Chi ti credi di essere?

Ciò che gli altri vedono non sempre è ciò che sei.

Giulio Cesare Giacobbe, noto psicologo e scrittore italiano, la definisce “autoimmagine”. Si tratta di quel che riteniamo di essere a livello inconscio, dunque nello strato più profondo e apparentemente impenetrabile di noi stessi.

È come se custodissimo uno specchio interiore e anziché prendere coscienza dell’immagine che vediamo al di fuori ci identificassimo con quella (erronea) riflessa dentro di noi. Ciò può comportare sintomi diffusi e invalidanti come attacchi di panico, stati ansiosi permanenti, paura generalizzata non motivata, depressione e cosi via.

Sono circa dieci milioni gli italiani che ne soffrono. Per molti, la sensazione di panico ha rappresentato un evento isolato. Nel cinquanta percento dei casi, invece, l’episodio si è trasformato in una vera e propria malattia caratterizzata da attacchi ripetuti e fobie d’ogni genere.

Secondo Giacobbe, le tre personalità principali all’interno della psiche dell’essere umano sono il bambino, l’adulto e il genitore. Ad esse corrispondono, ovviamente, altrettanti modelli comportamentali.

Quel che spesso accade è che l’evoluzione biologica non coincide con quella psicologica e di conseguenza esistono individui che pur essendo fisicamente adulti hanno un’autoimmagine infantile. Si tratta di una vera e propria sindrome che porta uomini e donne a comportarsi in tutto e per tutto come bambini.

In questi soggetti sono ben visibili i caratteri della dipendenza e della paura tipici dei primi anni di vita. È proprio il conflitto tra la personalità adulta inespressa e quella infantile eccessivamente sviluppata e dominante, a creare le suddette patologie.

La soluzione non sta nella cura del sintomo ma nella rimozione della causa che lo origina. Attraverso la psicoterapia evolutiva, il dottor Giacobbe è in grado di riequilibrare la situazione, mettendo i suoi pazienti nelle condizioni di sviluppare anche la personalità genitoriale.

Attraverso un lavoro mirato, l’adulto comincia finalmente a vedersi come tale e i malesseri spariscono, non avendo più motivo di esistere. Questa geniale intuizione sta permettendo a un numero crescente di persone di diventare protagoniste della propria esistenza, anziché esserne vittime.

 

C’è anche un altro approccio, tuttavia, che da qualche anno a questa parte sta riscuotendo notevole successo. Apparentemente tra i due non c’è correlazione, ma analizzandoli in maggior dettaglio emergono elementi comuni.

Il valore dell’identità.

Italo Pentimalli, autore del best seller “Il Potere del Cervello Quantico”, sostiene che se la nostra identità non è in linea con le ambizioni, non raggiungeremo mai gli obiettivi che ci siamo prefissati. Questo perché il cervello, per coerenza, saboterà i nuovi progetti al fine di confermare l’idea che abbiamo di noi stessi. È una forma di difesa, se vogliamo.

Anche in questo caso, quindi, è l’immagine che vediamo riflessa nel nostro specchio interiore a fare la differenza. Se ad esempio pensiamo di non essere in grado di metterci in proprio, perché i nostri programmi mentali dicono che il rischio di fallimento è troppo alto, è inutile provare ad aprire un’attività.

Qualora lo facessimo, infatti, il cervello farebbe di tutto per dimostrare che le sue convinzioni sono corrette e ci indurrebbe a fare delle scelte che comprometterebbero il buon esito delle iniziative intraprese. È un fatto fisico, scientificamente dimostrato.

L’unico modo per perseguire la propria felicità, dunque, è trasformare ciò che vogliamo in ciò che siamo. Se il nostro desiderio, tornando all’esempio precedente, è quello di diventare imprenditori di successo, è bene assumere quel tipo di personalità.

A quel punto il cervello, seguendo il solito meccanismo di coerenza, comincerà a fornirci prove confortanti. Il risultato sarà inevitabilmente il successo, non potrebbe essere altrimenti. Da qui la necessità di guardarsi allo specchio (interiore), prendere coscienza di quel che vediamo e qualora ciò non fosse in linea con quello a cui aspiriamo, lavorare incessantemente per acquisire l’identità desiderata.

Autoimmagine e identità: due facce della stessa medaglia.

Quanto tempo impieghiamo a guardarci allo specchio? E quando lo facciamo, siamo capaci di analizzare obiettivamente quel che vediamo? Siamo sicuri che dentro di noi non ci sia un intruso, un ospite indesiderato che ci scombina tutti i piani condannandoci all’infelicità?

Nel corso degli anni abbiamo sviluppato una sorprendente capacità di lamentarci per tutto ciò che non funziona nella nostra vita. Ci siamo convinti che quando le cose non vanno è il caso di insistere e spingere ancora di più sull’acceleratore, oppure semplicemente mollare.

Nessuna delle due soluzioni, tuttavia, può portarci nella direzione giusta. Ora, grazie a questi nuovi strumenti, sappiamo dov’è che bisogna intervenire e che la causa delle nostre pene siamo noi stessi.

Giulio Cesare Giacobbe, Italo Pentimalli e altri esperti del settore hanno sviluppato ciascuno le proprie tecniche per aiutare le persone ad avere maggiore consapevolezza di sé e procedere verso un orizzonte di felicità. Spesso, per autodifesa, tendiamo a giudicare negativamente tali approcci, etichettandoli come inutili sciocchezze.

Ma è proprio quando siamo troppo sicuri di qualcosa che dovremmo cominciare a dubitare, perché le nostre errate convinzioni sono la peggiore malattia di cui potremmo mai soffrire. Il consiglio è quello di aprire la porta alla conoscenza e concederci il tempo necessario per raccogliere i frutti.

Non abbiamo davvero nulla da perdere.

 

di Giovanni Antonucci

autore del romanzo "Veronica Fuori Tempo"

 

 

 
 

 

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