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Qual è la storia vera delle tre scimmiette?

Sono sempre state associate all’omertà.

tre-scimmietteMa il mito delle tre scimmiette, immagine cara alla cultura popolare giapponese, ha un significato più profondo di quello che gli si attribuisce normalmente.

Le statue sono presenti dal 1636 all’entrata del santuario di Toshogu, uno dei più importanti templi shintoisti; sculture ispirate agli scritti di Confucio. Nella tradizione nipponica fanno generalmente riferimento al motto “Non vedere il male, non ascoltare il male, non parlare del male”.

 Alcuni considerano tali massime un retaggio del servilismo orientale. Le tre citazioni però possono essere anche volte in maniera positiva e maggiormente  attinente alla vita moderna. Alcuni studiosi hanno trovato infatti un filo diretto tra la filosofia di Socrate, il mito delle tre scimmie e un famoso aneddoto legato al saggio.

La regola dei tre filtri

Un giorno si presentò a casa del filosofo un uomo che voleva criticare un suo allievo.  Il saggio lo invitò, prima di aprir bocca, a riflettere su ciò che diceva sulla base della regola dei tre filtri.

1)   Filtro della verità: Ciò che stai per dire è vero? Hai verificato prima di parlare?

2)   Filtro della bontà: ciò che stai per dire è buono?

3)   Filtro della necessità: è qualcosa di indispensabile?

Iwazaru, la scimmia che si tappa la bocca

Quella che invita a “non riferire il male”. Talvolta quest’abitudine viene messa in relazione al pudore di non esprimere a voce tre-scimmiette-duealta malessere e insoddisfazione. Oppure, vista sotto una luce positiva, ha a che fare con la regola d’oro di non fare pettegolezzi.

Kikazaru, la scimmia che si tappa le orecchie

Le persone che hanno l’abitudine di diffondere critiche, voci e notizie negative vengono viste con molta severità in Giappone. Da qui la necessità di tapparsi le orecchie per non ascoltare. È  bene esprimere una notizia negativa solo quando è utile.  Ad esempio: ti informo che i tuoi clienti non sono soddisfatti per migliorare la situazione aziendale.

Mizaru, la scimmia che si tappa gli occhi

Il codice filosofico santai consiglia, di fronte  a un’ingiustizia, di "chiudere gli occhi". Questa idea, nella realtà, non è applicabile ed è associata a distogliere lo sguardo dalle cose.  Ma il vero significato di Mizaru è un invito a evitare di concentrarsi su ciò che non serve, non è utile o non è buono. Sollevare lo sguardo verso il lato della vita luminoso, ricco di speranza e valore.

Conclusioni

scimmiaL’insegnamento delle tre scimmie parla delle nostre vere necessità e ci invita ad essere sempre cauti e prudenti.“Controlla le tue parole; tappati le orecchie di fronte a ciò che non serve o non aiuta; copriti gli occhi davanti a ciò che ti danneggia: cerca solo quello che ti rende felice”.

Il nuovo significato attribuito loro nel tempo, seppur travisato, non è strumentale a logiche devianti: le tre scimmie sagge, oltre a ricordare ed esortare a tenere un comportamento benevolo, oggi invitano anche alla partecipazione attiva contro l’omertà, l’indifferenza e la violazione della libertà di parola attraverso una ironica provocazione.

Irene- Caltabiano

 

di Irene Caltabiano

 

 
 
 

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Into the wild: perchè non sempre la fuga è la soluzione

Avete presente la parabola del figliol prodigo?

figliol-prodigoIl passo del Vangelo racconta di un ricco padre con due figli. Il primogenito pretende dal genitore la sua parte di eredità, che non tarda a sperperare in giro. Il secondo gli rimane accanto, continuando a sobbarcarsi le incombenze quotidiane. Quando il figlio perduto ritorna a casa, povero in canna e pregando il genitore di perdonarlo, viene accolto con una grande festa.

Chiaramente è una parabola sul perdono. Ma sarà la mia attrazione per i personaggi secondari che mi ha sempre portato ad identificarmi con il secondo figlio, con il punto di vista di chi resta. Di chi, costretto dalle circostanze, sceglie la via apparentemente più facile.

