I gesti che scandiscono il quotidiano sono solo apparentemente banali
In realtà parlano di noi, e dicono moltissimo. Indicano con chiarezza cosa ci piace e cosa no, descrivono il nostro carattere, e, a uno sguardo d’insieme, suggeriscono quali sono gli obiettivi che ci prefissiamo.
Fare la spesa è una delle azioni che compiamo più spesso. Talvolta il nostro approccio è assolutamente meccanico e inconsapevole. Così, ci facciamo condurre, per inerzia, dalla forza dell’abitudine. Eppure, il semplice gesto di acquistare qualcosa innesca una serie di conseguenze, sia nel nostro microcosmo, che “nell’ecosistema” in cui opera l’azienda produttrice. I due rappresentano infatti i poli di una pila: solo se collocati nella posizione corretta possono essere efficaci e incisivi.
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Ciò rende necessario l’intervento di un soggetto terzo, una sorta di ponte, capace di far dialogare imprese e consumatori ottimizzando le risorse (umane e materiali) esistenti. GS1 Italy è un’associazione senza scopo di lucro che può essere annoverata tra questi mediatori.
“Apparteniamo a un consorzio presente in 112 Paesi. Siamo quelli del codice a barre, strumento utilizzato in 150 nazioni e che unisce un milione e mezzo di imprese. Questo è stato ideato 40 anni fa per risolvere il problema delle code alle casse, evitare le inefficienze e attivare processi di ricerca di mercato decodificando le richieste dei consumatori”. Così Marco Cuppini, research and communication director di GS1 Italy.
Digitalizzare i prodotti per favorire l’incontro tra domanda e offerta
Negli anni scorsi l’associazione ha lanciato Immagino, servizio finalizzato a rendere disponibili sui supporti tecnologici foto ad alta risoluzione delle merci, come pure tutte le informazioni obbligatorie per legge. Così, si è inserita nel solco tracciato dal Regolamento UE 1169.
GS1 Italy ha assunto un ruolo cruciale nel processo di comunicazione online e offline dei brand, aiutando i consumatori a essere maggiormente consapevoli di ciò che mettono nel carrello. A oggi sono circa 1300 le aziende che hanno aderito al servizio, per un totale di 83mila prodotti monitorati e 600mila immagini prodotte.
Come si informano i consumatori e quali sono i percorsi mentali che determinano gli acquisti?
I due quesiti rappresentano il fulcro del sesto volume della collana de I Quaderni di GS1 Italy pubblicato a giugno scorso. Questo lavoro, frutto di tre ricerche effettuate nel nostro Paese, costituisce uno strumento utile alle aziende della produzione e della distribuzione per ricostruire i meccanismi che regolano la domanda.
La prima delle tre ricerche, effettuata da ADM (Associazione Distribuzione Moderna) in collaborazione con GfK, ha evidenziato che per gli italiani fare la spesa significa essenzialmente raccogliere informazioni atte a valutare la qualità dei prodotti. Per circa la metà delle persone comprare equivale, in un certo senso, a staccare la spina e rilassarsi.
Il secondo studio, messo a punto da GfK su richiesta di GS1 Italy, ha dimostrato che, cercando informazioni a carattere alimentare, gli elementi su cui ci si focalizza maggiormente sono la gradevolezza, la positività e la costruttività del prodotto. Un approccio, questo, che mira a tutelare simultaneamente due dimensioni: quella della salute, e quella familiare.
Il principale luogo di raccolta delle informazioni sulle merci alimentari è il punto di vendita. Qui il consumatore reperisce i dati relativi a scadenza, prezzo, ingredienti, origine e modalità produttive.
Il sesto volume della collana de I Quaderni di GS1 Italy ha messo in luce che oggi, per affermarsi sul mercato, non basta comunicare con il potenziale acquirente. Bisogna farlo in modo approfondito e adeguato. Non è più sufficiente informare: il vero salto di qualità sta nell’interagire in modo appropriato. Insomma, le aspettative dei consumatori in merito a brand ed etichette stanno crescendo. Così, davanti alle aziende di produzione e distribuzione si dischiude una grande opportunità, ovvero, fornire ai clienti anche un contesto in cui collocare i “brutali” dati.
Un acquisto consapevole è una vittoria per tutti. Appaga il consumatore e ottimizza il lavoro dell’azienda. Siamo pronti a utilizzare l’informazione come seme, e non come arma impropria?
Francesca Garrisi




Il Veneto è stato una delle “vittime eccellenti” del tritacarne di cliché che caratterizzano una parte cospicua della comunicazione giornalistica odierna. Così, se un tempo la regione del Nordest veniva rappresentata come case history d’eccellenza, instancabile motore di sviluppo, a seguito della crisi iniziata nel 2008, è stata “declassata" a terra irrimediabilmente martoriata.
E’ nato nell’aprile 2013 per una mia esigenza: trovare uno spazio per le tante notizie del Nordest che non entravano nel giornale, dopo la chiusura delle edizioni locali. All’inizio pubblicavo sporadicamente, ora (più o meno) quotidianamente, ma se avessi il tempo ci sarebbe materiale anche più post al giorno. La questione delle aziende italiane lasciate solo in Libia, con i loro crediti, ad esempio, è diventata un tema ricorrente, e che davvero meritava di essere conosciuto.
Dopo un “picco” d’interesse mediatico in concomitanza con il periodo clou della crisi i riflettori dell’opinione pubblica sembrano essersi spenti sul Nordest: si può dire che il peggio è passato, o piuttosto questo calo di attenzione ha motivazioni “opportunistiche”?
Quali effetti ha comportato la crisi in termine di coesione sociale? Sono emerse realtà, nell’ambito dell’associazionismo , capaci di tenere unite le aziende sane sopravvissute alla tempesta?
In un certo senso, si può dire che chi sceglie questo approccio, sostanzialmente, rinuncia a cambiare davvero lo stato delle cose.
I fondi sono di fatto due, a oggi. Uno nazionale, che ha recentemente visto l’estensione dell’accesso a chiunque abbia aperto un procedimento, trovandosi nelle condizioni di presentare denuncia per i reati previsti dalla legge che lo istituisce. Questo è il vero senso dell’iniziativa: incentivare la segnalazione delle anomalie. Non si tratta “solo” di aiutare chi si trova in crisi di liquidità per dolo di terzi, ma di identificare le storture e legiferare così da bonificare il mercato.
Oltre 40, tra ditte individuali e imprese di discrete dimensioni, si sono rivolte all’associazione. Alcune stanno lentamente uscendo dalla situazione di estrema difficoltà; altre vengono supportate per consentirli di arrivare a una chiusura che salvaguardi le persone e i beni personali, oltre che i creditori. Spesso sono proprio questi ultimi i più soddisfatti: aziende o banche, infatti, apprezzano il lavoro potendone direttamente misurare il risultato.