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Sulla Ruota della Fortuna, gira una ben augurante mala sorte

Gira che ti rigira

La vita è una ruota, un ciclo, un cerchio, dove girano ininterrotti desideri, volontà e intenzioni di ogni essere umano. Un gioco vorticoso e continuo di aspirazioni, realizzazioni, sogni, nel quale siamo costantemente presi, tentati o abbandonati. Volontà, intenzione e desiderio sono le leve che muovono la ruota a nostro favore o sfavore. Sempre c’è qualcosa che va a vantaggio o contro di noi, come se la vita stessa ci fosse oggi amica e domani ostile. Il problema forse nasce dal sapere e dovere fare le scelte corrette.

Ritenta di nuovo

Lei però, Nostra Signora della Fortuna, Dea ad alcuni benigna di prosperità, per altri malevola e avversa, fa elargizioni e distribuzioni dei suoi beni, alla cieca. Chi è veramente? Una forza senza scopo, imprevedibile, non ricercata che plasma il destino di uno o molti, o colei che arride chi è stato artefice audace del proprio destino perché l’ha tentata? O ancora, è il successo di quelli che hanno saputo resistere alla tempesta? Comunque si veda la questione, si va alla cieca. E forse proprio di questa cecità spirituale si dovrebbe indagare meglio.

Basti dire che la radice latina fors (sorte) è la stessa del verbo ferre (portare) a indicare con ciò ‘quello che porta la sorte’. Perché a tutti, e proprio tutti, la Provvidenza…provvede! È lecito chiedersi perché per qualcuno in meglio, e per qualcun altro in peggio? Da dove origina questa ripartizione, talvolta apparentemente, poco equanime? Credo davvero che ci sia un difetto di vista in tutta la visione della cosa. Tralasciamo le accezioni filosofiche, religiose e letterarie che potrebbero confondere oltre modo, orbi di tanto spiro risaliamo all’essenza esistenziale di tutto ciò. Non temete, in verità vi dico…forse tocca essere superstiziosi invece!

A casaccio

E sì perché la superstizione è un po' uno ‘stare sopra’ e tocca davvero portarsi oltre tutto questo, e per farlo ripartiamo dal solito essere umano. Andiamo oltre. La mente individuale, involontariamente, distorce un po' tutto e non fa vedere chiaro, decretando dove il caso sia fortuito e dove no. L’attività psichica andrebbe educata e purificata perché si possa raggiungere una corretta coscienza che permetta di discernere il vero dal falso. La discriminazione (ovviamente non razziale si capisca) è proprio questo modo retto e giusto di conoscere le cose. La mente è aggrovigliata ai condizionamenti dettati dalla memoria, dalle preferenze, dalle scelte e da tutte le esperienze pregresse spesso invalidanti che impediscono la nascita di un pensiero spontaneo e autonomo.

Discrimina e saprai

Mente ed ego vanno alla cieca, allegramente, a braccetto, suggestionati dalle credenze della tradizione, del passato e del 'si è sempre fatto così'. Ecco qua il giogo è fatto. Si definisce fortuna questo, mala sorte quello. La capacità discriminativa è deduttiva, non si basa sull’ego, per cui è una forma di intelligenza investigativa che cerca, con amore sincero e disinteressato, un sapere di prima mano.

L’intelligenza investigativa del cuore

Esiste un’intelligenza emotiva, è stato già scritto, ma prima ancora fu Salomone che rivolse a Dio la preghiera di ricevere un cuore intelligente. Tralasciando i sentimentalismi, il cuore ha una capacità intuitiva che, se messa all’opera, genera la gioia di una comprensione stabile. Nella sospensione del moto impetuoso dell’ego, condizionato dalle acquisizioni del passato dettate da cultura e tradizione, tutte le limitazioni della coscienza individuale si dissolvono. Da qui emerge quella che lo yoga chiama la natura essenziale di ognuno, che ha a che fare con il cuore per l’appunto, che batte a vibra al ritmo di una vita pulsante che fluisce libera.

Essenziale di natura

Questa forma di conoscenza, che è la più pura e saggia, non ha bisogno di false credenze né di scelte perché tutto è come è giusto che sia, in accordo con il ritmo che l’Universo imprime alla vita di ognuno. Allora ogni evento è in armonia. Sicuramente quello che dico sembrerà azzardato, perché potrebbe far venire meno le categorie di Dea Fortuna e sua Con-Sorte Avversa. Tuttavia non vengono meno il Fato, né la Providenza, e l’idea di un unico o collettivo destino comune. La sospensione del giudizio, che ha a che fare con il non giudicare, difficile attitudine da ottenere, totalmente diversa dalla discriminazione, rimette veramente a ciascuno il suo. Che vuol dire? Quando l’ego si ferma l’azione è pura e libera perché non è sospinta dal desiderio di acquisizione, possesso o attaccamento.

