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Sicuri di avere un'identità?

È successo a tutti, almeno una volta, di chiedersi se siamo ciò che crediamo di essere oppure qualcun altro che ci è estraneo. 

identitàNell’era degli smartphone, con Facebook, Whatsapp e tanti altri social siamo abituati a vedere e condividere immagini e foto. Ogni mattina quando ci laviamo il viso davanti allo specchio, pensiamo: “Eccomi! Sono io”. Il vero enigma non è però l’aspetto esteriore ma la nostra identità, ovvero l’uguaglianza con se stessi.

A cosa si riferisce questa identità? In rapporto a chi o a che cosa siamo identici?

Non lo sappiamo e tutte le nostre ricerche non avrebbero alcun senso se non quello di complicarci la vita. Nessuno ci chiede di improvvisarci filosofi. Per fortuna le grandi menti sono esistite, esistono e esisteranno. I loro studi si sono infatti soffermati sull’io e sul significato della parola persona.

Impronte digitali e codice genetico

La nostra identità si può conoscere superficialmente dall’esterno, dalle caratteristiche fisiche che ci distinguono dagli altri. Non potremmo mai sapere cosa un essere umano pensa, crede, sente, vuole e fa. Dalla nascita alla morte si è in continua mutazione: le dimensioni, l’aspetto, le capacità, le opinioni e i desideri.

Cosa resta immutabile?

identità

I filosofi sono giunti alla conclusione che le caratteristiche inconfondibili di ogni essere umano vanno individuate in due punti chiave:

1. Impronte digitali e codice genetico

2.L’io 

Né la prima nè la seconda però sono sufficienti a rispondere alla domanda: “Chi siamo”? La soluzione sta nel mezzo.

Riflessioni sull’identità

Solo ciò che crediamo, sappiamo, pensiamo, sentiamo e facciamo rivela qualcosa di noi. Quando abbiamo l’impressione di non riconoscerci più non significa che la nostra identità è cambiata; piuttosto si è modificata con ciò che abbiamo fatto, creduto, saputo e sentito.

Pensa che fatica se ci sforzassimo di imparare e tentassimo di diventare persone migliori se alla fine rimanessimo sempre gli stessi. 

 

di Luca Mordenti

 

 

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Marzo, che bell’aspetto!

“Le cose che non sappiamo, le persone che ignoravamo…”

marzo-formica-argentinaFermati. Che aspetti? Basta uno sguardo. Un distanziamento psicologico dal presente al quale siamo collegati. Marzo, mese di aspettazione. Cosa appare, chi si presenta all’orizzonte di quello che ancora non conosciamo? “Le cose che non sappiamo, le persone che ignoravamo, ora sono in arrivo…” (E. Dickinson). Cosa mi sta venendo esattamente incontro, e cosa incontro io? Verrà sicuramente quello che voglio, quello a cui ho pensato tanto, o che ho lasciato andare? Perfetto. Verrà quello che rimane.

Sembiante cammino

L’attesa non mi piace. Credo che la vita scorra sempre adesso. Eppure, come ci cambia d’aspetto tutto quello che lei ci porta davanti? Cambieranno ancora gli occhi all’arrivo di ciò che sarà, e che ora è distante. Diminuirà lo spazio tra noi e quello che ci è destinato. Ci muterà nel volto e nell’aspettamento stesso. Marzo è il disporsi al verificarsi di un qualcuno o di fatti che camminano verso noi.

Volto l’aspetto

Aspectare (latino), la forma intensiva di aspícere, da cui aspectum, che è proprio guardare, stare rivolto verso qualche parte. L’aspetto è dunque un volgere, frequentemente e con pazienza, lo sguardo (spícere) verso (ad) la parte a cui si osserva. Allora, aspetto. E non solo come modo differente di considerare la cosa da un’atra prospettiva, l’aspetto della questione o del problema. Anche inteso come, l’aspetto della mia figura (sembianza) che ha volto il viso più in là. Volto l’aspetto. Non è solo un gioco di parole.

Viso perfetto?

Nell’aspett-azione c’è in gioco, la mia figura che ha volto, (im)pazientemente, la faccia e lo sguardo al sembiante che è in cammino e il cui incontro cambierà il mio aspetto stesso. Nella linguistica l’aspetto è una categoria grammaticale che è riferita alla dimensione temporale che chi parla attribuisce al verbo. Ossia se gli atti che si rifanno al verbo sono compiuti o in corso di svolgimento. Lo sviluppo degli eventi si colloca in una determinata prospettiva perfettiva o imperfettiva che sia.

