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Sto viziando troppo mio figlio?

Quando un bambino cresce credendo che tutto gli sia dovuto...

Una mia amica è innamoratissima di suo figlio e, come tutte le brave mamme, ha sempre fatto di tutto per renderlo felice, riempiendolo di attenzioni. 

Da bambino gli faceva trovare il pasto pronto, puliva quando sporcava senza sgridarlo, sbuffando pazientemente nell’attesa che maturasse; è stata comprensiva quando non voleva fare i compiti e pronta a difenderlo quando qualcuno lo criticava.

Ma poi suo figlio è cresciuto e ha iniziato a pretendere che tutto gli fosse dovuto. A scuola rispondeva male ai professori che lo rimproverano quando era impreparato, perché la partita di calcetto o l’uscita con gli amici erano più importanti degli stupidi compiti per casa. Prendeva di mira i compagni di classe più timidi perché il fatto che non rispondessero alle sue prepotenze lo faceva sentire figo. Esigeva il cellulare più costoso, vestiti e accessori firmati; andava in discoteca già da giovanissimo e conosceva a memoria i locali più in della città, considerando sfigato chi non li frequentava. Poi, però, non ha mai letto un libro, se non perché costretto per motivi di studio. E ancora oggi non guarda un telegiornale neanche per sbaglio. 

Le cose sono peggiorate ancora all’università. Ha cambiato città ed è andato a vivere con altri ragazzi senza conoscere le regole di base della convivenza. Ogni volta che mangia riduce la cucina a un porcile, tra piatti non lavati, briciole per terra, piano cottura insozzato e cibo rubato dalle dispense altrui, con la scusa di averlo fatto per sbaglio. Non pulisce mai la vasca da bagno dopo lo sciampo e la doccia, intasando le tubature e causando disagi agli abitanti della casa. Lascia la spazzatura a marcire, perché tanto la butterà qualcun altro. 

La lista potrebbe continuare, ma la mia amica non vede quello che combina suo figlio, e se qualcuno glielo fa notare ci ride su, perché tanto “sono ragazzi, sono cose che capitano”.

Anche quando vorrebbe dirgli qualcosa non lo fa, perché avverte una sorta di paura nel rimproverarlo, come se temesse la sua reazione. Come se temesse di deluderlo.

Qual è, allora, il giusto equilibrio?

Fare i genitore è il lavoro più difficile del mondo. Ma, come sostiene lo psicoterapeuta Alberto Pellai, è importante che i bambini capiscano da subito che nella vita niente ci è dovuto, che le cose vanno conquistate. Questo per evitare di crescere adulti prepotenti e maleducati, pronti a tiranneggiare gli altri e ad approfittare della loro disponibilità.

È fondamentale, inoltre, che i bambini comprendano che ci sono alcune regole basilari che vanno rispettate, che la loro libertà finisce dove inizia quella degli altri e che non possono assecondare ogni loro capriccio calpestando chi incontrano sul loro cammino.  

E se tuo figlio insiste nel fare i capricci?
Attenzione ad assecondare tutti i capricci dei tuoi figli: guarda questa divertente clip tratta dal film La fabbrica di cioccolato!

 Rosa Cambara

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Sindrome da Calimero, ovvero come fuggire dal vittimismo cronico

«Che brutto tempo, beato te che sei così fortunato, a me non ne va mai una giusta».
 

Non importa di cosa, l’importante è lamentarsi. Il  vittimismo cronico non è una malattia riconosciuta, ma potrebbe avere uguale effetto nocivo sulle persone che, indirettamente, ne sono portatori o ne subiscono l’influenza.

Attenzione, a tutti capita di sfogarsi ogni tanto, ma non deve diventare un’abitudine fastidiosa. Spesso l’obiettivo di chi ne soffre non è altro che attirare l’attenzione e suscitare comprensione sterile, con il risultato di rimanere nella piena e completa passività.

