Allena il pensiero strategico ☝

Come affronto la paura del tradimento?

“Solo chi crede di essere amato può essere geloso, solo chi ama può tradire” -Roland Barthes

gelosiaNon sono incoraggianti le parole del semiologo francese nonché autore del capolavoro letterario Frammenti di un discorso amoroso. Ma che importanza possono avere? Quando ho letto il libro per qualche settimana tenevo a mente quasi tutto il contenuto poi con il passare del tempo, come spesso accade, l’ho dimenticato. Riguardo al tema centrale dell’opera ho azzardato un sunto assai spiccio, forse fondamentale: quel che conta è vivere una relazione senza troppe preoccupazioni, con uno scambio di energia equo.

Tra gli innumerevoli problemi che possono sorgere in una coppia da parte del partner, quel che troviamo più spesso sono: l’essere gelosi e la paura del tradimento, ovvero sentirsi abbandonati e soli.

Nella prima, riprendendo in mano il testo, lo scrittore Barthes ci regala una rivelazione in grado di spiazzare e mettere in luce il problema del soggetto:

“Come geloso, io soffro quattro volte: perché sono geloso, perché mi rimprovero di esserlo, perché temo che la mia gelosia finisca col ferire l’altro, perché mi lascio soggiogare da una banalità: soffro di essere escluso, di essere aggressivo, di essere pazzo e di essere come tutti gli altri”

Ahimè, si soffre, ma non per l’altro, per sé stessi. Quel che occorre è l’analisi individuale, domandarsi in silenzio: «Perché sono geloso?” Perché ho paura che il mio compagno/a mi possa tradire?»

Se non c’è alcun motivo concreto e ci rendiamo conto che le nostre emozioni e paure sono frutto della nostra immaginazione, ecco alcuni consigli che ho trovato utili per evitare ogni sorta di problema.

 Identificare l’immaginario.

tradimentoTutto viene alimentato dalla mente, non cerchiamo discussioni inutili con il partner. Quando si presenta il problema, accogliamo in silenzio e sforziamoci di capire cosa ci sta comunicando. Se l’esponiamo il rischio è un litigio in grado di provocare ferite difficili da rimarginare.

Il grado di fiducia

Qualsiasi coppia deve respirare, avere un momento in cui si separa per qualche istante per poi tornare insieme. È necessario rendersene conto, e lasciare che ognuno abbia i suoi spazi liberi. Quel che accade è che spesse volte è proprio la mancanza di fiducia a innescare l’emozione della paura. Ci avete mai fatto caso? Io si. Entriamo nell’ottica che se il partner mente ed è in giro a tradire è un fatto concreto in grado di lasciare tracce non immaginarie e quindi tangibili. Il resto è un dilemma tutto nostro.

 

 Il Trauma

Dietro ad un problema ce n’è uno ancora più grande che non è stato risolto. Ad esprimersi è la psicologia: se siamo gelosi e temiamo di essere abbandonati, riflettiamo sul nostro passato. C’è stato qualche episodio che ha portato a sentirci e vivere le stesse emozioni? Investigare, identificare il problema, accettarlo e imparare a conviverci, è molto utile. Non bisogna avere il timore di consultare un professionista se le sensazioni sono diventate un handicap giornaliero. L’obbiettivo è stare bene con se stessi.

“Non posso fare a meno di te”

gelosia-5Bisogna trovare il giusto equilibrio col partner sin da subito. E qui, torniamo alla sintesi che ho fatto. Un eccessivo attaccamento è claustrofobico per entrambi e si può trasformare in una vera e propria dipendenza. Così come ogni persona non può fare a meno di una sostanza in egual modo non riesce ad allontanare la dolce metà. Arriva la paura di sentirsi abbandonati, soli, incapaci ad agire nel mondo. Questo è quel che ho provato, e che spesso si prova nei primi amori. Le conclusioni le paghiamo sulla nostra pelle, ma se vogliamo lasciarla intatta impariamo ad avere più fiducia in noi stessi.

5. “Mi tradisce, tradisce, tradisce”

Il pensiero ossessivo può diventare una malattia. Alimentare le paure e rendersi conto che l’ immaginazione non si riesce a controllare è un problema che va risolto il prima possibile. Non occorre farsi del male, ogniqualvolta abbiamo timore di essere traditi o la gelosia ci dilania nell'animo, fermiamoci. Cerchiamo di concentrarci su qualcos’altro, ad esempio, su quanto siamo esseri speciali e desiderati dalla persona che ora non è in casa ma ci ama immensamente e non vede l’ora di tornare per baciarci. Ecco cosa sono arrivato a pensare per vivere la mia relazione con più serenità. E voi?

luca-mordenti

 

di Luca Mordenti

 
 
 
Continua...

