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Sono permaloso, qualche problema?

Ammettilo lo sei anche tu! 

Anche se sei brutto. Dai, sto scherzando!Continua a leggere, non ti offendere! Io ci rimango male con molto meno, mi amo troppo, mi sento intoccabile. Vorrei fregarmene invece non è facile, i muscoli della faccia mi si irrigidiscono e accenno un sorriso più finto di una interpretazione di Gabriel Garko. E cerco di vendicarmi come immagino facciano in Onore e Rispetto 15 – la vendetta, sono un libro aperto dalla copertina buffa. Mi si vede lontano un miglio! E più mi dicono che sono permaloso e più me la prendo! Quindi tanto vale riderci su.  

Esistono tre tipologie di permalosi:

autostima

1)    L’intoccabile. «Sono perfetto, non sbaglio mai e vivo le osservazioni fattemi come un costante affronto!»

2)    Faccio schifo «Sono una nullità, è vero … hai ragione a dirmi che sono insignificante. È un’ulteriore conferma che potevi evitare».

3)    Bamboccione. «Io non sono figlio di papà, scherzi? Non mi hanno messo mai su un piedistallo! Perché tu non mi adori e veneri? Io sono Dio, ho tutto e avrò tutto. Perché mi sei passato davanti? Rispetta la fila. Cosa? Mi hai chiamato pariolino, bamboccino? Papà aiuto!!!»

Quel che può sembrare divertente e ridicolo ha alla base un problema principale: l’autostima.

Siamo in constante tensione perché abbiamo bisogno di conferme, interiori ed esteriori. Perché possiamo smascherarci e risultare ridicoli agli altri, che parleranno male di noi e non vorranno più vederci. Ebbene, il film cambia a seconda di chi lo dirige. I permalosi sarebbero ottimi registi con in mano capolavori. Se solo potessimo entrare nelle loro teste tenerezza e compassione ci farebbero piangere. Ma forza e coraggio!

Metodo LATTE

latte-starbucksStarbucks, famosa catena statunitense, negli anni novanta, trovò la soluzione più adatta per far fronte alle critiche. La causa è che molti dipendenti non riuscivano a gestire le pressioni dei clienti insoddisfatti. Crearono così una lista pratica per affrontare ogni situazione.

1.     Ascolta sempre l’interlocutore, magari qualche osservazione può essere utile.

2.     Confrontati, se qualcuno ha una visione differente dalla tua, non è un problema. È un modo per crescere e imparare.

3.     Agisci, se tra il dire e il fare c’è di mezzo il mare, attraversalo. Le nostre azioni e decisioni sono ciò che contano per sentirsi bene. Non lasciarti mai intimorire da chi proverà ad ostacolarti.

4.     Ringrazia chi ti critica, se è una giusta affermazione impariamo, se è infondata affermiamo la nostra posizione.

5.     Spiega senza trovare scuse. utilizzarlo come l’ultima delle nostre carte, qualora se ne presenti la necessità.

Le piccole regole hanno totalmente cambiato il servizio dell’azienda americana, contribuendo a renderlo tra le tante cose, uno dei più famosi franchise del mondo.

Lasciate a casa la vostra permalosità e confrontatevi col mondo, non potete far altro che accrescere la personalità. Non abbiate paura di andare oltre i limiti! Non esistono! Come sosteneva Rudolf Steiner :

Tutti abbiamo bisogno di imparare e chi critica crede di aver imparato già tutto.

Allora, sai che c’è? Non ho paura, critica pure.    

luca-mordenti

 

di Luca Mordenti

 

 
 
 
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Come si chiama? Non ricordo!

Mi è capitato più di una volta di conoscere una persona e, subito dopo, dimenticare il suo nome.

ricordare-1Scommetto al 100%  di non essere il solo. Se siete ad una festa e vi presentano cinque persone, quanti nomi vi ricordate il giorno dopo? Il risultato è alquanto imbarazzante e non valgono scuse tipo "sono una frana nel ricordare!"

È decisamente antipatico essere riconosciuti e chiamati per strada senza poter replicare il saluto. Mi succede spesso.

«Ciao bello!» e non appena voltato l’angolo: «Come c***o si chiama?»

Tutto ciò che occorreva era un poco di concentrazione. Dove sta, ogni volta, la mia testa? Per ovviare al problema ho elaborato alcuni trucchetti che voglio condividere con voi.

