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Quante sono le meraviglie del mondo? Più di sette

«La bellezza salverà il mondo» diceva Dostoevskij.
Ma chi sa quali sono le così decantate sette meraviglie del Pianeta? E sono davvero così poche?
 
Esiste più di una classifica dei luoghi più belli della Terra. La prima in assoluto è stata stilata secoli fa e riguarda il mondo antico, cioè le opere costruite dall’uomo che greci e romani consideravano le più imponenti della loro epoca. Purtroppo solo una di queste opere è visibile ai giorni nostri (Le piramidi di Giza). Le altre sono andate perdute.
 
 

Le 7 meraviglie del mondo antico

babilonia

Il Colosso di Rodi: costruito nel III secolo a.C, era un’enorme statua del dio Elios, alta circa 33 metri, situata nel porto della città greca. Crollò a causa di un terremoto nel 226 a.C.
 
I giardini pensili di Babilonia: c’è il  dubbio che siano veramente esistiti. Secondo fonti scritte vennero costruiti intorno al 600 a.C nella città di Babilonia per volere del re Nabuccodonosor. 
 
Il faro di Alessandria: costruito sull’isola di Pharos, di fronte al porto di Alessandria, in Egitto. Anche in questo caso ci fu un crollo a causa di un terremoto nel XIV secolo.  
 
La statua di Zeus:  alta più di 12 metri e coperta di avorio, oro ed ebano fu realizzata dallo scultore greco Fidia intorno al 436 a.C. era. Si trovava nel tempio di Zeus nella citta di Olimpia.
 
Il mausoleo di Alicarnasso: tomba costruita nel IV secolo dalla sovrana greca Artemisia in onore del fratello e marito Mausolo, satrapo di Caria. Fu distrutta da un terremoto.
 
Il tempio di Artemide a Efeso: eretto nel VI secolo a. C. , era il tempio dedicato ad Artemide, dea della caccia. Distrutto da un incendio nel 356 a.C, fu fatto ricostruire da Alessandro Magno e resistette fino al III secolo a.C. Oggi ne sono rimasti solo alcuni blocchi di pietra.
 

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Le 7 meraviglie del mondo moderno
Non tutti sanno invece che nel 2007 è stata stilata una lista delle meraviglie del mondo moderno. La classifica è frutto di un concorso organizzato a scopo di lucro da una società svizzera, chiamata Open new world, e non era legata all’Unesco o a qualche organo ufficiale. Ecco i luoghi vincitori.
 
La Muraglia cinese: realizzata nel 215 a.C serviva a difendere  il territorio dalle invasioni dei Mongoli. Tentativo fallito visti i numerosi attacchi attuati lungo il suo perimetro durante i secoli. Misura ben 8.851,8 km, anche se secondo recenti stime la reale lunghezza sarebbe di 21.196,18 km. È patrimonio dell'umanità Unesco dal 1987.
 
giordania_petraPetra (Giordania): patrimonio dell’Unesco dal 1985, presenta diverse facciate intagliate nella roccia corrispondenti a sepolcri. La sua bellezza ha attirato molti registi che l’hanno scelta come location dei propri film (Indiana Jones e l’ultima crociata, Transformers, la vendetta del caduto). 
 
Cristo Redentore (Brasile): L’abbiamo visto in tantissimi film e immagini. Si trova in Cima al Monte Corcovado ed è il simbolo della città. La statua è alta 38 metri ed è accessibile tramite linea ferroviaria. Per i più audaci salendo circa 222 gradini. 
 
Machu Picciu (Perù): la città perduta è uno dei luoghi più misteriosi del mondo, appartenuto agli Inca. La Montagna Vecchia pare fosse la residenza estiva dell’imperatore Pachacutec nel 1440. 
 
Chichen Itzà (Messico): è un complesso archeologico che copre un’area di circa 3 km quadrati. Il nome significa letteralmente PerùStregoni dell’acqua; il fiore all’occhiello del luogo è la Piramide di Kukulcan (serpente piumato).  In autunno infatti, al calar del sole, la struttura proietta un’ombra  lungo la scalinata che sembra proprio un serpente!
 