 

Chi è Alexander Supertramp

Cristopher-Mccandless

Recentemente mi è capitato di rileggere la storia di Christopher McCandless, l’Alexander Supertramp, come lui stesso si è ribattezzato, del libro Nelle Terre Selvagge. Lo stesso da cui successivamente è stato tratto il film Into the wild, diretto da Sean Penn. La storia riguarda il vero itinerario di Chris, giovane proveniente dalla Virginia Occidentale che, subito dopo la laurea, abbandona famiglia e ricchezze e intraprende un grande viaggio attraverso gli Stati Uniti. Destinazione finale? Alaska. Lì, purtroppo, incontra la morte, a causa della natura inospitale che tanto lo aveva affascinato fino a quel momento.

Il giovane è diventato una sorta di icona, un esempio da seguire, un’incarnazione di spirito d’avventura e wilderness americana che porta molti a seguire o a desiderare di ricalcarne le orme. Ma siamo sicuri che la fuga sia sempre la soluzione? 

 

La "selvaggia verità"

famiglia-McCandlessInfatti il punto di vista del “secondo figlio”, di chi è rimasto, non è tardato ad arrivare. Anche se, purtroppo, in questo caso, non c’è stato un figliol prodigo. E forse nemmeno un perdono.

Carine McCandless, sorella di Chris, ci ha messo un po’ per rivelare il non detto. Forse per paura, per una ferita ancora troppo esposta o una rabbia poco velata. Quando Jon Krakauer, il reporter statunitense che per primo ha ricostruito la vicenda di Alex Supertramp, ha chiesto di utilizzare le lettere scritte dal ragazzo prima di partire, Carine lo ha pregato di non farne uso. La sua volontà è stata esaudita.

Ma finalmente, lei stessa ha raccolto le emozioni e le ha trascritte in un libro, Into the Wild Truth ( Nella verità selvaggia, edito in Italia da Corbaccio). Non c’è lettore né spettatore che non si sia domandato il perché Chris abbia fatto una scelta tanto radicale. E non si tratta solo di spirito di indipendenza, voglia di cambiare vita, amore per la natura. Carine racconta i veri motivi per cui Chris si è spinto ai confini del mondo: un padre ossessivo, violento, incline ai continui tradimenti. Una madre troppo debole per prendere posizione, complice, inconsapevole carnefice. Un’ incompletezza e un senso di colpa che non hanno trovato il tempo di essere sanati. 

Alexander-Supertramp

«A distanza di tempo, mi sono resa conto che senza la conoscenza di quei retroscena la vicenda di mio fratello rischiava di essere fraintesa. Chris cercava la libertà, di questo sono sicura anche se, per abitudine, evito di parlare al posto suo. Non ritengo, come è stato ripetuto, che fosse partito per trovare se stesso. Lui, al contrario, sapeva benissimo chi era, quello di cui aveva bisogno era un posto nel mondo nel quale vivere in compiutezza. Non desiderava la morte, ma dalla sua ultima fotografia, scatta poco prima di morire, traspare finalmente la serenità che tanto gli era mancata. Mi piace pensare che cercasse quello che anch’io ho sempre cercato, e cioè l’amore incondizionato di un padre».

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La versione di Carine

Carine-McCandlessLa storia di Chris ha diviso il mondo tra chi lo ha considerato un eroe e chi uno sciocco incosciente. Ma certamente Alex Supertramp ha dimostrato che la ricerca della pace passa solo simbolicamente attraverso un viaggio fisico. Carine, che gira nelle scuole per testimoniare la vita e l’esperienza del fratello, ha un desiderio. «Guardo quei ragazzi e mi rendo conto di avere davanti agli occhi gli adulti di domani, gli uomini e le donne che dovranno prendere decisioni cruciali. Il mio desiderio è che i lettori possano considerare mio fratello non più come un personaggio quasi leggendario, ma come un essere umano, del tutto simile a loro»

Chissà chi sarebbe oggi Christopher McCandless se fosse tornato in Virginia. Se avesse risolto i suoi conflitti interiori. Se avesse parlato con il padre. Forse non sarebbe diventato un mito. Ma avrebbe potuto mettere in atto la lezione imparata, che forse non è solo la frase più famosa del film, “La felicità va condivisa”. Ma il fare tesoro dell’esperienza per affrontare i propri fantasmi con spirito nuovo. 

