Ognuno, a suo modo, è ricco
Ciascuno di noi, infatti, detiene una qualche forma di valore, materiale e non, inteso come risorsa in grado di innescare un circolo virtuoso di sviluppo.
Può trattarsi, banalmente, di denaro, di specifiche competenze professionali o … del proprio tempo. Per dare un senso e una direzione allo scorrere della quotidianità è necessario fare, destreggiarsi tra una pluralità di azioni concrete. Lavorare, occuparsi delle faccende domestiche, rispettare regole di comportamento (scritte e non). Solo così possiamo andare avanti come individui, e garantire, al tempo stesso, un ordine e una corretta “manutenzione” della vita comunitaria.
Tuttavia, ciascuno di questi gesti richiede un investimento, ovvero ci “costa” qualcosa in termini di energie fisiche e mentali, e ci costringe a dedicargli una fetta più o meno cospicua della giornata. Partendo da questa considerazione, apparentemente scontata ma in realtà fondamentale, ha preso vita il baratto amministrativo, un’iniziativa finalizzata a consentire ai cittadini di onorare i propri doveri verso la comunità in modo equo e sostenibile.
Di cosa si tratta?
L’onda lunga della crisi ha lasciato dietro di sé una nutrita schiera di vittime, composta da imprenditori e lavoratori. C’è chi ha dovuto chiudere la propria attività per l’insolvenza dei debitori e chi aveva un buon impiego e l’ha perso perché il mercato ha cominciato ad andar male.
Così, pagare le tasse è diventato sempre più difficile … e magari sono cominciate a fioccare le cartelle esattoriali. Il punto però è che questo non ha comunque, spesso, consentito alle istituzioni di incassare gli importi dovuti. Che fare allora? Come conciliare l’esigenza di avere conti pubblici in ordine con la necessità di non vessare i cittadini chiedendo uno sforzo superiore alle loro forze? Al quesito ha provato a rispondere il Decreto Sblocca Italia (legge 133 del 2014).
Il provvedimento ha attribuito ai comuni il potere di dettare regolamenti ad hoc finalizzati a consentire ai cittadini colpiti da morosità incolpevole (ovvero, che non riescono a pagare le imposte locali per cause di forza maggiore) di estinguere il proprio debito attraverso interventi di riqualificazione del territorio.
Singolarmente o in gruppo, i contribuenti insolventi possono presentare al comune di appartenenza progetti riguardanti “la pulizia, la manutenzione, l’abbellimento di aree verdi, piazze, strade, ovvero interventi di decoro urbano, di recupero e riuso, con finalità di interesse generale, di aree e beni immobili inutilizzati, e in genere la valorizzazione di una limitata zona dello spazio urbano o extraurbano”.
Il baratto amministrativo è uno strumento a cui i cittadini indebitati possono ricorrere solo per finestre temporali circoscritte, e condizionate al tipo di tassa da saldare, e all’attività di lavoro socialmente utile da svolgere. Criteri, questi, che devono essere fissati dal singolo comune.
Chi ha aderito?
L’ultimo ente locale, in ordine di tempo, è stato Vobarno (Brescia), che, con una delibera di giunta dello scorso maggio, ha deciso di confermare per quest’anno e per il prossimo la possibilità di estinguere eventuali tributi pendenti (Tari, Tasi, Imu, Tosap, ecc) beneficiando del baratto amministrativo.
Così, chi è disoccupato o in cassa integrazione, chi ha dovuto liquidare a propria azienda o chi ha problemi economici derivanti da malattia o infortunio, può scegliere di pagare i propri debiti verso il Comune, per un ammontare massimo di 225 euro, occupandosi degli spazi verdi pubblici, o, ad esempio, pulendo le strade.
