L'Amore è nell'aria
L’amore si celebra sempre sotto il segno (d’aria) dell’acquario (love is in the air). A metà febbraio la natura, qualunque essa sia, poco ci importa perché l’Amore è Universale, lentamente si risveglia. In accordo con la Physis, i bioritmi, e le romantiche (per alcuni) convenzioni, le coppie, bene o male assortite che siano, si festeggiano in tutto il loro sentimento. Ma anche no! Vi pare che non avrò da ridire pure su questo? Ovvio che sì. Dai, andiamo a guardare bene cosa c’è davvero dietro tutto questa mielosa e celebrante ricorrenza. Cosa si nasconde, a ben vedere, dietro a tutto questo?
Tra i due amanti, il terzo gode
Iniziamo subito dal santo protettore della festa: il martire cristiano Valentino da Terni (l’amore è dunque un martirio? Che presa a male). Che ha fatto costui? Fu torturato e decapitato proprio il 14 febbraio! Che bella coincidenza davvero nefasta, andiamo bene. E perché? Aveva anche lui forse perso la testa per qualcuno/a (non escludiamo nulla). No. Aveva celebrato un matrimonio (altra follia del genere umano, ma rispetto chi ci crede) tra una cristiana e un pagano (vedete poi come tutte le questioni si riconducano a fattori religiosi). In più, per non farsi mancare nulla, la cerimonia fu fatta in fretta e furia perché lei era malata oltretutto (di mente però), e i due morirono nel breve. E voi ancora volete fare i deficienti a celebrare sta cosa, in nome di un poveraccio, pure prete, con grandi trascorsi relazionali alle spalle immagino, che per un matrimonio manco suo, c’è finito secco?
A lupo! A lupo!

Altro che leggende d'amore!
Le origini, come tutto l’umano patrimonio mitico dell’inconscio collettivo, sono avvolte nella leggenda. L’innamoramento stesso ci sembra davvero essere, talvolta, un processo, un rapimento erotico misterioso privo di riscatto. Al tempo di Romolo, secondo la leggenda narrata da Ovidio, le donne di Roma pativano una grande sterilità. Queste, assieme agli uomini si recarono nel bosco sacro (sempre di metafora dell’inconscio trattasi) a Giunone per chiederle una grazia. E qui viene il bello. Udite, udite! Sappiate che il racconto è figurato e nessuna sconcezza fu messa in atto, si intenda. Insomma le donne, prostranti e supplicanti, ottennero l’oracolo dalla Dea che le voleva unite ad un Sacro Caprone (alter ego di Fauno), il quale nella giusta interpretazione, diventa capro espiatorio. Quindi, chi di voi tutti/e non frequenta un caprone che tortura, o per cui si immola a sua volta per ‘amore’? Leggenda attualissima. È fuori discussione. E quanto amore poi! Giusto lui. Ho dimenticato di ricordarvi, di nuovo, che essere innamorati non è ancora amare. Quindi, ai fatti, di Amore, che in realtà non può essere menzionato, non ne abbiamo visto traccia. Detto ciò, proseguiamo.
Tirati a festa

Tra capre e colombe, vola alto l’Amore!
Dagli scambi di messaggi d’amore, in stile amor cortese da Basso Medioevo (altro bel periodo), passiamo alle valentine, i famosi biglietti sagomati a forma di cuore o colomba (e quanta purezza e candore, rispetto al caprone). Succede però che in America dal XIX in poi, l’amore si commercializza alla grande grazie a questa ricorrenza. Tanto che inizia la produzione industriale, su larga scala, di ‘valentine’ intime, personali e innamorate da spedite a tutti! L’Amore si è fatto Universale! Dichiarazioni in ogni dove. Fuori c’è un modo di ciechi che si amano! Ma questa pure è roba vecchia. Oramai abbiamo la dichiarazione passa per la messaggistica istantanea, sempre se il telefono ti prende però!
Amore epilettico
Comunque sia, torniamo a lui, la causa di tutto, Valentino. È da sapere che il disgraziato è, oltretutto, protettore degli epilettici (massimo rispetto per loro sia inteso). Anche questo, è un segnale molto indicativo che molto ha a che fare con il processo dell’innamoramento stesso. Epilessia, dal greco, significa ‘sono preso, sono colpito da qualcosa’. Quando ci si innamora succede proprio questo. Si cade in amore, si è atterrati. L’epilessia è una condizione neurologica (episodica, cronica o transitoria) caratterizzata dalla perdita di coscienza! Innamorarsi è un verbo che deriva da ‘amore’ e la preposizione ‘in’ gli dà valore di moto a luogo, quindi un entrare (cadere in una trappola?) in una condizione. Innamorarsi è sempre un’attività inconsapevole e involontaria, e la forma intransitiva del verbo ce lo rivela ‘io mi innamoro’. C’è passività, mentre quasi mai c’è l’attività cosciente dell’io innamoro.
Inno all’Amore
Da qui si capisce che l’innamoramento, potenziale anticamera dell’amore, è un accadimento involontario e inconsapevole. Forse il fraintendimento più bello e stravolgente che la razza umana possa sperimentare. L’Amore, invece, che ci vede benissimo, nasce in noi come forza consapevole. Ma state tranquilli che là dove l’uno finisce, l’altro ‘tutto crede, tutto spera, tutto sopporta’ e di certo, non avrà mai fine!


Io non ho pazienza. Lo ammetto. Però sono pazza. E questo che c’entra? Mi direte. C’entra eccome, perché pazienza e pazzia hanno in comune l’etimologia della parola patiens.
Bene adesso abbiamo un po’ più di chiarezza. E venitemi a dire, se la quotidianità non è popolata di tipologie frenasteniche simili.
Ora capiamoci meglio con l’aiuto di tre persone: Platone, Aristotele e San Paolo, ma avrò un altro grande ospite. La filosofia greca antica, a differenza della moderna psichiatria e psicologia, che intende la pazzia come fenomeno psicotico, stava molto più avanti (questo almeno, secondo il mio parere del quale potrebbe fregarvi poco).
Aristotele ridimensiona tutto e ci riporta alla normalità, ci fa rientrare in una misurata e solida saggezza, di gran lunga superiore a qualsiasi altro dono divino. Contento lui, contenti tutti. Ma a me, sembra una follia, un ragionamento simile. Ci vuole la forza di uno scandalo…
Pensate a un dialogo immaginario. Un delirio possibile a due, o forse più, che può comunemente svolgersi nelle cervella, esplosive, di qualunque giovane donna, occidentale, europea, caucasica sotto la quarantina. Espressione e travaso di quotidiana e disinibita follia in cerca di contenimento e ritegno. Ed ecco a voi:
T: Oddio, perché non parli? Ti sei arrabbiata, ti sei offesa?
T: Non hai proprio il senso del pudore, hai davvero perso la faccia adesso. Sei una 