Prima dei diari di viaggio on the road, di Myspace, di Wordpress.
All’epoca in cui era impossibile per le donne girovagare da sole, quando le convenzioni sociali pesavano come un macigno, c’era lei: Annie "Londonderry" Kopchovsky. La ragazza ventitreenne che, il 25 giugno del 1894, partì da Boston dando inizio a un’impresa fino a quel momento tentata solo dagli uomini: il giro del mondo in bicicletta.
L' ebrea di origine lituane, trasferitasi dagli Stati Uniti con la famiglia, sposata e madre di tre figli, venne a conoscenza di una scommessa bizzarra. Un gruppo di giovani gentiluomini upperclass statunitensi sostenevano che nessuna donna potesse ripetere l’impresa di Thomas Stevens, ciclista che dieci anni prima aveva percorso 21.700 km in bici attorno al globo. La Kopchovsky prende come una sfida la proposta dal fare un po’ misogino e parte per un’avventura che la renderà famosa di continente in continente.
Due ruote e cinque centesimi al giorno

La testarda viaggiatrice non era mai salita su una bici prima di allora. Prende così poche ore di lezione e parte da Boston con destinazione New York. Quel giorno, una folla di 500 persone riunitasi di fronte alla Massachusetts State House accompagna la sua partenza. Poche regole: completare il giro del mondo in quindici mesi partendo solo con i vestiti che indossa. Sono concessi solo cinque centesimi al giorno per le spese. Annie dovrà infatti procurarsi da sola i proventi per sostentarsi, senza nessun finanziamentp. Ulteriori prerogative sono parlare esclusivamente lingua inglese, registrarsi in punti precisi e procurarsi ricevute di vari consoli americani che attestino il raggiungimento delle tappe.
Perché Londonderry?
Parigi, Gerusalemme, Singapore, Chicago. Annie percorrerà 15.455 km (se si contano i tratti via mare si parla di un totale di 41.841 km).
Il primo introito arriva da una ditta di acque minerali chiamata appunto Londonderry. L’azienda le chiede infatti di esporre una targa pubblicitaria sulla ruota posteriore della bicicletta. Annie, grazie alla sua iniziativa e alla previa esperienza come venditrice di spazi pubblicitari sui quotidiani di Boston, diventerà il brand di sé stessa. Venderà fotografie autografate, terrà conferenze a tema, distribuirà volantini e incanterà le folle con esibizioni di ciclismo. Diventa insomma una vera e propria icona, seguita dall’universo femminile mondiale che vede in lei il riscatto da etichette e convenzioni. La dimostrazione che, una donna, quando si mette in testa una cosa, è impossibile da fermare.
Una bici corre più veloce di un pregiudizio
Una Columbia da 19 kg è il mezzo con cui Miss Londonderry inizia il suo viaggio, indossando una gonna lunga con giacchetta e camicia. Chiaramente ha poca libertà di movimento, finendo per scegliere di vestire un completo da ciclista maschile anziché gli ingombranti abiti vittoriani. Un evento scandaloso per quei tempi. Infine cambierà anche mezzo, optando per una Sterlyng, bicicletta da uomo, del peso di 9 kg sprovvista di freni.
Quando non trova un albergo o alloggio in una casa, dorme all’aperto o nei fienili, passando persino una notte in un cimitero. Se non riesce a fare tre pasti regolari, si nutre di sole mele.
Il viaggio di Annie tuttavia non è privo di critiche. Le malelingue dei signorotti arrivano ad affermare: «Non può essere una donna, sarà un eunuco travestito». Ma, in barba a qualsiasi giudizio, la globetrotter si guadagna le prime pagine dei giornali, dagli Stati Uniti all’Europa e viene celebrata in tutto il mondo. Rientrerà a Chicago il 2 settembre del 1895, con quattordici giorni di anticipo rispetto alla scadenza pattuita.
La sua storia viene raccontata non solo nel libro Il giro del mondo in bicicletta, la straordinaria avventura di una donna alla conquista della libertà scritto dal pronipote Peter Zheutlin ma anche nel documentario A new woman, Annie Londonderry del filmmaker Gillian Klemper Willman.
Le dichiarazioni di questa persona straordinaria, che ha portato un po’ più in là l’emancipazione femminile a suon di pedalate, è di ispirazione ancora oggi: «Sono una donna nuova e questo significa che adesso sono in grado di fare qualsiasi cosa faccia un uomo».

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Chi ricorda una favola in cui la protagonista è una donna e soprattutto non è una principessa? Di quelle che sospirano e languono nell’attesa che arrivi l’amato a sciogliere l’incantesimo o tirarle fuori dalla torre? Nella maggioranza delle narrazioni tradizionali le donne hanno sempre un ruolo passivo e poco incline all’autodeterminazione.
meravigliosamente illustrate da cento artiste che celebrano donne straordinarie: da Frida Kalho a Elisabetta I, da Rita Levi Montalcini a Serena Williams, personalità che hanno portato alla rottura di numerosi stereotipi di genere, eccellendo nel loro campo. La trovata è di Elena Favilli e
«Lavoriamo nel mondo dei media per i più piccoli da cinque anni e vediamo ogni giorno in prima persona quanto i libri per bambini propongano storie ancora imbevute di stereotipi di genere» aggiunge Francesca Cavallo, co-fondatrice e direttrice creativa di Timbuktu. «I genitori non hanno molta scelta, ma la maggior parte di loro sono preoccupati e vogliono far crescere i propri bambini a contatto con storie che propongano modelli femminili moderni. È per loro che stiamo creando questo libro».
Chi preferisce il classico itinerario da
profonda voglia di riscatto. Nel caso di Praga, al prezzo di dieci euro, si può essere portati nelle vie dve dilaga la prostituzione, nei quartieri al più alto tasso di traffico di droga, sotto i ponti dove si consumano vite inaspettate. Come Vaclav, che vive sotto Hlavka Bridge, insieme al cane Astor e alla sua incredibile collezione di tazze. La sua regola? Mai essere troppo sporchi e avere sempre un materasso su cui dormire.
Iniziative di questo genere non solo danno ai senzatetto la possibilità di ripartire con un’attività professionale ma, grazie ad entrate assicurate, a ricostruisi una vita più dignitosa. L’obiettivo è regalare una visione alternativa dei senza fissa dimora, il più delle volte guardati con sospetto e fastidio (atteggiamento che li rende ancora più emarginati). Chiaramente l’operazione non risulta del tutto priva di rischi. Qualcuno potrebbe vederla come una specie di