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Intrigo d’amore. Un imbroglio che affascina

Arraffa! Arraffa!

L’amore non è mai una trappola. Non è mai un inganno, un imbroglio. L’amore è libero e nasce così. Senza gabbie o raggiri. Un incontro autentico con l’altro, senza maschere. Non vi sto parlando di una smielata parentesi ‘rosea’ tra due persone, ma di un accadimento spontaneo che si svolge a tendere un filo che ti conduce esattamente a lui/lei perché, tra tanti/e, è il solo/a per te. E anche a questo c’è un motivo del tutto particolare e personale, necessario alla storia di entrambi. Invece c’è chi scambia amore con giochi di strategia e macchinazioni per tramare alle spalle dell’amato e farlo ‘cadere’ (to fall in love indica una ‘caduta’) ai suoi piedi.

Chi trama, non ama

Ma l’amore mai ti metterebbe in gabbia, mai t’imbroglierebbe. Che razza di amante è quel furfante che ti vuole acchiappare nel suo intrigo? Che invece di risolversi con te, mira a impicciarti e avvilupparti ancora di più? Lo trovo poco affascinante! Chi vuole catturare la tua attenzione con suadenti armi di seduzione è un vero truffatore. Ogni giorno poi, la nostra vita, è soggetta alle più disparate mire di cattura. Non esiste campo dell’esistenza che non presenti insidie e tranelli. Lo spettatore va bersagliato, l’amante sedotto, il target centrato, il prodotto posizionato, il volto deve bucare lo schermo, e certamente l’amore conquistato. E pure su quest’ultimo abbiamo imbrogliato.

Conquista più, conquista meno, che tu sia collezionista o no, sei un imbroglione! Intrecci mosse e risposte per arruffarti la preda, e non è detto che tu ci ‘riesca’ sempre. Giusto, siamo a caccia! Manco fossimo ancora fermi all’età della pietra 2.0! Ma se l’amore è una tensione tra due esseri che ti libera, un traboccare di energia scambiata che fluisce tra noi, perché c’è ancora gente che si vuole cimentare in questo squallido gioco della ‘preda e predatore’?

Intrigante predatore

Vai a rimorchio o ti fai rimorchiare? Vi ricordate la storia del filo che lega due persone unite dal destino? Bene. Pensate a quando una macchina è rimorchiata da un’altra, o meglio ancora da un carro attrezzi. Un veicolo, attraverso una corda, ne trascina un altro per condurlo a sé. È il rimorchio. Una trazione, forzata, sospinge un veicolo per muoverlo nella direzione che desidera l’altro. Molto pratica come cosa se ti fermi per strada. Tuttavia, spero che l’immagine renda la triste idea che ho della cosa. Un intrigante raggiratore avviluppa, nella sua matassa, il filo del tuo cuore perché vuole accorciare le distanze con te e condurti a sé (questa l’etimologia della seduzione), in modo non del tutto spontaneo!? Avvincente direi! E il vantaggio in tutto questo dov’è? Perché anche l’amore deve averne no? Santa pace, che orrore!

Non abboccare al ‘ti amo’

Dunque, lo stratega seduttore sfodera tutte le armi che ha a disposizione per intricare la corda. Tu non impigliarti nella rete di un vacuo ‘ti amo’, proferito a ogni buona occasione. Ti convince? Fosse che, chi ti getta questa rete addosso non vuole affatto tenderla con te e tessere una storia comune, quanto impicciarti e raggirarti a suo vantaggio. Così l’amore, comunque assente, invece di svolgersi ed evolversi, si complica. Oh issa! Oh issa! Ti stanno tirando via, lontano da te. È lui, è il predatore! Ti ha lanciato il suo ‘ti amo’, riavvolge il mulinello, e tu non ci sei più!

Ordito o matassa?

Ci sei ancora? Se sei ancora lì, ti dico di combattere. E sì! Se ti accorgi di essere caduto/a nella rete dell’intrigo, usa tutte le tue armi di amore libero. Tira forte la fune dalla tua estremità, allenta la corda, aumenta le distanze, lubrifica i mulinelli con autenticità, districa le parole con la verità. Tira e non farti trascinare via. Ribellati porca miseria! Certo per scendere in guerra serve un’attenta e pianificata strategia, poi la guerra si può vincere o perdere, ma che io sappia, l’amore e la pace si fanno. Ancora sicuri che in amore vincano fughe, lotte e tattiche? La lotta avvolge e costringe. L’amore risolve, scioglie e libera.