Marzo, “le cose che non sappiamoavranno un aspetto perfettivo o imperfettivo? I lineamenti dei volti saranno perfetti o ancora imperfetti perché non mi hanno raggiunto e non posso vederli bene? In grammatica, nel perfettivo le azioni sono limitate nel tempo. Ci sono momenti, un inizio e una fine. La situazione è visualizzata nella sua globalità e compiutezza. Ecco che scorgo cose che già so, persone che riconosco o riscopro di nuovo. Sembra perfetto, ma non lo è. Perfetto e vicino, inanimato, conosciuto. Perfetto e rassicurante, ma i miei occhi non cambiano, la mia faccia non muta espressione. Non ignoro nulla.

Come mi cambia d’aspetto quello che aspetto?

Le persone che ignoravamo, ora sono in arrivo…”.  È l’aspetto imperfettivo. E cosa mi porteranno, cosa avranno in mano, con quale sembianza si mostreranno queste sagome che scorgo ma ignoro? In questa imperfezione non è specificata la durata, tutto è ancora in corso e sconosciuto. O dura a lungo, o si ripete nel tempo. Le cose che non so e non padroneggio sono ancora distanti, vive e incerte.

Aspettazione

E tuttavia l’aspetto non è né il tempo, né l’azione. Eppure è aspettazione. Azione di sembianze che si muovono in cammino per noi, che siamo figure che volgono costantemente gli occhi oltre, per scorgere quale sarà il nostro nuovo aspetto, una volta trasformato dall’incontro coni chi viene. E il cuore sarà perfetto in questo mese d’attesa?  Come ci verrà incontro? Se non possiamo già vederlo e immaginarlo magari ci sembrerà imperfetto, e ciò che adesso ignoriamo potrebbe apparirci come sospetto. Sapete che vi dico? Che le cose che ci cercano e sono in cammino verso di noi, possano trovarci presto e arrivare davanti ai nostri occhi a cuore scoperto.

Perché, a dispetto di tutto e di questi tempi incerti, questo Marzo ci faccia dire che il suo, è stato davvero un bell’aspetto.

di Laura Pugliese

 
 
 
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Ecco perchè l'amicizia tra donne è diversa da quella fra uomini

Noi donne lo sappiamo.

Anche se litighiamo spesso, ascoltiamo sfoghi continui sugli stessi argomenti, tolleriamo i difetti reciproci, abbiamo una sola certezza: non possiamo vivere senza le nostre amiche. Tempo, distanze e scelte di vita non contano se il rapporto è genuino.

Una bella chiacchierata o un’uscita con gli amici hanno il potere di farci sentire bene. Studi dimostrano che il benessere dettato dallo stare in loro compagnia sarebbe persino superiore a quello regalato dalle relazioni familiari. L’amicizia ha infatti un forte impatto sul nostro benessere fisico e psicologico. 

Soprattutto noi ragazze ci rivolgiamo alle amiche sia nei momenti di gioia che di difficoltà, trovando la forza  per superare limiti e problemi. Durante le nostre conversazioni compiamo lunghe analisi in cui ciascuna regala il proprio punto di vista e spesso giungiamo insieme alle soluzioni. Un rapporto spesso incomprensibile agli uomini, che hanno un concetto dell’amicizia diverso.

Uomini, donne e il potere dello stress

Tutto dipenderebbe dalla differente gestione dello stress. Quando una persona è preoccupata, il cervello attiva automaticamente un meccanismo di fuga, liberando ormoni come il cortisolo. L’ossitocina, altro ormone secreto in risposta all'ansia, viene rilasciato sia da donne che da uomini. Solo che, se nelle prime porta a placare il senso di inquietudine cercando il confronto, per i maschietti la situazione è differente. Gli uomini, sottoposti a stress, rilasciano alti livelli di testosterone, che neutralizza l’effetto calmante dell’ossitocina, supportata invece dagli estrogeni. Il rilascio di quest'ultima rende le femminucce più propense a socialità e condivisione. 

Non tutto perciò è questione di genere. Una delle differenze più elementari nel comportamento tra i due sessi sarebbe una faccenda scientifica. 

L’amicizia è un farmaco naturale

Curiosità? Uno studio sulle donne malate di tumore ha permesso di verificare che quelle con un maggior numero di amiche erano più propense alla guarigione. Curiosamente le condizioni delle pazienti miglioravano nettamente all’aumentare del contatto con quest’ultime. Circondarsi di amici dunque non è solo un toccasana per la mente, ma anche per il nostro sistema immunitario. E anche i maschietti forse, anziché chiudersi in sé stessi e fare i duri dovrebbero imparare un po’ più da noi. Confidarsi non significa essere meno forti, anzi. Perciò provate a tenere a bada il testosterone. 

 

di Irene Caltabiano

 

 
 
 
 
 
 
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