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Homo homini lupus: e se ti ordinassero di torturare una persona?

L’obbedienza è sempre necessaria? Fino a che punto siamo pronti a mettere da parte i nostri precetti morali per eseguire un ordine? E se la richiesta fosse maltrattare o uccidere qualcuno?
 
 Experimenter, film  del regista Michael Almereyda (presentato alla Festa del Cinema di Roma 2015) ci riporta nel 1961, anno in cui il sociologo Stanley Milgram si pose esattamente queste domande. Il celebre studioso attuò uno degli esperimenti più scioccanti nella storia della psicologia collettiva, all’indomani della condanna al criminale nazista Adolf Eichmann. Scopo? Capire se e quanto fosse credibile la giustificazione addotta dagli aguzzini dei lager, che sostenevano di essersi limitati a soddisfare le richieste dei propri superiori. In ultima analisi, fino a che punto si possono trasformare persone comuni in spietati assassini.
 
Le prove vennero condotte all’Università di Yale, su un campione di diversa estrazione sociale e di età compresa tra i venti e i cinquant’anni. I risultati sembrarono dimostrare che nell’essere umano si cela molta più cattiveria di quanto si creda, se sottoposto a certe pressioni. Le persone coinvolte ( dette Insegnanti) erano chiamate a far memorizzare abbinamenti di parole a uno o più allievi e successivamente interrogarli su ciò che avevano appreso.
Le cavie avevano a disposizione una pulsantiera con venti interruttori, tramite i quali potevano infliggere, in caso di errore dell’alunno, scosse elettriche dai 15 volt (leggere) ai 450 (molto pericolose). I soggetti venivano inoltre  spinti a comportarsi come una figura autoritaria (lo Sperimentatore), che li persuadeva con formule come « la prova richiede che lei continui » o «non ha altra scelta, deve proseguire». I “carnefici” erano ignari del fatto che lamenti, urla e implorazioni fossero precedentemente registrati. Nonostante le manifestazioni di dolore dei torturati (chiaramente attori assoldati), la maggior parte degli Insegnanti obbediva agli ordini, lasciando stupefatti gli psichiatri. 
 
Non  bisogna scomodare casi storici tristemente famosi come l'Olocausto per trovare esempi di come la cieca esecuzione di compiti possa portare all’atrocità. Le questioni sollevate da Milgram sono molto attuali. Basta pensare che siamo di fronte a  persone disposte al suicidio per un’ideologia (che non si sa quanto sia scelta o imposta). Anche noi giornalmente siamo sottoposti a piccoli dilemmi morali. Fare o non fare ciò che mi dice il capo, anche se penso sia scorretto? Devo subire  la decisione di un’altra persona o agire di testa mia? 
 
Davvero pochi si sono dimostrati capaci di opporsi fermamente all’autorità. È più confortante credere che l’uomo sia buono di natura e che siano gli eventi a determinare la sua crudeltà?
 Un detto popolare recita: «il cervello è un filo di capello». Credo che individui sottoposti a una forte manipolazione e inseriti in determinati contesti possano agire in modo immorale. Gli eroi non sono forse tali perché hanno il coraggio di fare ciò che ritengono giusto, al di là di regole e imposizioni? Aspettiamo tentativi di nuovi coraggiosi sociologi che dimostrino il contrario.
 
 
Il famoso esperimento di Milgram...guarda il video:
 

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I Peanuts fra cinema e macchine

Snoopy & Friends, versione 3D dei  celebri personaggi nati dalla fantasia di Charles M. Schulz, è in questi giorni nelle sale cinematografiche italiane. La simpatica banda però non è alla prima apparizione su uno schermo: già in precedenza ritroviamo loro performances in campo televisivo.
 
Tra il 1960 e il 1965 la Ford  sceglie i Peanuts come testimonial per la compact car Falcon. Il protagonista è principalmente Linus, con la sua inseparabile coperta, ma viene riservato un fugace cameo anche a Lucy e Charlie Brown. In  perfetto stile  Carosello, il simpatico bimbo si volge infine verso la telecamera e chiede: « Is this a commercial? »
 
Godetevi i primi passi delle star di uno dei fumetti più amati di sempre.
 

 
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Ragazzi, basta con gli insulti

Il cyberbullismo, piaga dei nostri tempi. 
 
Gli adolescenti degli anni Ottanta subivano al massimo furti di merende o qualche sgambetto. Le minacce in rete invece, anche se virtuali, possono risultare molto più dannose di una zuffa in cortile.  La velocità con la quale i  post vengono diffusi sui social è infatti impossibile da contrastare. Il fenomeno è sempre più esteso, tanto da creare strumenti appositi per debellarlo. 
 
#Off4aday (simbolicamente “stare spenti per un giorno”),  è la campagna anti-violenza sul web di Samsung e Moige, nata quest’anno e attivata con il patrocinio della Polizia di Stato. L’iniziativa ha previsto 24 ore di silenzio per i canali di comunicazione della sezione italiana dell’azienda. Il profondo disagio nel sentirsi presi di mira infatti porta spesso lo sfortunato bersaglio a “spegnersi” per sempre.  La società ha  anche avviato un servizio per adolescenti vittime del reato: chi si trova in difficoltà potrà chiamare il 393.300.90.90  o contattare l’indirizzo e-mail help@off4aday .  Il collegamento è gestito da un team di psicologi, che rispondono giorno e notte.
 
Le segnalazioni sono state 1.352 in un mese, cifre che fanno riflettere sull’entità del fenomeno. Le chiamate ricevute in 620 casi riguardavano casi reali e in 700 richieste di informazioni. Questo tipo di illecito non è purtroppo facilmente riconoscibile poiché il confine tra bravata e persecuzione è molto sottile. I medici consigliano comunque  i ragazzi in merito al comportamento da adottare e le precauzioni prendere quando qualcuno comincia a infastidirli.
 
Importante dunque non rispondere agli insulti, bloccare gli utenti molesti, non divulgare informazioni private, foto o materiale che potrebbe circolare senza consenso personale.  Gli operatori invitano inoltre  a segnalare subito contenuti diffamatori o offensivi, indirizzando successivamente verso figure adulte con cui confidarsi.  Se i casi sono più gravi e tali misure sono state già adottate senza portare alla risoluzione del problema,  gli adolescenti vengono aiutati a capire se sia il caso di fare una denuncia alle autorità competenti.
 
Mai sottovalutare il potere negativo della rete. I casi di suicidio per cyberbullismo riguardano il 7%  della popolazione mondiale. Giovani, siate forti. Spesso chi vi vuole distruggere è la prima vittima di sé stesso.
 
 
Un ricordo di Amanda Todd, una delle tante vittime del cyber bullismo... guarda il video:
 

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