Magari il mio resta un ideale romantico e nostalgico. Quello di due fili che corrono liberi e giungono a un incontro, un intreccio voluto dall’alto. Ti trovi davanti a lui/lei, che ti piace per come è, a cui piaci per come sei, esattamente in quel primo istante. Non c’è tempo per fingere, non c’è inganno o macchinazione che tengano. Capisci che la tua vita ti ha posto davanti una sfida. Quella di amare senza condizioni. Che fai, ci pensi ancora? Preferisci continuare a tramare o, finalmente, ti lasci amare? A te ordito e matassa. Vedi che puoi fare.

di Laura Pugliese

 
 
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La paura ti lascia a piedi freddi? Tu cammina che ti passa

Camminare! Camminare! Circolare! Circolare!

Brrr! Accidenti che freddo però! L’acqua scorre, il sangue…pure? Mica sempre. Quando la temperatura cala a picco, sotto lo zero, come in questi giorni, anche se ti copri, ti congeli lo stesso. Mani e piedi s’ibernano letteralmente, e in tante donne, dalle piante ormai assiderate, non muovono un passo.

Pianta un passo di sana pianta

Pianta di qua, pianta di là, a piccoli passi, nonostante tutto, si avanza. La pianta nel regno vegetale è un organismo costituito da ‘radici’ in cui scorre una linfa. Per noi è la superficie inferiore del piede che poggia sul terreno che lascia una ‘traccia’. In architettura è un disegno geometrico ridotto in scala che rappresenta le ‘fondamenta’ di un edificio. Insomma la simbologia ci rimanda fortemente a un radicato senso di stabilità. Ma quando si ghiaccia la pianta come si avanza? Tocca ricominciare a passeggiare di sana pianta.

Il piede rappresenta la vita, il radicamento e la capacità di avanzare in essa. I reni sono gli organi associati e l’emozione connessa è la paura. Quando, a causa di un fattore climatico esterno, la temperatura ghiaccia, le arterie si restringono per limitare la dispersione di calore e per  difendersi dal freddo esterno, diminuiscono l’afflusso del sangue. Un agente esterno causa un problema di micro-circolazione che il corpo attiva come risposta difensiva al freddo. Il sangue non scalda più, è la vaso-costrizione.

Tutto scorre, o quasi sempre

Il gelo impedisce al sangue di circolare, la vita si costringe e ferma i suoi passi. Vittime di questo arresto sono soprattutto le donne nel periodo fertile, per via di disfunzioni ormonali dell’apparato tiroideo (ipo-tiroidismo). Altre cause possono essere 

  • una vita sedentaria (stare troppo seduti)
  • scarpe non adatte, calze troppo strette
  • esposizione al freddo
  • eccessivo consumo di caffè
  • fumo
  • stress emotivi

Pediluvi, impacchi, vite rossa e vitamina c costituiscono rimedi validissimi, insieme a una corretta alimentazione e regolare attività fisica, tuttavia, secondo me, c’è dell’altro…

Vascolare! Vascolare! Ma fa freddo, che paura!

Tralasciando cause e rimedi di convenzionali vediamo di capire, sotto un’altra prospettiva, che succede quando i piedi si freddano. Stiamo impedendo alla nostra vita di dilatarsi e fluire libera perché, qualcosa/qualcuno o noi stessi, ci costringe a fermarci  e gelare. Se poi non siamo ben ancorati al terreno, sarà difficile procedere a passi decisi. La paura è, quasi sempre, l’elemento di disturbo che blocca ogni avanzamento. Qualunque suolo vorremmo battere, saremo fermati e raggelati. C’è in atto un blocco energetico originato da un problema più profondo.

La medicina cinese, che non scinde la scienza dalla filosofia, concepisce la malattia, e i suoi sintomi, come l’alternanza di due fasi opposte e complementari che dispiegano e manifestano nel corpo l’energia (Yin e Yang). Questo continuo movimento tra dentro/fuori, vuoto/pieno e caldo/freddo è sempre compensativo di qualcosa. La malattia a caratteristica ‘freddo’, è accompagnata dalla paura stessa del freddo e da un ‘vuoto’ di energia.

Il sangue non arriva a scaldare la vita per muoverla, le parti non irrorate sono vuote e deboli, sono inamovibili e congelate, non c’è energia che ne afferma, in maniera radicale, la stabilità. La linfa non scende a nutrire le radici. Ma, nel pieno delle emozioni, il cuore al centro, è  ancora caldo.

“Insegna ai tuoi piedi a seguire il tuo cuore”

Mani fredde e cuore caldo, magari lo stesso vale per i piedi. Il calcagno è considerato il secondo cuore, perché formato da una fitta rete venosa che, durante il calpestio, produce una spinta di sangue simile a quella della pompa cardiaca. Dal tallone, la linfa è pompata su verso il cuore, dove il sangue mai ristagna. I rimedi pratici per sopperire a questo, temporaneo, disagio fisiologico vanno dall’automassaggio della pianta, all’uso di materiale termico. Ma se i piedi tornano caldi, non è detto che la vita altrettanto si riscaldi.