Esistono più tipologie di vittimisti. Può essere che la persona che si lamenta continuamente abbia davvero problemi ma è incapace di reagire in maniera positiva. Poi ci sono i vittimisti rabbiosi, che sfogano la loro negatività aggressivamente, magari contro qualcuno che pensano gli abbia fatto un torto. Ci sono anche i vittimisti arrivisti, ovvero chi si butta giù strategicamente, per muovere a compassione e ricevere favori.

Chi ormai ha fatto del brontolare il proprio modus vivendi, rischia di diventare la prima vittima di sé stesso, incapace di trovare soluzioni ai propri problemi. Entra così in un circolo vizioso per cui si crogiola nei suoi sbuffi, perde tempo e si demoralizza. Bisogna infatti fare attenzione, dal momento che il vittimismo cronico può persino rappresentare una lieve forma di depressione.

Molti preferiscono non reagire, continuando a essere perseguitati e rientrando nel peggiore dei meccanismi che si possono scatenare: trovare sempre un colpevole alla propria condizione. Per capire di fronte a chi vi trovate, cioè se una persona che ha reale bisogno di aiuto o un individuo che gode nel lamentarsi, offritegli il vostro appoggio. Se si trova in serie difficoltà, accetterà volentieri. Se invece il suo scopo è solo abbandonarsi all’invettiva vi farà intendere che lui/ lei non ha bisogno di nessun conforto. E continuerà con il suo calvario.

Se non potete fare nulla di concreto per loro, evitate queste persone. Serviranno solo a rovinarvi l’umore. Circondatevi invece di gente che vi trasmette allegria, che riesce a strappare un sorriso anche durante una giornata no. 

di IRENE CALTABIANO

 

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Tuo figlio è dislessico? Lo psicologo può aiutarlo

Sei preoccupato perché tuo figlio legge lentamente e fa molti errori, ci mette ore per studiare due pagine e non riesce a imparare le tabelline? 

Prima di rimproverarlo cerca di capire se dietro le sue difficoltà si nasconde un disturbo dell'apprendimento.

Ne abbiamo parlato con Antonella Maritato, giovane psicologa e ricercatrice universitaria che segue bambini affetti da DSA. 

Cosa sono i disturbi dell'apprendimento?

I Disturbi dell’Apprendimento sono disturbi del neurosviluppo che determinano difficoltà, a volte anche molto importanti, nell’acquisizione di specifiche abilità scolastiche come la lettura, la scrittura e il calcolo. Si parla di disturbi specifici proprio perché coinvolgono solo precise competenze, senza intaccare il funzionamento intellettivo generale. La diagnosi, infatti, può essere data solo in presenza di un Quoziente Intellettivo nella norma e in assenza di deficit neurologici e/o sensoriali. 

Questi disturbi tendono ad essere presenti contemporaneamente, a durare nel tempo e, a secondo dell’abilità compromessa, possiamo parlare di Dislessia, Disgrafia, Disortografia e Discalculia.

A che età si presentano?

Si tratta di disturbi congeniti, quindi presenti fin dalla nascita. Si manifestano con l’entrata dei bambini nella scuola, quando è il momento di mettersi alla prova con la lettura, la scrittura e il calcolo. Non è possibile fare diagnosi prima della fine della seconda elementare per Dislessia, Disgrafia e Disortografia, e prima della fine della terza elementare per la Discalculia. È in questi anni, infatti, che tali abilità dovrebbero essere apprese e rese automatiche nei bambini. In caso di difficoltà persistenti è opportuno rivolgersi subito a un centro specializzato per valutare la presenza o meno del disturbo. 

Prima di quest’età, però, possono già esserci dei campanelli d’allarme a cui i genitori devono stare attenti: per esempio, le difficoltà nel normale sviluppo linguistico dei bimbi, nel modo di impugnare le matite e i colori e di organizzare i disegni nello spazio, o nell’acquisizione delle prime competenze numeriche e di calcolo. In questi casi individuare in tempo tali difficoltà può permettere ai bambini, con l’aiuto di professionisti, di lavorare su queste carenze con buoni livelli di recupero.