Apatia non portarmi via!

Troppe volte mi sono dato la definizione di “pigro”, ignorando un pericolo più grande.

apatia-ragazzaAvevo perso tutto l’entusiasmo di questo mondo: il lavoro era noioso, non uscivo più con gli amici e i sogni rientravano pian piano nel cassetto. L’amore per la vita l’avevo smarrito, stavo diventando vittima dell’apatia.

Davvero una brutta bestia. Ci si sente spenti, scarichi, senza una minima motivazione a svolgere qualsiasi attività. Il rischio? Possono nascere stati depressivi o altre patologie.

Confesso di essermi informato sulla sensazione, leggendo libri e consultando psicologi. Se oggi ne parlo e ho deciso di scrivere questo articolo è perché ne sono uscito. Così offro con tutto me stesso, a chiunque ne soffra, la mia esperienza.

Partiamo dal fatto che i momenti grigi li passiamo tutti, perciò impariamo ad ascoltare la mente, analizzare il corpo ed entrare in contatto con noi stessi per poter valutare gli stati d’animo.

L’antica Roma

Oggi, nella società in cui viviamo, utilizzare il termine apatia è un connotato negativo. Ma è sempre esistita  e secoli fa sarebbe stato tutto diverso. L’inerzia era considerata una virtù.

La massima aspirazione degli stoici era raggiungere questo stato di pseudo-nirvana: non esaltarsi nè  abbattersi mai. Anche l’evento più negativo avrebbe portato con sé una lezione positiva. L’obbiettivo era rimanere impassibili a tutto.

Significato nel 2017

apatia-ragazza-2Una delle prime cose che ho fatto quando mi sono reso conto di sentirmi strano, forse apatico, sono andato a cercare il significato su Wikipedia. Ed ecco il risultato:

“Condizione caratterizzata da una diminuzione o dall’assenza di qualsiasi reazione emotiva di fronte a situazioni ed eventi della vita di tutti i giorni. Si esprime spesso sotto forma di indifferenza di fronte a situazioni che normalmente dovrebbero suscitare interesse o emozioni, e di inerzia fisica. Il soggetto apatico registra una riduzione dei comportamenti finalizzati, l’assenza di spirito di iniziativa e una quasi totale mancanza di motivazione.”

Sono io, ho pensato. Ed ora che faccio? Perché non mi sorprendo più? Ma sono davvero apatico? Ho deciso di consultare uno psicologo, che dopo avermi fatto faticosamente parlare mi ha illustrato i sintomi principali del disturbo.

DEM i viaggi guidati

La seduta

apatia-5Dico espressamente allo specialista che non ho voglia di lavorare, studiare e fare qualsiasi attività. Non mi interessa uscire e mi piace starmene per conto mio. Sfuggo persino da doveri e responsabilità quotidiane e il mio livello di energia è pari a zero. Chiedo se sono apatico o depresso. Lo psicologo sorride e mi dice che no, non sono depresso e che non occorre iniziare una terapia! Facciamo per lo più una chiacchierata. Feedback finale? Sono un ragazzo disorientato, ho bisogno di punti di riferimento…di sporcarmi le mani.

 La praticità

stare-beneHo deciso di sperimentare ogni giorno qualcosa di nuovo, prendendomi un piccolo spazio di tempo. Come fosse una terapia, la mattina dalle 10 alle 11 mi accendevo, volente o nolente. Un giorno iniziavo a leggere un libro, un altro me ne stavo seduto al bar a confrontarmi con qualcuno e così via.

Pian piano sono riuscito a rendermi conto che la mia vita e le mie giornate cominciavano ad avere un senso diverso. L’abitudine a mantenermi attivo, anche solo facendo due passi, era in grado di darmi qualcosa che il divano non poteva.

Ho iniziato a star meglio. A riprendere in mano vecchi progetti e appassionarmi a nuovi stili musicali, come il jazz. Ho ricominciato a sorprendermi, il sofà lo utilizzavo solo per visioni interessanti in grado di arricchirmi. Per finire, i livelli di energia dopo essersi equilibrati mi hanno spinto molto oltre: avere nuovi obbiettivi da perseguire.

 

Chi l’avrebbe mai pensato?! È bastata una chiacchierata a farmi sporcare le mani. Allo stesso modo vorrei stimolare voi lettori, in queste poche righe, ad agire.