A ciascuno il suo…libero agire

L’azione è davvero libera quando si inserisce nella Ruota degli eventi in maniera armonica, senza contrastare. Questo non vuol dire vegetare o farsi agire dagli eventi stessi, ci sono cose difficili da accettare e spiegare, lo capisco. Questo significa però, essere saggi, avere consapevolezza di non ripetere. Il problema vero è la ripetizione. L’umano problema, da sempre, è il voler ripetere il piacere e rifuggire il dolore. Così l’eccessivo desiderio di fortuna può trasformarsi in mala sorte, come in fonte di cattivo presagio e sofferenza. Ricordiamoci che in questo turbinio continuo, è la mente che opera, sceglie, condiziona e decreta la qualità di ciò che accade.

Sulla ruota del carro

A cuore aperto si può dire che se è vero che non si sfugge al proprio destino, potrebbe essere meglio non contrastarlo, qualunque esso sia. Va bene godere del piacere e della buona sorte quando si presentano sulla nostra strada, con una pienezza consapevole che solo il cuore sa dare. La vita poi, ha i suoi cicli. Comprendiamoli senza definirli o etichettarli troppo. Come sarebbe a dire, il caso non esiste? Si vede bene solo con il cuore, e in tal caso, che la sorte sorrida spesso a tutti. Fate i bravi e state a Ruota, e che sia fatta la volontà di quel Dio che vi abita!

di Laura Pugliese

 

 
 
 
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Tu sei la mia soluzione con continuità. Lo stesso problema è la nostra opportunità

L’effetto venefico di un problema

Una freccia avvelenata è scagliata e trapassa il cuore da una parte all’altra. Una spina venefica lo punge e lo infilza per metà. Cosa è stato? In un attimo un’essenza esce fuori dalla vita e viene meno. Del veleno, goccia dopo goccia, si disperde e si inabissa nel profondo dove a strapiombo, un’assenza si disperde e deposita pesante. Che brutto incidente, proprio non ci voleva. È davvero un bel problema. Neanche si arresta la caduta a picco nel capitombolo fatto. Succede, più o meno di frequente un po' a tutti, un inciampo che porta volutamente a farti toccare bene il fondo. Mettiamo sia un incontro (fatidico o fatato, chissà?)  con l’altro, che si trasforma in un’esperienza iniziatica verso la scoperta delle reciproche, insolute e abissali profondità.

Un brindisi avvelenato

Che problema, che rebus, quanti dubbi poi, quante questioni senza soluzione…di continuità. Tanti gli effetti indesiderati, che si rende fisiologica l’esigenza di una soluzione. Tutti ne meritano una per ogni tipo di vita o problematica che si ha. Ma perché proprio a me doveva capitare, e perché proprio questo problema irrisolvibile? Risolutezza per cortesia! Siamo in caduta libera che volete che sia. Cerchiamo di sciogliere il tutto con l’aiuto della chimica. Non vedo altra soluzione d’altronde, se non libare, con la giusta miscela di veleno, in omaggio alle avversità.

Risoluto e risolvente
Io incontro te, amico, amante, o potenziale situazione di vita, e scocca il dardo pungente. Entrambi siamo soluzioni composte da molecole ben definite, solo che nella nostra miscela (omogenea), io sono qualitativamente preponderante, tu un po' meno. Il mio cuore ha più cristalli del tuo che ne ha dispersi un po'. Il mio battito è per carattere più risoluto, per questo la nostra mescolanza origina una soluzione vera. In chimica è così quando in una soluzione il soluto, ossia la componente che viene agita/sciolta, è meno presente rispetto al solvente, la componente agente capace di sciogliere. I cristalli del tuo cuore si sono dispersi e tu sei poco presente, mentre i miei, che sono continui, ti possono disperdere.
 
Dente avvelenato

Il tuo cuore può essere sciolto da me in un’unica soluzione ideale, che è quella che ci mischia e ci aggrega l’uno nell’altro per risolverci. Mi hai morso e hai profuso il tuo risentimento. C’è attrito nell’attrazione. Brutta esperienza direte. Ma abbiate fede, l’effetto è venefico, affinché la guarigione sia completa e benefica. Nessun male viene per nuocere. Mi hai instillato il tuo rimedio, somministrato i tuoi stessi sintomi perché possa sentirne gli effetti. Va bene, non è una passeggiata di salute bere questa cicuta, ma se si deve…si fa! D’altronde solo ‘i simili si curano con i simili’.

