel Sol Levante i prodotti della tradizione partenopea.

Leggi anche:  Sfogliacampanella.it, la sfogliatella 2.0 che arriva dappertutto

Buon sangue non mente. Silvio Carannante viene da una famiglia di ristoratori: i suoi genitori possedevano un bar a Bacoli, sui Campi Flegrei. Studia all’Istituto alberghiero di Formia e da subito comincia a viaggiare. «Nelle pause scolastiche giravo per l’Italia e l’Europa a cercare di accumulare esperienza». È proprio durante il suo girovagare che conosce la moglie, pittrice. «Ero a Firenze. Lei faceva una mostra, io un buffet di cucina fusion. È stato un colpo di fulmine».

Dopo essersi sposati, insieme sbarcano in Kenya e lavorano in una catena di sushi bar. «Ci schiavizzavano. Mentre loro incassavano alla grande a noi non pagavano lo stipendio».

A' puteca: verdura fresca cercasi

silvio-carannante-verduraPoi, la decisione di trasferirsi finalmente in Giappone. Qui Silvio comincia a lavorare in un ristorante italiano «Ho scoperto di avere una certa inventiva, solo che proporre un piatto della nostra tradizione era impossibile. Mancava la materia prima, ovvero gli ortaggi freschi».

Da qui la scintilla che avrebbe rappresentato la svolta nella carriera di Silvio. Una parente della moglie mette a disposizione qualche ettaro di terra. «All’inizio è stato tragico; non ho raccolto niente. Quasi un anno di lavoro e si è allagato tutto. È andata male perché non avevo nessunissima esperienza come agricoltore».

Peraltro, non  solo inell’isola del Sol Levante si vivono situazioni climatiche estreme (come i monsoni e gli uragani, che possono spazzare via in un attimo, il lavoro di mesi) ma l’ambiente del country side è molto chiuso. «È stato difficile far capire alla gente cosa sognavo di fare».

Leggi anche: La sfida di un freelance: da Napoli a Berlino per esportare la vera cucina partenopea

 

Il progetto 'A Puteca

A PutecMa la caparbietà e la voglia di realizzare i propri obiettivi hanno fatto il resto. Silvio, con tanto impegno, è riuscito a far crescere torzella, broccolo napoletano, lattuga, pomodorino del piennolo, pomodoro giallo campano, melone verde invernale, melanzana nera e tante altre varietà

«Al’inizio era più un hobby. Ai lavorava in albergo e io in un ristorante. Il raccolto degli altri agricoltori era il doppio del nostro. Ma le scelte di partenza erano diverse. Puntare su un’agricoltura biodinamica e integrata, non su quella che qui chiamano “verdura da sacchetto».

L’idea iniziale era coltivare la materia prima per aprire un piccolo ristorantino. «Ma per verificare se avevo qualche chanche ho dovuto attrezzarmi con una piccola serra e abbiamo piantato broccoli neri, rucola, pappacella, fagiolini Sant’Anna, zucchina San Pasquale, cavolo verza, ravanelli e friarielli, il fiore all’occhiello della cucina partenopea.  Oggi le tipologie di ortaggi sono circa un centinaio, quantità che ha permesso di realizzare il progetto 'A Puteca».

caponata

Un negozio dove si vendono le verdure confezionate in un set con packaging trasparente. Non solo infatti Silvio ha clienti come ristoranti e pizzerie napoletane (il Sol Levante e Osteria Totò, Azzurri e Da Gaetano, tutti con il vero marchio pizza napoletana) ma questa creativa coppia ha deciso di puntare sulla vendita singola di prodotti in set: scatole dove si possono trovare tutti gli ingredienti per fare la caponata o la minestra ammaritat, per agevolare la preparazione dei piatti tipici della tradizione.

Insomma Silvio è riuscito a costruire una realtà unica partendo dalla propria terra e puntando tutto sulla sua passione, guadagnandosi a piccoli passi la stima della popolazione locale.

Tuttavia, il cuore del giovane napoletano non ha mai abbandonato l’Italia. «Sono costantemente in contatto con il mio Paese. Stiamo studiando una serie di iniziative proprio dall’Italia al Giappone. Ci sono tanti progetti in ballo, ma l’obiettivo resta uno solo: promuovere la cultura enogastronomica flegrea nel resto del mondo».

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di Irene Caltabiano

 
 

 

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