Colosseo (Italia): l’antico anfiteatro è il simbolo dell’Italia all’estero. Con una capienza di 50.000 spettatori, venne costruito tra il 72 e l’80 a. C. e veniva utilizzato per spettacoli di vario genere, soprattutto lotte tra gladiatori e animali. 
 
Taj Mahal(India):un mausoleo fatto erigere dall’imperatore per la sua moglie preferita. L’impressionante bellezza architettonica sta anche nel fatto che si presenta di colore diverso in base alle ore della giornata. 
 
Io sto già facendo le valigie...
 
 
 
 
 

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L'Europa, l'America e gli OGM: basta adeguarsi agli USA

No all'ingegneria genetica sui nostri prodotti.
Questa la posizione di Greenpeace riguardo gli accordi tra Europa e America sugli OGM. Gli organismi geneticamente modificati sono prodotti interamente ricreati in laboratorio, con tutti i rischi del caso. 
 
Gli americani stanno premendo affinchè si concluda il TTIP (Trattato transatlantico sul commercio e gli investimenti), documento che attesta il libero scambio di prodotti. Il problema statunitense è la barriera finanziaria che deriva dall’applicazione delle norme europee sugli OGM. I furbetti suggeriscono che l’UE dovrebbe ignorare molti standard di protezione per la salute e l’ambiente, accelerando i tempi e garantendo maggior produzione  a discapito della qualità.
 
L’Europa, di fronte alla grande potenza d’oltreoceano, che fa? Abbassa la testa! Molti prodotti rientrano a pieno titolo nella normativa UE sugli OGM. I cittadini  hanno il diritto di essere rassicurati e informati su come la Commissione applicherà le regole. L'obiettivo è evitare che molta merce rientri nella catena alimentare senza essere valutata e senza adeguata etichettatura che la distingue da quella prodotta naturalmente. 
 
Se il TTIP verrà finalizzato gli Stati Uniti potranno finalmente ottenere quanto desiderano, ovvero l’abbassamento degli standard europei, che così si adegua sempre più alle esigenze del mercato americano. La trattativa, come spesso accade, antepone profitto e interessi privati a quelli della collettività, abbassando in maniera irreversibile la qualità di ciò che viene prodotto. Gli accordi sono stati finora svolti a porte chiuse. Parlamenti nazionali e cittadini sanno molto poco su ciò che potrebbero incidere sui loro diritti. 
 
C’è inoltre un altro aspetto da considerare. Il Consiglio per la Cooperazione Regolativa è l’organismo chiamato a fissare gli

standard transatlantici di libero scambio. L’Investor State DisputeSettlement rappresenta invece la struttura internazionale costituita da arbitri scelti con metodi extragiudiziali, che decidono sulle controversie tra investitori privati e Paesi aderenti. Le multinazionali potrebbero accusare gli Stati europei di intralciare il libero mercato e i cittadini rischierebbero di dover pagare di tasca loro. 

Impedire la firma del trattato vuole dire tutelare i diritti  e il bene comune .Greenpeace ha creato una campagna social per fermare il TTIP eil 7 Maggio a Roma si svolgerà una manifestazione contro l’approvazione dell'accordo. 
 
Prima le persone, i diritti e l’ambiente al posto del mercato e le sue regole. 
 
 
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Se l'industria del tonno è la nuova tratta degli schiavi

E se dietro alle scatolette con cui nutriamo i nostri amici animali ci fossero sfruttamento e pesca selvaggia?
L’industria del tonno è ormai fuori controllo. Metodi di pesca distruttivi stanno portando la fauna al collasso, nonché all’estinzione di tantissime specie protette. Ma gli animali marini non sono i soli ad andarci di mezzo. Numerose le inchieste giornalistiche su alcuni colossi dell’industria che hanno calpestato i diritti umani elementari per garantire la produzione. La Thai union, azienda che in Italia vende il tonno Mareblu, è sotto stretta osservazione di Greenpeace e dell’Unione europea già dal 2012. La società asiatica vende non solo al Bel Paese, ma anche ad altri importanti marchi internazionali: Walmart, Riomare, Tesco, Nestlè, Lidl. 
 