Simil similia curentur . Chi si somiglia….

Questa locuzione latina ha dato origine, nel XIX secolo, al postulato fondamentale dell’omeopatia (S. Hahnemann) che voleva contrapporsi alla credenza della medicina dell’epoca per la quale invece ‘i contrari vengono curati dai contrari’. Quindi noi due, nel nostro incidente, siamo simili e benedetti dal Cosmo che ci ha messi a contatto. Questo, rende bene atto del perché capitino proprio certi accadimenti con persone specifiche. Guardate, anche nel peggiore dei casi, verosimilmente è così. Succede che tu sei la mia guarigione, la soluzione che cercavi e che, consapevole o no, ho trovata.  Ecco già una possibile risposta al ‘perché proprio a me?’, perché ‘proprio questo?’, o ‘proprio lui/lei?’. Tocca andare affondo, anzi sprofondare, annegare dentro la soluzione che scioglie in lacrime che liberano la vita in tutte le sue possibilità. Si dice che le lacrime portino in posti migliori, conducano a nuove essenze, esattamente quelle che erano esalate prima di conoscerci.

Mi ammalo perché quell’essenza che avevo è precipitata giù e si è trasformata nel tuo veleno. Quello che ci manca, alla lunga ci avvelena, finché per guarire non arrivi tu a scatenare sintomi simili a quelli della malattia che vuoi combattere. Mi sciolgo nel pianto perché anche tu possa farlo (simil similia solvuntur) e fluire meglio altrove se vuoi. E non a caso, hai scelto me. Sapevi che avevo un cuore risoluto, capace di determinare e liberare la tua stessa natura nelle sue polarità. Brindiamo a te, alla tua salute che è anche mia.

Domani questo dolore ti sarà utile

Ogni evento, ogni incontro è un’alchimia che struttura quelle preparazioni in grado di convergere il veleno in medicina. Non è facile mangiare di buon grado una mela avvelenata, oppure cogliere una rosa spinosa. Poco importa che sia tu o no a tirare la freccia che punge e buca. È a te che tocca guarire un’assenza che la tua vita, in modi più o meno misteriosi, adesso reclama. Il momento è arrivato. Tu sei al contempo, la soluzione e il problema di un altro. Tieni a mente che “gli elementi non sono malati, è il corpo a cadere malato. Così lo scorpione cura il suo scorpione; l’arsenico il suo arsenico; il mercurio il suo mercurio” e sempre “il cuore cura il suo cuore.” E allora, abbiate il buon cuore. Fate il favore.

di Laura Pugliese

 
 
 
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Clikkare non è comunicare. Gli scomparsi, gli inespressi e i perplessi nella comunicazione

‘Chi non comunica scompare’

Questo è un assioma fondamentale della comunicazione (M.Mc Luhan). Chi comunica, cosa, a chi? Domande peculiari di ogni buona strategia. E con quale esito, decodifica e risposta? Stiamo davvero comunicando? Probabilmente molti di noi non lo sanno fare, lo fanno poco, male o addirittura per niente. Sì perché qualcuno in questa era digito-pressoria a oltranza direi, soffre di scarti e gap di varia natura. O dentro, o fuori il sistemone comunicativo. Ci sono certo comportamenti da studiare, attitudini da tracciare, incapacità da monitorare e modelli cognitivi più efficaci da promuovere.

D’altronde ‘non si può non comunicare’ tutto a tutti. Circa trent’anni fa, più di qualcuno ipotizzava l’attuale società come abitata da ‘informatissimi idioti’. Un popolo di chiacchieranti genti, che fanno conversazioni intorno alle quali ruota la gestione dei poteri di mercato di ogni tipo, economico, politico, religioso, e che sono i primi indicatori da tenere sott’occhio se si vuole aumentare il traffico dei propri utenti. Il traffico… l’esistenza si è indicizzata cari miei. Gossip indicativo no?

L’utente senza risposta
Ma come mai, in un’era come questa, dove è possibile dire tutto a tutti, di continuo, salvo interruzioni di connessione, c’è ancora qualcuno che non risponde alle mail, al telefono, e talvolta al campanello? C’è qualcuno che non è presente, è assente ingiustificato in un sistema comunicativo efficientemente collegato. A chi non è capitato di non ricevere risposta ad un messaggio, di non essere stato doppiamente spuntato su una sua chiacchera, di non avere avuta una mail di ritorno? L’oblio che tutto inghiotte, distratta dimenticanza o incapacità comunicativa?
 