Quali sono i segnali che possono indurre i genitori a preoccuparsi?

Come appena detto, un genitore può essere attento a questi elementi fin dai primi anni di vita del bambino, soprattutto se già sono presenti casi in famiglia. Sicuramente per un genitore il momento dei compiti a casa può essere il modo per osservare la possibile presenza di un Disturbo di apprendimento: ad esempio, quando si accorge di una lettura lenta, con errori o che affatica molto il bambino/ ragazzo; quando suo figlio non riesce a comprendere la consegna degli esercizi, mostra molta difficoltà nello studio di materie orali o problemi d’attenzione; quando gli risulta molto difficile memorizzare poesie, filastrocche e tabelline. 

In queste situazioni, per evitare che il bambino/ragazzo si scoraggi o senta di non potercela fare rispetto ai compagni di classe, è opportuno rivolgersi a professionisti. La diagnosi deve essere fatta da specialisti con test specifici e standardizzati in linea con quanto detto dalla Consensus Conference e dall’Istituto Superiore di Sanità. Per richiedere la diagnosi è possibile recarsi all’ASL, ad Aziende Ospedaliere e Universitarie, alle IRCSS e nei centri accreditati o privati specializzati con alcune differenze, in Italia, tra regioni e regioni.

Quali sono le conseguenze che questi disturbi possono provocare nei bambini?

La principale conseguenza è sicuramente uno scarso rendimento scolastico, perché il bambino/ragazzo sperimenta giorno dopo giorno queste difficoltà  e percepisce il gap rispetto ai compagni di classe. In un primo momento i bambini/ragazzi affetti da DSA possono sembrare svogliati e disattenti, ma questa è solo una manifestazione della frustrazione e della reale difficoltà che vivono. È possibile, inoltre, che essi manifestino comportamenti evitanti nei confronti della scuola e/o dei coetanei, non sentendosi “bravi come gli altri”. 

Questi aspetti non vanno sottovalutati perché possono influenzare molto l’autostima e la percezione di sé, soprattutto se pensiamo che molti ragazzi arrivano tardivamente alla diagnosi, quando hanno alle spalle già anni di insuccessi scolastici, e di rimproveri da parte dei genitori e insegnanti. La legge 170/2010 tutela questi ragazzi garantendo loro misure compensative e dispensative che la scuola deve adottare per permettere loro di accedere all’istruzione secondo modalità più consone e favorevoli.

Cosa può fare lo psicologo per aiutali?

Il suo aiuto può essere determinante. Nei casi dei bambini più piccoli lo psicologo può essere una risorsa sia per il bambino, con l’avvio di interventi riabilitativi per il recupero dell’abilità, sia per i genitori, che molte volte arrivano spaventati e non sanno come reagire di fronte a questa diagnosi. Nel caso di ragazzi adolescenti che magari hanno già provato delle frustrazioni, lo psicologo può supportarli sia emotivamente, attraverso una prima fase di consapevolezza, sia operativamente, sviluppando col ragazzo strategie per compensare al meglio le sue difficoltà, migliorando e personalizzando il metodo di studio

I disturbi dell’apprendimento non spariscono col tempo poiché sono una caratteristica neurobiologica della persona, ma con una diagnosi precoce e/o un buon intervento mirato, sia da un punto di vista clinico/riabilitativo, sia didattico a scuola, questi ragazzi possono tranquillamente ottenere successi scolastici a qualsiasi livello d’istruzione

 Antonella Maritato è una ricercatrice di Psicopatologia evolutiva all'Ospedale Bambino Gesù di Roma.

Muhammad Ali, Tom Cruise, Quentin Tarantino... Sono solo alcuni dei personaggi famosi che da bambini sono stati dislessici. 

Guarda Il video:

 Rosa Cambara
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