La Thai union non solo produce il tonno che portiamo quotidianamente sulle nostre tavole, ma anche quello che versiamo nelle ciotole dei nostri gatti. Non è roba di poco conto: solo negli Stati Uniti il consumo di pesce destinato agli animali è il doppio di quello che consumano gli uomini. In Italia la spesa annuale per le scatolette si aggira intorno ai 1830 milioni. 
 
Traffico umano 
Le storie che girano sulla multinazionale sono a dir poco inquietanti: il traffico di centinaia di esseri umani destinati a lavorare sui pescherecci al largo del porto di Ambon, in Indonesia. Migliaia di birmani, tailandesi e cambogiani vittime di lavoro in nero, episodi di violenza e abuso fisico se non addirittura omicidio. 
 
Nel Settembre 2015 Greenpeace ha realizzato una serie di interviste sull’isola indonesiana. Gli interrogati raccontano di lavoratori tenuti in condizioni di prigionia, maltrattati e trattenuti sui pescherecci in condizioni tremende. «Circa quattro o cinque giorni prima che la nave partisse, insieme ad altri sei compagni di equipaggio – uomini che sono ancora a bordo del peschereccio – abbiamo cercato di scappare, ma non ci siamo riusciti. Ci hanno picchiato, e non avevamo nemmeno il permesso di mangiare dopo quell’episodio». «Sono stato picchiato perché non ero forte come gli altri. Quando loro trasportavano blocchi di pesce congelato, io non ce la facevo. Non ero abbastanza forte e veloce per finire il lavoro. Per questo sono stato picchiato a bordo della barca in cui stavo». «Non avevamo il permesso di lasciare la stanza. Un ragazzo ha cercato di scappare, ma è stato picchiato. Un altro è stato percosso fino a che non gli si è rotta una gamba, perciò non abbiamo osato fuggire. Eravamo in tredici. Il ragazzo a cui era stata rotta una gamba era “un avvertimento” per noi, per chiunque volesse fuggire. Per questo non abbiamo avuto il coraggio di scappare».
 
Cosa possiamo fare
Le storie di queste persone fanno rabbrividire. Ma girarsi dall’altra parte non serve. Dobbiamo capire in che modo poter fare la nostra parte. Innanzitutto si dovrebbero stabilire dei limiti di pesca , ma andrebbero rivisti anche i consumi personali. Cominciamo ad essere più consapevoli di ciò che mettiamo nei nostri piatti e nelle ciotole dei nostri animali.
 
Quanti sapevano ad esempio che Mars non produce solo le famose barrette al cioccolato ma anche cibo per gatti dei noti marchi Whiskas, Sheba e Kitekat? E che probabilmente il tonno contenuto nelle scatolette è frutto di terribili maltrattamenti? 
 
Purtroppo la filiera non è facilmente tracciabile. Per maggiore trasparenza Greenpeace ha chiesto all’azienda di rendere pubblica la provenienza dei prodotti Whiskas. Mars ha risposto senza dare grandi delucidazioni; ha ammesso di rifornirsi sì dalla Tailandia, ma rimane oscuro quanto sia in qualche modo legata a questa sporca filiera. Nessuna informazione sui prodotti commercializzati in Italia.
 
GreenPeace  non demorde, chiedendo a tutti di essere sostenuti tramite la camapagna Chiedi con noi a Mars cosa finisce nel suo Whiskas. Credo che neanche i nostri gatti sarebbero contenti di mangiare cibo che sa di sfruttamento e illegalità. E menomale che thai significa libero.
 
 
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