La Start Up

Cardiia, l'app che aiuta a prevenire le malattie cardiovascolari

Cardiia, un balsamo per il cuore

cardiia-1Prevenire è meglio che curare. Quante volte, nel caso di malattie cardiovascolari, abbiamo pensato "se avessimo potuto far qualcosa prima”...

Fortunatamente la tecnologia, oggi come non mai, ci viene in aiuto per la tutela della nostra salute. Un team di lavoratori internazionale, in gran parte italiano, ha creato Cardiia, app con lo scopo di prevenire le patologie del cuore e rilevare eventuali aritmie senza l’ausilio di sensori esterni.

 

Come funziona Cardiia?

cardiia-3Una tecnologia che sfrutta Intelligenza Artificiale e Video Analisi. Cardiia misura con estrema precisione il battito cardiaco e la pressione sanguigna semplicemente leggendo il flusso del sangue del dito che tocca la camera dello smartphone, come fa un normale saturimetro (strumento medico per valutare i valori di ossigeno).

Gli sviluppatori hanno infatti ben pensato di inserire una vasta raccolta di informazioni mediche nella memoria dell'app, in modo tale che essa possa fornire le indicazioni che i suoi utenti necessitano.

L’intelligenza artificiale rileverà dunque l’eventuale presenza di un disturbo cardiovascolare confrontando il pattern raccolto con uno di quelli presenti nel suo database.

Le funzionalità di Cardiia sono estremamente accurate ( la percentuale di precisione è di circa il 98%) e facili da usare, anche a confronto delle piattaforme già presenti sul mercato. I dati, inoltre, possono essere condivisi e monitorati in tempo reale anche dal medico curante, a cui è sempre meglio affidarsi.

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Tante malattie, una sola app

cardiia-8L’app vuole monitorare malattie come la bradicardia, la tachicardia ventricolare,l’ipertensione e altre problematiche, che permetteranno di migliorare la vita di tante persone.

Tali patologie infatti sono la causa di oltre il 30% dei decessi su base mondiale, spesso sottovalutate in assenza di sintomi evidenti.

La verisone Beta è stata lanciata sul mercato nel gennaio 2018, dal momento che la campagna su Kickstarter ha già superato di gran lunga il budget prefissato. L'app funziona sia su Android che su iOS.

Piccoli passi per grandi risultati.

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di  Irene Caltabiano 

 

 

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Startup innovative: fare soldi con i rifiuti

Esistono startup che danno vita a progetti che possono salvare il mondo. 

Una di queste è quella che ha progettato Seabin  il secchio in grado di ripulire gli oceani dalla grande quantità di immondizia  prodotta sia dalla barche da diporto che dalle piattaforme petrolifere o navi cargo ma soprattutto da quella proveniente dalla terraferma.

L'idea è di due surfisti australiani inventano un cestino dei rifiuti marino che risucchia la spazzatura galleggiante

Come funziona Seabin?

Questa piccola soluzione al problema è destinata a diventare grande nel tempo e l’hanno pensata  due surfisti e inventori australiani Andrew Turton e Pete Ceglinski quando hanno ideato Seabin, il secchio che raccoglie i rifiuti marini. 

Il suo funzionamento è molto semplice: una volta sistemato nell’acqua grazie a una pompa fissata a un pontile, succhia dentro un cestino la spazzatura galleggiante. E’ inoltre in grado, attraverso un depuratore, di filtrare dall’acqua tracce di petrolio e carburante.

Dove opera attualmente Seabin?

Attualmente 20 Seabin sono operativi in tutto il mondo. La startup ,però, cresce rapidamente  e ha in produzione 2mila unità già richieste. 

L’obiettivo dell’azienda, inoltre, è quello di rendere la produzione di Seabin più sostenibile, dal momento che il  secchio adesso in commercio è di plastica, attraverso l’utilizzo di materie plastiche riciclate : “Il nostro obiettivo più vicino è quello di costruire i Seabin con materiale riciclato al 100%, ma ciò potrebbe richiedere del tempo“, ha affermato Ceglinski. 

L’obiettivo a lungo termine è utilizzare le materie plastiche che recuperiamo noi stessi dal mare per creare nuovi Seabin“.

Seabin viene, per il momento, utilizzato in piccoli porticcioli e in ambienti controllati ma i risultati sembrano comunque promettenti. “Secondo i nostri calcoli, in un anno un seabin può raccogliere fino a mezza tonnellata di rifiuti”, spiega Pete Ceglinski. 

Di recente la startup ha collaborato con Mission Blue, un’alleanza globale che comprende oltre 200 gruppi per la conservazione degli oceani come il Seabin Project. La missione è diffondere consapevolezza e aiutare a ripristinare i nostri oceani.

