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Tassa sulla carne? La rivoluzione parte dai nostri piatti

Pagare una tassa su bistecche e salsicce?
Ecco la soluzione danese ai problemi climatici. Mentre gli altri Stati cercano di affrontare il problema chiamando in causa i principali operatori del settore, il Consiglio danese, organismo indipendente che comprende Parlamento, Ministri e altre autorità pubbliche, ha proposto un pagamento che includa anche i cittadini. E lo impone sul prodotto più nocivo per l'ambiente, la carne.
 
L'allevamento di bovini copre circa il 10% delle emissioni globali di gas serra, nonché il consumo di 43mila litri di acqua per ogni kg di carne che arriva sulle nostre tavole. « Non può che essere una spinta verso comportamenti più sostenibili» afferma Mickey Gjerris, portavoce del Consiglio. « Una risposta efficace all'emergenza climatica include anche una politica relativa al consumo dei cibi più inquinanti, che contribuisca a creare consapevolezza sul tema. La società deve mandare un segnale chiaro attraverso la legislazione».
 
Quattordici su sedici membri del Consiglio sostengono la proposta. L'Olanda, che il mese scorso aveva deliberato a riguardo, non crede nella decisione della Danimarca. A primo impatto potrebbe sembrare una mossa troppo dura, ma qui non si sta parlando di zittire l'amico vegano che vi guarda male mentre mangiate le costolette. Purtroppo fin quando non arrivano segnali forti dall'alto la gente è restia a rendersi conto del reale impatto del problema. Il Consiglio danese vorrebbe partire dalla tassa sulla carne per estendersi in seguito ad altri prodotti nocivi.
 
Gli Stati Uniti sono uno dei principali produttori di carne rossa e forse dovrebbero cominciare a prendere esempio dai Paesi nordici. Si deve riconoscere che dal 1970 il consumo di carne è sceso di un terzo, ma è pur vero che continuano a distribuire un sussidio di Stato per 38,4 miliardi di dollari l'anno per facilitare l'assunzione di personale nel settore. Una bella contraddizione se si considera che questi soldi non sono certo prelevati dalle tasche del governo, ma da quelle dei cittadini! Gli americani pagano per qualcosa che, a lungo andare, li distruggerà!
 
È necessario essere lungimiranti e anche attuare provvedimenti più drastici, se necessario. Il cambiamento deve partire dai nostri piatti.
 
 
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ZeroPerCento: la spesa a costo zero che aiuta i disoccupati

Un emporio solidale sotto tutti i punti di vista.
ZeroperCento nasce a Milano grazie alla onlus Namastè e al supporto di una campagna di crowdfunding presente sulla piattaforma Produzioni dal basso. Il negozio  sarà gestito esclusivamente da personale disoccupato da almeno sei mesi e il 30% dei dipendenti apparterrà a categorie svantaggiate ( migranti, disoccupati over 50, ragazze madri). 
 
I vantaggi non saranno solo per i commessi, ma anche i clienti verranno favoriti. Le

famiglie di disoccupati potranno infatti fare spesa senza contanti, pagando con punti assegnati  in base a reddito annuo e figli a carico, mesi di disoccupazione, canoni d'affitto e altri ctiteri. 

I precari che parteciperanno alla gestione della bottega Zeropercento usufruiranno di una collaborazione lavorativa retribuita di 9 mesi, attività che gli permetterà di trovare un lavoro una volta terminata l'esperienza. 
 
Una raccolta fondi è già stata avviata per supportare la nascita del progetto e coprire le prime spese: arredamento, acquisto delle attrezzature e prime assunzioni del personale
 
Un modo intelligente di coniugare sostenibilità e problemi sociali. 
 
 
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Per fare una casa ci vuol la plastica

Non è vero che la raccolta differenziata è inutile.

bottiglie1Panama lo dimostra, realizzando il primo villaggio del mondo fatto interamente di bottiglie di plastica riciclate.
 
Il materiale è isolante e servirà per la creazione di circa 120 case. Robert Bezeau, fondatore del progetto, sta contribuendo a difendere l’ambiente dell’isola di Colon, recuperando una grande quantità di rifiuti  accumulati nelle discariche del luogo.
 
Acciaio e plastica, che saranno poi ricoperti da una miscela di calcestruzzo. La prima casa, composta da due stanze, ha permesso di riciclare ben 20mila bottiglie.  I vantaggi ambientali sono alti, soprattutto dal punto di vista della temperatura; gli ambienti interni infatti, grazie al rivestimento, risultano molto più freschi. Ogni casa avrà un impianto idrico ed elettrico indipendente e verrà consegnata con porte e finestre già installate. 

 
Il riciclo prevede un risparmio anche temporale: le case in plastica vengono infatti costruite in molto meno tempo rispetto a quelle in muratura. Il villaggio sarà fabbricato in tre fasi e comprenderà orto condiviso, zone verdi e parchi per praticare yoga e attività all’aperto. 
 
Il problema dei rifiuti in queste zone è molto grave e un utilizzo simile potrebbe rappresentare una soluzione efficace e applicabile in altre zone del pianeta. 
 
 Un altro mondo è possibile, basta avere il coraggio di immaginarlo.
 
irene caltabiano
 

 

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