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1+1=7: il riciclo è arte applicata al quotidiano

Sapete qual è il prodotto di 1 + 1? Se state pensando a due, sappiate che la risposta è sbagliata. Quella esatta è: creatività, sostenibilità e amore. Per ciò che si fa, e per il mondo che abitiamo. Ecco l’intervista a Valentina, anima e mente del progetto di artigianato artistico di riciclo 1+1 = 7
 
Come e quando è nata l’idea del progetto?
Tre anni fa. Io ho una formazione artistica, ho frequentato l’Accademia di Belle Arti ad Urbino e per me è naturale realizzare con le mani quello che ho nella testa. Da piccola i miei vestiti venivano realizzati da un’amica di mia madre che faceva la sarta, e anche le mie borse, che ho portato poi da grande, venivano realizzate da una bravissima artigiana della pelle. Ho sempre visto realizzare queste cose a mano, e mi ha sempre affascinato la potenza che l’essere umano può avere nelle proprie mani, e se poi delle mani esperte sanno comunicare con una mente creativa, beh , allora si entra nel mondo dell’arte.
Marco, l’altra metà del progetto, laureato in traduzione letteraria, musicista e insegnante, che è stato trascinato in questa avventura, in questo progetto di vita e di amore, si è scoperto un bravissimo artigiano della pelle, o meglio, ecopelle. 
I nostri padri sono due artigiani, un falegname e un creatore di calzature, e in qualche modo abbiamo continuato la loro tradizione a modo nostro. 
Dopo aver vissuto alcuni anni in una grande città con dei lavori “fissi”, abbiamo deciso di abbandonare tutto e inseguire il sogno di un progetto di vita insieme riscoprendo la libertà nella terra e nell’autoproduzione.
Da qui prende vita 1+1=7, la scelta dei materiali e la sensibilità dell’estetica.
 
1+1= 7 : cosa significa per voi, e perché avete scelto di farvi conoscere con questo nome?
È la nostra sintesi matematica del concetto di Gestalttheorie: “il tutto è più della somma delle parti”. Attraverso la lavorazione di materiale di scarto, carta di giornale ed ecopelle, creiamo degli oggetti che diventano opere d’arte del quotidiano. 
 
Vivere sostenibile: suggerite tre gesti, semplici e applicabili al quotidiano, da cui possono partire i “pigri” che finora hanno condotto un’esistenza (in) sostenibile.
Prima di tutto, un po’ per deformazione professionale, il nostro consiglio è cominciare a guardare le cose che ci circondano con occhi nuovi. Chiedersi sempre: cosa posso farci con un materiale, un oggetto prima di gettarlo? Stimolare la parte creativa che c’è, anche se nascosta, in tutti noi. Il secondo consiglio per chi non riesce  proprio ad usare le mani, è sostenere i progetti che migliorano l’ambiente e la vita delle persone dall’artigianato, alle start up, dall’alimentazione al turismo sostenibile: è grazie anche a questi progetti creati con il sudore, la passione, la tenacia tra mille difficoltà, che il mondo ha una possibilità in più per continuare a camminare. La terza cosa è pensare che c’è sempre un altro modo per fare le cose e vivere la propria vita, non adagiarsi e fermarsi ai sistemi  e alle convenzioni date, ma crearsi il proprio modo di stare al mondo. Non sono consigli molto pratici, ma secondo noi, vivere sostenibile parte da uno stato mentale.
 
Come presentereste il vostro marchio a chi è completamente “digiuno” di questi temi, e perché dovrebbe scegliere i vostri prodotti?
Il modo migliore per conoscere il nostro progetto è vedere le nostre creazioni, indossarle, toccarle, constatare che sono pezzi unici, belli, di grande valore artigianale, con un design contemporaneo, curato, elegante, ma anche funzionale. Dopo di che rivelare che tutto questo è stato pensato e fatto senza alimentare la produzione di nuovo materiale riciclando ciò che già c’è, senza sfruttare nessun essere umano, reinventando una vita sostenibile per se stessi, e per gli altri. Le cose di valore possono nascere da uno scarto, acquistando ulteriore valore aggiunto, riscoprendo la bellezza e la magia del lavoro fatto a mano, ripensando al rapporto tra essere umano e oggetto, non più nella logica diffusa dell’usa e getta, ma in un atteggiamento di rispetto reciproco tra la persona e l’ambiente circostante.
 
Fai la cosa giusta: quale sarebbe il vostro personale vademecum, se aveste la possibilità di tenere dei corsi “green”, rispettivamente a bambini e adulti?
Questa è una bella domanda…
Pensando agli adulti crediamo sia tutto già scritto nella domanda 3. 
Pensando ai bambini di oggi, punterei sulla riscoperta della gioia e della libertà di vedere un gioco in ogni cosa. Una caratteristica che hanno da molto piccoli, ma che poi, crescendo appena un po’, perdono, anche a causa dei “nuovi giochi” tecnologici. 
Il segreto credo sia mantenere quello che i bambini hanno per natura, la libertà di non avere pregiudizi e l’infinita immaginazione, ecco la parola chiave che useremmo per degli ipotetici corsi “green” per bambini: MANTENERE vive queste doti innate e primordiali.
 
 
 
 
 

 

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Bios urn, la morte è solo una parola

E se dopo la morte, ci fosse ancora vita?

Non parliamo di paradiso, inferno o credenze religiose. Si chiama Bios Urn, l’urna che trasforma le ceneri dei propri cari…in alberi. L’idea è di Estudiomoline, azienda spagnola  che si occupa da quindici anni di  oggetti che sintetizzano design e natura.

Gerard and Roger Moliné, menti del progetto, grazie a Bios vorrebbero regalare una nuova prospettiva sulla morte . «L’obiettivo è trasformarla  in un processo che non significhi la fine di tutto, ma che consenta di tornare in vita sotto un'altra forma».

L’oggetto è composto da due parti , uno spazio per le ceneri  e uno per la terra, compatibile con qualsiasi tipo di seme. L’incubatore facilita la crescita e, attraverso l’app facilmente scaricabile su cellulare, si può monitorare lo sviluppo della pianta, innaffiandola con un semplice click. Bios Urn è inoltre completamente biodegradabile.

E voi, che albero vorreste diventare? 

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Volare come fa un piccione...metereologo

Ladies and gentlemen inglesi, sicuramente in questi giorni avrete strabuzzato gli occhi in parecchi.
Si, piccioni con lo zainetto. Una pattuglia di dodici volatili, dotata di un sensore per rilevare l'inquinamento, si è levata in volo da un tetto di Brick Lane, Londra, per monitorare i livelli di biossido di carbonio e ozono in città. Il dispositivo sul dorso dei volatili altro non è che un Gps con sensore per l'inquinamento incorporato. 
 
Un progetto che ha avuto risonanza online grazie all'account Twitter @PigeonAir, indispensabile per diffondere le informazioni sulla qualità dell'aria e sensibilizzare l'opinione pubblica. La missione si è momentaneamente conclusa, la Pigeon Air patrol è tornata alla base. Non si esclude iin ogni caso che gli uccelli verranno nuovamente utilizzati per altre spedizioni. 
 
Questi animali, forse perchè molto comuni, non vengono presi in considerazione. La la loro capacità di volare  relativamente bassi e a una certa velocità, li rende invece utili a catturare i valori presenti nell'aria. Un esperimento curioso ma efficace che potrebbe aprire una nuova strada a collaborazioni uomini-animali. 
 
Irene Caltabiano
 
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