Partecipazione comune e condivisa

Credo esistano persone incapaci di comunicare, e intendo comunicazione nell’accezione più bella del termine, quella latina ecclesiastica di communis, che mette, rende comune qualcosa tra me e te. Allora chi non comunica con me, non ha nulla da condividere? Per certi versi è legittimo e comprensibile. Potrebbe anche darsi, invece, che l’altro abbia talmente sviluppato una sua pienezza meditativa dell’esistenza, tale da renderlo parco nell’uso della parola, alla quale preferisce di gran lunga il silenzio. Affascinante, tuttavia non vivo in una grotta, ma nel mondo reale.

Sciami comunicativi

E se ‘comunicare è da insetti’ mentre ‘l’esprimerci ci riguarda’, arrendiamoci al fatto che siamo parte di sciami comunicativi continui dove se ‘tutti comunicano qualcosa’ nessuno si esprime, tanto meno ascolta.Esprimerci ci riguarda’. Ok. Non ho ricevuto risposta. Forse l’altro ha un problema ancora più profondo, più umano, legato alla capacità di relazionarsi manifestando quello che crede, pensa o sente. Sto volutamente evitando l’ipotesi del menefreghismo. Talvolta un silenzio spiega tutto, tante altre invece no. Anche qui ci vuole tanta sensibilità e intelligenza per decifrare il messaggio in codice che si cela dietro a un mancato, non pervenuto o non volutamente dato responso.

Clikka oggi e clikka domani
Che ti risponda o no, posso non necessariamente comunicare qualcosa, tuttavia sto inevitabilmente esprimendo me stesso. Mi esprimo anche nel mio assentarmi e sparire dal tuo circuito mobile/digitale. Click. Sparito! Il cliente non è raggiungibile? Sparito! Visualizzato, non visualizzato ma non risponde? Sparito! Tuttavia, l’utente non smette di esistere, esprimersi e sentire.
 

E così, con un click, abbiamo smesso di sentirci, non ci ‘sentiamo’ più. Sentirsi con qualcuno poi cos’è davvero? Magari una comunicazione telefonica relativa a una persona specifica. Ben diversa dal ‘sentire’ l’altra persona. Quindi a ben vedere, se non ti visualizzo, scrivo, chatto, chiamo più… non ti ‘sento’ più e tu smetti di esprimerti e non sei più presente. Ma come, da più parti ci viene suggerito che è sempre vero quello che senti? Le chat stanno a zero cari amici. Assente! Dietro a questi gap e brusche, talvolta, interruzioni comunicative, le rispettive vite proseguono, connesse su piani soprasensibili fin dall’inizio collegati. Sparizioni fenomeniche di esistenti/assenti.  Ci deve essere stato un guasto tecnico iniziale o un modello comunicativo applicato male.

Silenzio! Parla…

Mettiamola così, chi non ti cerca, alla lunga, non va cercato. Magari non vuole essere trovato? Non vuole che tu lo cerchi? O forse, nella sua apparente inespressività, soffre di inutili reticenze ed è vittima di resistenze che impediscono le attività verbali. Chi parla poco magari, nel bene tacito del suo taciturno vivere, potrebbe godere pienamente di tanto silenzio. Mica è detto che abbia per questo un difetto. Accettiamo anche altre ipotesi. Rimane il fatto che non nasci muto, per fortuna, quindi seppur taciturno, per essere presente nella tua vita e in quella chi vuoi tu, devi fin dall’infanzia imparare ad articolare favella per poi esprimerti nei modi che più ritieni adatti a rendere merito di chi sei. Presente! Parlo e ci sono.

Forse con te, fin dall’inizio, ho parlato troppo. Per esubero comunicativo e interattiva vitalità, ti ho pure parlato addosso. Non ho rispettato quegli spazi bianchi nei quali un tempo si insinuava il lettore, ora attese di chiamata dove puoi sostare nel recupero delle giuste ed essenziali parole da proferire. Magari ho sbagliato io. Non ho aspettato i tuoi tempi di download. Forse invece non ti ho pungolato abbastanza. Resta il fatto che tu, assente ipocomunica(t)tore, se non partecipi di tutto come tutti, ti tieni però lontano da ogni possibile fibra che potrebbe incontrarci.

Chi cerca trova?

Sarebbe triste pensare che per tutto questo tempo, non abbia parlato veramente con nessuno. Che abbia tenuta la mia vita in linea per giorni, cercando una risposta dalla tua. Nel frattempo, né io né te eravamo davvero presenti per l’altro. E poi, è successo che non ci siamo sentiti più. Neanche una parola. Zitti tutti, ma sei online! Di sicuro, stai aspettando che ti scriva ancora… Prrrrrrrrrrrrrrrrrrrrr !!!!

di Laura Pugliese

 
 
 
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