Si torna a camminare, spesso, spingendo i propri passi con l’energia del cuore che dilata. La paura si scioglie al calore di un passo. Dai, vedi che come sempre, tutto passa!

di Laura Pugliese

 
 
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Se inizi, si comincia. Banzai!

Anche se non ti va, basta un minuto

Ogni cosa ha un inizio e una fine, eppure ci sono persone che non cominciano mai, non intraprendono nulla, non fanno niente, neanche un passo per iniziare. Ma che problema hanno? O forse, anestetizzati dalla troppa pigrizia, questo problema nemmeno se lo pongono. E certo, ma sai che fatica! Verrebbe da pensare che persone così non siano animate da nulla che le spinga ad agire.

L’Iniziato inanimato

A pensarci, prendere delle iniziative è uno sforzo che implica dei costi energetici in termini di fatica. Dare inizio a qualcosa comporta la presenza partecipativa di una persona ‘animata’ da una certa volontà realizzativa. Ma che spreco dico io! Meglio la forma passiva del verbo, ossia  l’essere iniziati. Se nulla mi anima a tal punto da farmi agire, è tanto più comodo se mi faccio (ri)animare no? E dire che l’iniziato era qualcuno che veniva avviato alla conoscenza o alla pratica (ma per carità!) di un culto.

Colui che mai incomincia abita un castello di cemento

 

 E così tu, pigro iniziato e inanimato, te ne rimani beatamente murato, nell’anonimato del tuo ‘castello interiore’. La propensione all’agire rappresenta per te un pericolo contro il quale erigere muri che bloccano l’ingresso alla vita in tutte le sue possibili forme e stimoli. Così, dentro le mura della sua pericolosa comodità, colui che mai incomincia, staziona deluso e cementificato. Gli basta quel poco che ha, è disincantato, per nulla vale la gioia muoversi, e quanta stanchezza e difficoltà. Ma un rimedio a tutto questo c’è.

Nessuna falsa partenza

Pietrificato nella sua fortezza di paura e dolore, il diversamente cominciante, si adagia sicuro ma soffre altrettanto. Le sue emozioni e sentimenti sono impantanati nella sua incapacità a esprimerli e la frustrazione regna e impera. Che vitaccia e quanta stanchezza poi! Sono d’accordo, è inutile sforzarsi, tanto non si arriva mai a nulla. Basterebbe avere, almeno, l’onestà e la compiacenza di ammettere che non siamo proprio partiti! C’è chi fa, e c’è chi non fa. Non dico che chi non agisca sia più felice e viva meglio, nemmeno che chi lo faccia non incontri ostacoli  e scomodità per conseguire i suoi obiettivi. Sono due attitudini diverse al vivere. Tuttavia anche la tartaruga, lentamente e a piccoli passi, percorre distante e raggiunge mete.

Tartaruga o kamikaze?

C’è chi si muove temerario, spinto dal soffio di un vento (kaze) divino (kami) e chi, non animato da alcuna i(n)spirazione, stagna nel suo brodo di frustrazione, a morto  a galla. Ci vuole una via di mezzo che conduca all’azione. Queste sono due tipologie di persone portate all’estremo. O sei kamikaze, o sei tartaruga. La soluzione è fare il kami-kaizen.

Il Kami-Kaizen

Il kaizen (kai = cambiamento/miglioramento e zen= buono) è un metodo giapponese che ti porta a cambiare in meglio migliorando di continuo. Che si fa? Si esegue per  sessanta secondi al giorno l’azione che si tende a procrastinare e che genera frustrazione. E’ quindi un prendere confidenza (falla sta fatica!) con una piccola frustrazione, quotidianamente, per renderla più tollerabile e gestibile. La meta è così raggiunta a piccoli passi. L’azione poco gradita diventa, piano piano, più sostenibile e non c’è più bisogno di rimandarla o motivo per non provare.

Inizi con poco e ti ritrovi a fare l’impossibile

Poco ma buono diventa molto e spesso. Roma non è stata mica costruita in un giorno, figurati se tu, vittima di cotanta atavica pigrizia, non puoi raggiungere le porte del castello! Forza muoviti e comincia a uscire dalle quattro mura della tua gabbia. Un po’ oggi, un po’ domani, agganci la realtà e sei più solido e concreto nella volontà e disciplina. Alle brutte brutte, comincia con qualcosa che ti piace, il piacere non richiede sforzo, e poi datti a qualcosa di meno piacevole. Se all’inizio a kamikaze nelle cose non ti lancerai, intraprendi lo stesso il tuo minuto. Leva alto il tuo grido: ‘banzai!!’.

di Laura Pugliese

 
 
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