Io sono caduto e non è stato facile rialzarsi, per questo mi sento di dirvi che se state per inciampare, fate attenzione. Pigrizia o apatia? Nel secondo caso intervenite subito e vedrete che, anche se sembra impossibile, tutto diventerà ancora meglio di prima.

luca-mordenti

 

di Luca Mordenti

 
 
 
Continua...

Stacanovisti o troppo dipendenti? Quando il lavoro intossica

In un paese dove la disoccupazione è alta, parlare di dipendenza è provocatorio.

lavorare-troppo-1 Penso in particolare ai miei amici avvocati e commercialisti. Quando organizziamo serate di svago, non ci sono quasi mai, sempre impegnati con il lavoro. Non limitarsi alle ore previste, rientrare a casa senza staccare il cervello e continuare l’attività può diventare un problema, non solo per la salute personale ma anche relazionale. 

Basta osservare gli occhi di chi conduce una vita del genere per rendersi conto che qualcosa non va. Eppure, perdere le amicizie e rischiare di rimanere soli è un dilemma che l’interessato ignora. Forse perché non comprende che il problema, quando sussiste, parte da sè stessi.

Sintomi

lavorare-troppo

Quel che si nota è la tendenza a voler dimostrare di essere migliori di altri, elemento che piano piano entra a farparte di un carattere difficile cambiare. Oppure, cercare di essere riconosciuti dal proprio capo. Ho amici che continuano a dirmi : «Lavoro più del dovuto perché voglio farmi notare». 

Non solo è un’utopia ma il più delle volte la tendenza a strafare diventa abitudine dura a morire. Questi due sintomi sono sufficienti a creare uno status sociale dove si cerca di produrre di più, allearsi con colleghi più potenti e darsi un tono maggiore. Come se in base alla quantità di lavoro svolto si diventi persone migliori.

Quando mi sono trovato ad ascoltare tante argomentazioni del genere, ero sempre terrorizzato.  Un amico avvocato, per esempio, sosteneva di fare il lavoro più bello e difficile del mondo e essere più intelligente e importante di altri.

Ulteriore motivazione a sovraccaricarsi di lavoro era: «Lavoro tanto per non pensare ai problemi». È lo stesso identico processo mentale del “bevo per dimenticare”. Producendo più del dovuto si incorre in un eccessivo sforzo che però nello stesso tempo regala gratificazione al soggetto. I problemi si amplificano, così come la finta soddisfazione da troppo lavoro è in realtà nociva. Solitudine, irritabilità, tensioni famigliari e amorose, sono solo alcune situazioni sgradevoli che non mancheranno.

L’amico ritrovato

felicitàÈ bastato un licenziamento per far luce sul problema, e tornare a passare belle serate in compagnia. Quando, ironicamente, all’amico avvocato è stato chiesto: «Che ci fai qui?» ha risposto che lavorare in quel modo era diventato un problema e ci chiedeva scusa. L’abbiamo trovato diverso dal solito e ci ha confessato di essere stato in terapia e aver imparato la lezione:

«Ero convinto di valere in base al quantitativo di lavoro che svolgevo. Non cessavo mai, nemmeno da casa. Non mi limitavo alle ore di contratto perché ero convinto mi aiutasse a sentirmi una persona migliore. Avevo smesso di fare sport, mi ero lasciato con la ragazza. Per fortuna mi hanno licenziato. La testa è più leggera e sono uscito dall’egoismo. Dopo domani inizio un lavoro da un’altra parte, sarò serio ma nello stesso tempo mi ritaglierò tempo per lo svago.  Lavorerò quando mi si chiede di lavorare ma quel che conta, è star bene, staccare lavoro-vita privata e mantenere i buoni rapporti. La sete di denaro e successo portano a privazioni personali e ansie che non desidero più avere».

 

Non c’è stato alcun tipo di discussione, abbiamo sorriso e dato pacche sulle spalle. Altre birre e frivolezza per tutta la sera. In quel contesto guardando l’amico ritrovato ho scoperto che il lavoro può diventare una dipendenza. E come ogni disturbo, ha dei sintomi. Ovviamente è un problema di cui si parla poco, e che va ben distinto dal sovraccarico imposto da un datore di lavoro, ma è ad ogni modo una status che è meglio evitare per tempo.

La psicologia ne parla chiaro: parte tutto da lacune personali e il problema ha una sua sintomatologia. Ma a raccontarcelo nei dettagli, per ora, è stata un’esperienza di vita. 

di Luca Mordenti

 

 
 
 
Continua...

 

FB  youtubeinstagram

✉ Iscriviti alla newsletter


☝ Privacy policy    ✍ Lavora con noi

Contattaci