C’erano una volta post-it e nodi al lenzuolo.
Ora invece sono gli smartphone i sacri promemoria a cui affidarci per non dimenticare il figlio in palestra o un appuntamento di lavoro. Ma qual è l’effetto di avere un grillo parlante che ci ricorda come e quando svolgere le faccende quotidiane? Uno studio condotto da Kapersky, azienda produttrice di un celebre antivirus, afferma che la tecnologia sta impigrendo il nostro cervello, rendendoci sempre più restii allo sforzo intellettuale. La chiamano amnesia digitale, tendenza che ci fa dimenticare ciò che fine a poco tempo fa ritenevamo fondamentale.
L’analisi è fondata su un campione di 6mila persone provenienti da vari Paesi europei. L’80% degli intervistati ritiene infatti che Internet sia un’estensione delle proprie capacità mentali, mentre il 36% ha affermato di affidarsi alla rete ancor prima di provare a ricordare qualcosa. Dato ancora più inquietante sull’inattività dei nostri neuroni? Il 24% ha dichiarato di aver subito dimenticato l’informazione dopo averla letta.
La correlazione tra fenomeno e diffusione di dispositivi mobili è dimostrata da un altro dato. Il 60% degli adulti europei ricorda ancora il numero di telefono di casa ma non il cellulare dei propri figli né quello dell’ufficio in cui lavora. In Italia la situazione sembra leggermente migliore. Solo il 30% non saprebbe rintracciare i propri pargoli in assenza di una rubrica che gli ricordi le cifre da digitare.
Recentemente sono stati effettuati studi simili da alcune università americane, che hanno ribattezzato il fenomeno Google effect. I ricercatori hanno rilevato che, con la possibilità di accedere ogni volta che vogliamo a qualsiasi tipo di informazione, le nostre menti sono cambiate. Anche la facoltà di scattare continuamente foto e riguardarle poco dopo diminuirebbe la capacità di trattenere dettagli di esperienze vissute.

In poche parole: Internet ci sta rendendo più stupidi? Come per ogni analisi effettuata, c’è bisogno di equilibrio e osservazioni ponderate su pregi e difetti di nuove tendenze. Sicuramente ci culliamo troppo sul fattore tecnologia che sì, ci aiuta nei nostri compiti quotidiani, ma è pur vero che non è sempre necessaria. Chiaramente avere a portata di mano una tale mole di dati ha diminuito curiosità e entusiasmo per la scoperta e capacità di vivere a pieno l’attimo perché troppo occupati a documentarlo. Sembra infatti che , se siamo disconnessi anche solo per dieci minuti, ci sentiamo persi. Non dimentichiamo che, se non funziona Google Maps possiamo sempre chiedere a un passante o, se manca la linea, avvalerci della compagnia di un buon libro.
Un altro punto di vista potrebbe riguardare l’evoluzione di smartphone in una sorta di nuovi diari “segreti” o moderni album di fotografie, regalando ai nostri cellulari un valore affettivo e non di mero archivio di dati . Il problema è che la maggioranza non si rende conto di quanto siano precari tali supporti. Il 40% degli intervistati ha infatti dichiarato di provare vero e proprio panico nel momento in cui il loro cellulare li abbandona definitivamente.
I ricercatori non hanno tratto conclusioni oggettive da tale studio. Il mio pensiero va alla povera Treccani o a quelle pagine scritte a mano che chissà se qualcuno rileggerà mai.
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Sembrerebbe che alcuni amici a quattro zampe a un certo punto impazziscano e attacchino chiunque capiti a tiro, uomini, donne, bambini. Cari cinofili, perché i vostri cuccioli si trasformano improvvisamente da teneri batuffoli a crudeli cerberi? Gli esperti dicono che 99 volte su cento i cani mordono per un motivo e spesso è il sentirsi minacciati. Per esempio se gli pestiamo la coda o provochiamo un rumore improvviso, l’animale potrebbe indisporsi. Oppure, esattamente come gli uomini, anche loro hanno una zona di sicurezza ( un metro per il cane libero, tre per quello al guinzaglio) e se quest’ultima viene superata può generare istinti aggressivi.
Il re dei social network ha inviato al mondo una notifica importante: donerà il 99% delle sue azioni Facebook (che attualmente valgono 45 miliardi di dollari) in onore di Max, la figlia neonata. Mark e sua moglie hanno infatti aderito alla campagna The Giving Pledge, ideata da Warren Buffet e Bill Gates, che permette a persone facoltose di devolvere una quota consistente del proprio patrimonio a scopo solidale. La coppia ha individuato come risorsa la Chan Zuckeberg Initiative, onlus a conduzione familiare che ha come nobile obiettivo garantire a tutti accesso a Internet, cura delle malattie e formazione di comunità forti.
fondazione di famiglia significa trasferirne la proprietà senza pagare alcuna tassa. In secondo luogo la onlus potrà andare avanti senza Zuckerberg e anche in questo caso annullando qualsiasi imposta di successione. Peraltro il valore della donazione verrà dedotto dalle tasse e quindi l’imprenditore trarrà un beneficio dalla dichiarazione dei redditi pari a un terzo di quanto devoluto. Durante il primo anno il magnate della rete darà dunque in beneficenza un miliardo di dollari ma ne risparmierà 333 di tasse.