Simona
blogger green

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Al revès, la sartoria sociale dove rimetti a nuovo tutto...anche la tua vita

Al Revès, la sartoria sociale

al-revès-sartoria socialeIn lingua spagnola, significa al contrario.
 

Metaforicamente, inversione di rotta, vedere le cose da un punto di vista diverso. Ribaltato all’occorenza. Come un vestito vecchio che può essere riciclato diventando una borsa nuova di zecca. O un’esistenza senza più timone che ritrova nel cucito un’occasione di riscatto.

Al Revès è il nome di una sartoria nel cuore di Palermo. Un luogo in cui anche le vite si riciclano e si reinventano, soprattutto quelle considerate di scarto, persone poco o affatto inserite nel tessuto sociale.

Un progetto di impresa interculturale che riunisce stilisti, sarti e amanti di ago e filo di varie etnie, giovani e meno giovani, persone con difficoltà umane, relazionali, occupazionali o esistenziali, immigrati, detenuti, donne in difficoltà. Tutti parte di un patchwork, scampoli che, insieme, vanno a creare un coloratissimo e resistente tessuto.

Cos’è una sartoria sociale                                                 

al-reves-8«Abbiamo iniziato in uno sgabuzzino, poi abbiamo vinto un bando e adesso siamo qua»dice Rosalba Romano, responsabile del progetto della cooperativa Al Revés. Ma cosa si fa dentro una sartoria sociale?

Riparazioni, realizzazione di vestiti, borse, oggettistica, corsi di cucito. Ultimamente la cooperativa si sta specializzando persino in tappezzeria artistica. In poche parole si creano percorsi lavorativi all’insegna di collaborazione, educazione e solidarietà.  

Leggi anche: Aggiustatutto Repair cafè, nulla si distrugge, tutto si trasforma

Un settore non certo facile, ma che trova tuttavia la sua clientela, sia privata che aziendale, acquirenti che vogliono comprare prodotti ben fatti e originali.

«In Italia arrivano tanti stranieri con capacità sartoriali apprese spesso anche grazie al lavoro svolto dalle missioni che però non hanno il livello di professionalità richiesto dai nostri standard e dal nostro contesto » Per questo, è importante in primis, educare al lavoro.

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Lo stesso tipo di percorso viene sviluppato con persone svantaggiate non necessariamente straniere, che non riescono a inserirsi in un percorso professionale: individui con capacità fisiche o mentali ridotte o a volte, semplicemente considerate troppo vecchie per entrare nel mercato del lavoro. Ma anche studenti volenterosi, freschi laureati, per cui Al Revès diventa occasione di toccare con mano il cambiamento dal basso.

Insomma non è solo un percorso professionale ciò che si fa insieme ma anche esistenziale, con l’obiettivo di far nascere una comunità educante, che punti a ridare alle persone fiducia in sé stesse.

I progetti di Al Revès

I progetti portati avanti sono diversi, ciascuno con un’attenzione particolare dedicata ad una determinata categoria. C’è Flowers of Hope, laboratorio di creazione di fiori di tessuto realizzati da donne provenienti da contesti difficili, quali maltrattamento o abbandono.

Oppure Sigillo, esclusivamente dedicato alle detenute all’interno della casa circondariale Pagliarelli di Palermo, iniziativa che mira a creare un ponte tra dentro e fuori, favorendo la risocializzazione una volta uscite di prigione.

O ancora Wear the difference, un preciso progetto di moda etica. Capi unici di manifattura artigianale, realizzati da immigrati e persone con disagio sociale insieme ad artisti locali. Ogni vestito, una storia da indossare.

La storia della sartoria Al Revès è diventata persino un documentario premiato al Deauville Green award, festival francese dedicato ai temi di crescita sociale. Storie dell'altra moda, la sartoria sociale di Palermo è stato realizzato all'interno del laboratorio di comunicazione sociale del progetto FQTS, volto a produrre un video di taglio documentaristico per ciascuna regione del Sud. 

Disattiva per: inglese

Al Revès simbolo di lotta alla mafia

al-revès-9Un progetto notevole che da poco è diventato simbolo di rinascita anche come lotta contro la criminalità locale. È stata infatti inaugurata a Palermo la nuova sede in via Casella 22. Dove prima c’era Mobil shop, attività di copertura gestita da terzi per conto di Salvatore Buscemi, noto mafioso, e confiscata nel 1998, ora verrà riempita da scampoli, ago, filo e tanta speranza.

«Un segnale positivo – ha dichiarato il sindaco del capoluogo siciliano Leoluca Orlando - che ha anche un valore simbolico straordinariamente importante ed è la conferma del cambiamento della città che un tempo era la capitale della mafia ed oggi è, a pieno titolo, capitale della cultura, non solo artistica, ma anche di vita, legalità, solidarietà, accoglienza».

 

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di Irene Caltabiano

 

 

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