Libertà di espressione o libertà di insulto?
Negli ultimi anni, causa esplosione dei social network, si fa un gran parlare di libertà d’espressione.
Da troppo tempo ormai anche un insulto viene confuso con possibilità di dire la propria. Un’offesa scritta sotto un post, senza pensarci troppo, viene minimizzata.
È così facile chiudere quella finestra virtuale: una ics e laviamo via odio e rancori per reindossare la maschera della brava persona.
Ma purtroppo sappiamo benissimo che quella manciata di battute possono avere conseguenze ben più gravi di un fastidio momentaneo.
Il caso Germania
Nessun Paese europeo si è ancora pronunciato in maniera chiara sull’argomento sicurezza digitale, tranne la Germania. Il governo tedesco si è dimostrato molto attento alla tutela degli utenti, presentando un progetto di legge specifico: multe fino a cinquanta milioni di euro per le piattaforme che non si siano impegnate abbastanza nel controllo di notizie false e contenuti inopportuni (incitamento all’odio e simili).
La proposta di legge
Heiko Mass, Ministro della Giustizia, pone l’accento sulla velocità d’intervento. Numerosi contenuti rimangono disponibili sul
web per troppo tempo, quando la loro diffusione risulta ormai inarrestabile (vedi i casi di suicidi in diretta che Facebook non è riuscito a bloccare).
Leggi anche: Parto o suicidio, basta che sia in diretta
Il politico richiederebbe infatti un preciso limite di tempo entro il quale il post deve essere cancellato: da uno a sette giorni in base alla gravità . Altro punto molto interessante, che risolverebbe il problema tempestività? Un referente territoriale che si possa raggiungere con facilità in caso d’urgenza, un responsabile per i reclami individuato dalle piattaforme stesse. Sono previste multe fino a cinque milioni anche per l’incaricato, nel caso in cui non dovesse svolgere bene il suo lavoro.
«La libertà di espressione protegge anche espressioni ripugnanti e brutte… Anche una bugia può essere coperta dalla libertà di espressione» afferma Mass. La Germania è stata infatti il primo Paese ad avvalersi di un’organizzazione esterna che si batte contro le bufale su Facebook e anche altre piattaforme come Google e Twitter avevano stipulato un accordo reciproco contro l’hate speech ( i commenti irrispettosi e gli insulti online).
Forse si comincia a dare alle parole la giusta importanza. Non si sa mai in che modo si possa ledere la persona e certamente va fatto un lavoro ampio e approfondito. E non circoscritto ad un’unica nazione.
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Sono consapevoli che non c’è bisogno di essere vestite in maniera particolarmente vistosa per ricevere un complimento in mezzo alla strada. Ci sono momenti in cui certi tipi di attenzioni possono anche far piacere, semplicemente per cancellare i complessi sul
un’intera giornata a New York, dalle più soft a quelle maggiormente fastidiose . E aveva addosso solo un semplice jeans. Risultato?
Filippo Cogliandro
‘ndrangheta. Crescere in un territorio simile segna e costringe a fare una scelta. Cogliandro ha deciso di schierarsi anima e pentole a favore della legalità. La mafia è ormai da tempo infiltrata nel settore della gastronomia e il locale L’A Gourmet è diventato punto di riferimento e baluardo della lotta contro la criminalità. Filippo ha adesso spostato il ristorante nel centro di Reggio Calabria, capoluogo in cui la 'ndrangheta è fortemente radicata.
Filippo mette in luce un concetto importante: per combattere la 'ndrangheta non serve parlarne. La mentalità mafiosa si fronteggia con l’arte, la cultura, la storia, la cucina. Si deve dirottare la comunicazione su argomenti diversi.«Il sud sembra utile solo a far emanare proclami per interventi straordinari, a scopo elettorale, che non arrivano mai e, quando arrivano, non raggiungono l'obiettivo previsto».