 

di Irene Caltabiano

 

 

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Cos'è la teoria delle finestre rotte e perchè vale per cose e persone

Siamo o non siamo influenzati dall'ambiente circostante?

finestra-rotta-formica-argentinaImmaginate una giornata di pioggia, attorniati da persone tristi, camminando per una città sporca e piena di immondizia. Al sol pensiero avvertiamo disagio. Adesso lo scenario cambia: passeggiate su una spiaggia pulita, soleggiata, con gente sorridente e affabile. Non vi sentite subito meglio?

La teoria delle finestre rotte

Ultimamente molti politici la stanno citando, a supporto di decoro e recupero di numerose aree cittadine. La teoria delle finestre rotte è un assunto sulla capacità di disordine urbano e vandalismo di generare criminalità aggiuntiva. Ma come nasce e a chi viene attribuita?

Negli anni Sessanta lo psicologo sociale Philip Zimbardo, professore all' Università di Stanford, condusse un esperimento. Parcheggiò due automobili senza targa, una nel Bronx, New York, l'altra a Palo Alto, in California, entrambe con il cofano aperto. La prima venne saccheggiata in poco tempo. La seconda rimase lì dov'era, praticamente intatta. Fin quando Zimbardo non introdusse una variabile: ruppe il finestrino dell'auto di Palo Alto. Anche lì, a quel punto, la macchina venne depredata.

L'elemento curioso era che nessuno dei ladri aveva l'aspetto da criminale, nella maggioranza sembravano persone assolutamente comuni. Da qui si cominciò a ragionare su come effettivamente un indizio di incuria o la scarsa attenzione nei confronti di qualcosa non può che peggiorare la situazione, aggiungendo degrado al degrado.

Esperimenti riusciti

In breve tempo la teoria si diffuse un po' ovunque, dagli Stati Uniti alla Gran Bretagna, dal Sud Africa all'Olanda. In particolaremetro-NY-formica-argentina all'Università di Gronigen i ricercatori del Dipartimento di Sociologia Kees Keizer, Siegwart Lindenberg e Linda Steg selezionarono alcune aree urbane e le rimisero in ordine, dipingendo le facciate delle case e curando le aree verdi. In un secondo momento resero gli stessi identici luoghi in posti degradati, spargendo spazzatura e cartacce per strada. Osservarono che la gente che viveva in mezzo alla sporcizia era più propensa a buttare rifiuti per strada. L'intero reportage dell'esperimento è stato pubblicato sulla rivista Science.

La prima applicazione pratica della TFR avvenne negli anni Ottanta con la metropolitana di New York. Si cominciò con la correzione di piccoli reati quali l'evasione del biglietto o furti e si incrementò la pulizia degli spazi. Risultato? Ad oggi le stazioni metro della Grande Mela sono abbondantemente più sicure.

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La teoria delle finestre rotte vale anche per le persone?

ragazza-trsite-formica-argentinaTali esperimenti fanno riflettere su quanto gli stessi effetti della noncuranza possano essere nocivi sul piano umano. Se ci disinteressiamo di qualcuno, non lo valorizziamo e non alimentiamo autostima e fiducia in quella persona, forse si convincerà di essere un individuo per cui non valga la pena di impiegare tempo e attenzioni. E più si persevera nell'atteggiamento, più peggiorerà, accumulando “ sporcizia” nella sua anima.

Un esempio molto comune è la famiglia. Se in un piccolo nucleo sociale non ci si cura dell'ambiente in cui si vive, vige disordine e scarso rispetto reciproco probabilmente in poco tempo tutti i componenti si adatteranno a questi standard.

Riparare le finestre, non metterne di nuove

Non sempre , purtroppo, la Teoria delle finestre rotte è stata interpretata positivamente. Nel 1994, il sindaco di New Yorktolleranza-zero Rudolph Giuliani prese spunto dagli esperimenti di Zimbardo per applicare la cosiddetta politica della Tolleranza zero, che in effetti ebbe come risultato l'enorme decremento del tasso di criminalità. Il motto venne poi, purtroppo, adottato come slogan della Lega, assumendo un accento minaccioso e repressivo.

Il punto è che la finestra, quando è rotta, non va sostituita ma riparata: ovvero, che si parli di ambiente o di persone, la cura e l'attenzione andrebbero insegnate e non imposte. Il lavoro da fare è più lungo e faticoso, ma i risultati sarebbero certamente più a lungo termine.

 

di Irene Caltabiano

 

 

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