La volontà. Il primo passo è decidere di voler ricordare un nome, ancora prima che venga pronunciato.

Ripetere. Cogliere ogni occasione per tenerlo a mente. Ad esempio «Di cosa hai detto che ti occupi Mario?».

L’immagine. Un altro trucco che sicuramente ci è già stato insegnato è l’associazione nome-figura. Non deve essere necessariamente collegato al “significato”  ma l’importante è immaginare una situazione buffa. Il nostro nuovo amico Mario, possiamo ricollegarlo al super idraulico del noto videogioco, mentre magari schiaccia funghi giganti. Se abbiamo poca fantasia, nessun problema. Alternativa valida è associare il nome della persona con qualcosa che faccia rima. Ad esempio, Marcello – Castello.

Lo spelling. È un metodo infallibile, consiste nel visualizzare il nome lettera per lettera. Se ci hanno appena presentato qualcuno possiamo cogliere l’occasione per far viaggiare la mente e osservare le lettere ruotare sopra la testa o appese ad un collana che indossa.

Nome-attività. Conoscere lavoro o hobby di una persona, è tattico. Se dimentichiamo il nome, possiamo associarlo all’attività e il gioco è fatto.
 

Scrivere. Il più banale ma il più efficace. Appuntiamo ( di soppiatto) l’identità sullo smartphone.

Come ti chiami?. Non faremo senz’altro una bella figura ma piuttosto che ritrovarsi a ricordare un nome che non ci sovviene, approfittiamo della serata per domandarlo di nuovo. Se magari è passata qualche ora di chiacchiera, e siamo in imbarazzo, dopo aver fatto un complimento, non dobbiamo aver paura di chiedere . Ad esempio: «Mi hai raccontato un sacco di cose che non conoscevo, grazie. Ma ho un vuoto, mi puoi ripetere il tuo nome?»

ricordare-nomiL’amico. Se incontriamo una persona e non ricordiamo come si chiama, ma non siamo soli, ancor prima che ci saluti, presentiamogli il nostro amico. Molto probabilmente si stringeranno la mano, o per lo meno pronunceranno i nomi.

Ascolta. Se non abbiamo una grossa autostima, può capitare che l’attenzione sia rivolta a noi, dimenticandoci di chi abbiamo davanti. Magari temiamo di dire una cosa sbagliata o apparire negativamente. Un metodo efficace è trovare una connessione. Un vero dialogo necessita ascolto e la giusta attenzione per far sì che si  l’incontro venga ricordato.

Queste strategie non solo si possono applicare per non dimenticare i nomi ma anche in altri contesti. Sceglietene un paio e provate. Io ho sperimentato la numero tre e quattro.

Ho avuto ottimi risultati. Ricordo perfettamente il suo nome e come cavalcava l’asino a Piazza di Spagna con in mano una spada di cartone, sotto le risa dei turisti . E forse anche le mie.

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di Luca Mordenti

 
 
 

 

 

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Chi ti credi di essere?

Ciò che gli altri vedono non sempre è ciò che sei.

Giulio Cesare Giacobbe, noto psicologo e scrittore italiano, la definisce “autoimmagine”. Si tratta di quel che riteniamo di essere a livello inconscio, dunque nello strato più profondo e apparentemente impenetrabile di noi stessi.

È come se custodissimo uno specchio interiore e anziché prendere coscienza dell’immagine che vediamo al di fuori ci identificassimo con quella (erronea) riflessa dentro di noi. Ciò può comportare sintomi diffusi e invalidanti come attacchi di panico, stati ansiosi permanenti, paura generalizzata non motivata, depressione e cosi via.

Sono circa dieci milioni gli italiani che ne soffrono. Per molti, la sensazione di panico ha rappresentato un evento isolato. Nel cinquanta percento dei casi, invece, l’episodio si è trasformato in una vera e propria malattia caratterizzata da attacchi ripetuti e fobie d’ogni genere.

Secondo Giacobbe, le tre personalità principali all’interno della psiche dell’essere umano sono il bambino, l’adulto e il genitore. Ad esse corrispondono, ovviamente, altrettanti modelli comportamentali.

Quel che spesso accade è che l’evoluzione biologica non coincide con quella psicologica e di conseguenza esistono individui che pur essendo fisicamente adulti hanno un’autoimmagine infantile. Si tratta di una vera e propria sindrome che porta uomini e donne a comportarsi in tutto e per tutto come bambini.