Vobarno ha deciso di adottare il baratto amministrativo per promuovere il senso civico e rafforzare il senso di responsabilità e appartenenza alla comunità da parte dei cittadini. “Il lavoro socialmente utile prestato vale 7,5 euro l’ora e va a compensare i tributi non saldati in base al tempo complessivamente dedicato alla riqualificazione urbana”. Così Ilenia Zani, assessore a Bilancio e Politiche Scolastiche del centro bresciano.
La dignità umana non ha prezzo, e nessuno dovrebbe perderla per un debito, quale che sia la sua entità. Il cittadino ha il dovere di concorrere alla vita della collettività, ma tocca allo Stato consentirgli di farlo in base alle proprie possibilità. Che il baratto amministrativo possa aprire una nuova fase del rapporto tra istituzioni e contribuenti?




È questo il mix che, negli ultimi anni, spinge sempre più pensionati nostrani a mollare tutto e iniziare una nuova vita all’estero. Tra le mete preferite, Romania, Bulgaria, Portogallo e Tenerife. Che succede però se sono anziani turisti stranieri a trasferirsi qui, magari scegliendo una piccola e raccolta realtà meridionale? Per rispondere basta osservare quanto sta accadendo a Irsina, comune lucano situato sulla collina materana.
Irsina, famoso per la Madonna lignea di Sant’Eufemia attribuita da alcuni a Mantegna, si chiamava Montepeloso fino al 1895. Il comune lucano affonda le sue radici nell’antichità: fu importante sia per i Greci che per i Romani, e rappresentò a lungo una terra di passaggio. Durante il Medioevo venne fortificato, e in seguito se lo contesero le famiglie italiane più ricche. 
“I fattori all’origine del ripopolamento sono molteplici: il paesaggio in primis, visto che gran parte del territorio comunale è vincolato. Molto importanti, peraltro, sono l’atmosfera conviviale, il cibo e l’arte”. A fare il punto è Nicola Massimo Morea. 
Questa frase, che è diventata anche il titolo di un libro, rappresenta, al netto di luoghi comuni e aforismi degni dei baci Perugina, una mezza verità. Per riscattarsi, per voltare pagina e dare inizio a una nuova stagione della propria vita sono decisive spinta individuale e tenacia incrollabile, ma queste finiscono per essere un arto monco, se non sono supportate, alimentate e incoraggiate, da una robusta rete relazionale.
Il progetto, che è dislocato su tutto il territorio regionale, si basa su un numero verde (800.33.43.43) attivo 24 ore su 24, 7 giorni su 7. Inizialmente InOltre ha intercettato essenzialmente le richieste di aiuto dei piccoli imprenditori, essendo il Veneto una terra di aziende a conduzione familiare, nel tempo però, il bacino d’utenza si è gradualmente trasformato.
Il numero verde è gestito da un gruppo di psicologi che possiedono un solido know how economico; fondamentale è la gestione del primo contatto, in quanto, nell’arco di una manciata di minuti, è necessario valutare il grado di disagio espresso da chi sta chiamando, il livello di pericolosità della situazione in cui si trova, e agire di conseguenza.
InOltre si basa quindi su una visione completamente nuova di welfare, “che mira a rimettere in circolo e in sinergia le risorse migliori di un territorio e di una comunità: per questo cerca sempre lo sviluppo del lavoro di rete tra i servizi, a partire dalle associazioni di categoria, Caritas e altre realtà del privato sociale, i sindacati, le associazioni di risparmiatori, le forze dell’ordine”. Così lo staff del numero verde.
Nelle scorse settimane InOltre ha reso noti i dati relativi ai casi gestiti nel periodo compreso tra giugno 2012 e gennaio 2017. Il numero complessivo delle chiamate è stato 3347; spesso, ad alzare la cornetta, sono le donne che appartengono alla rete familiare della persona con difficoltà economiche. Emerge quindi l’importanza della figura femminile nell’individuare il momento di “rottura”, quello in cui il marito/compagno/fratello subisce il massimo del disagio, e chiedere aiuto all’esterno, gettando le basi del recupero del rapporto con la collettività.