In questi soggetti sono ben visibili i caratteri della dipendenza e della paura tipici dei primi anni di vita. È proprio il conflitto tra la personalità adulta inespressa e quella infantile eccessivamente sviluppata e dominante, a creare le suddette patologie.

La soluzione non sta nella cura del sintomo ma nella rimozione della causa che lo origina. Attraverso la psicoterapia evolutiva, il dottor Giacobbe è in grado di riequilibrare la situazione, mettendo i suoi pazienti nelle condizioni di sviluppare anche la personalità genitoriale.

Attraverso un lavoro mirato, l’adulto comincia finalmente a vedersi come tale e i malesseri spariscono, non avendo più motivo di esistere. Questa geniale intuizione sta permettendo a un numero crescente di persone di diventare protagoniste della propria esistenza, anziché esserne vittime.

 

C’è anche un altro approccio, tuttavia, che da qualche anno a questa parte sta riscuotendo notevole successo. Apparentemente tra i due non c’è correlazione, ma analizzandoli in maggior dettaglio emergono elementi comuni.

Il valore dell’identità.

Italo Pentimalli, autore del best seller “Il Potere del Cervello Quantico”, sostiene che se la nostra identità non è in linea con le ambizioni, non raggiungeremo mai gli obiettivi che ci siamo prefissati. Questo perché il cervello, per coerenza, saboterà i nuovi progetti al fine di confermare l’idea che abbiamo di noi stessi. È una forma di difesa, se vogliamo.

Anche in questo caso, quindi, è l’immagine che vediamo riflessa nel nostro specchio interiore a fare la differenza. Se ad esempio pensiamo di non essere in grado di metterci in proprio, perché i nostri programmi mentali dicono che il rischio di fallimento è troppo alto, è inutile provare ad aprire un’attività.

Qualora lo facessimo, infatti, il cervello farebbe di tutto per dimostrare che le sue convinzioni sono corrette e ci indurrebbe a fare delle scelte che comprometterebbero il buon esito delle iniziative intraprese. È un fatto fisico, scientificamente dimostrato.

L’unico modo per perseguire la propria felicità, dunque, è trasformare ciò che vogliamo in ciò che siamo. Se il nostro desiderio, tornando all’esempio precedente, è quello di diventare imprenditori di successo, è bene assumere quel tipo di personalità.

A quel punto il cervello, seguendo il solito meccanismo di coerenza, comincerà a fornirci prove confortanti. Il risultato sarà inevitabilmente il successo, non potrebbe essere altrimenti. Da qui la necessità di guardarsi allo specchio (interiore), prendere coscienza di quel che vediamo e qualora ciò non fosse in linea con quello a cui aspiriamo, lavorare incessantemente per acquisire l’identità desiderata.

Autoimmagine e identità: due facce della stessa medaglia.

Quanto tempo impieghiamo a guardarci allo specchio? E quando lo facciamo, siamo capaci di analizzare obiettivamente quel che vediamo? Siamo sicuri che dentro di noi non ci sia un intruso, un ospite indesiderato che ci scombina tutti i piani condannandoci all’infelicità?

Nel corso degli anni abbiamo sviluppato una sorprendente capacità di lamentarci per tutto ciò che non funziona nella nostra vita. Ci siamo convinti che quando le cose non vanno è il caso di insistere e spingere ancora di più sull’acceleratore, oppure semplicemente mollare.

Nessuna delle due soluzioni, tuttavia, può portarci nella direzione giusta. Ora, grazie a questi nuovi strumenti, sappiamo dov’è che bisogna intervenire e che la causa delle nostre pene siamo noi stessi.

Giulio Cesare Giacobbe, Italo Pentimalli e altri esperti del settore hanno sviluppato ciascuno le proprie tecniche per aiutare le persone ad avere maggiore consapevolezza di sé e procedere verso un orizzonte di felicità. Spesso, per autodifesa, tendiamo a giudicare negativamente tali approcci, etichettandoli come inutili sciocchezze.

Ma è proprio quando siamo troppo sicuri di qualcosa che dovremmo cominciare a dubitare, perché le nostre errate convinzioni sono la peggiore malattia di cui potremmo mai soffrire. Il consiglio è quello di aprire la porta alla conoscenza e concederci il tempo necessario per raccogliere i frutti.

Non abbiamo davvero nulla da perdere.

 

di Giovanni Antonucci

autore del romanzo "Veronica Fuori Tempo"

 

 

 
 
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