Allena il pensiero strategico ☝

Caro entusiasmo tanto desiderato

Mezzo vuoto e mezzo ‘appieno’ 

Quante persone e situazioni ci lasciano a desiderare? Come facciamo poi a esserne entusiasti? Ci sono relazioni, incontri e fatti che non ci soddisfano ‘appieno’ ma che, anzi, lasciano dentro un senso di ‘vuoto’. Eccola qua, ‘sentite’ la mancanza di qualcosa? Qualche nostro bisogno non soddisfatto reclama attenzione. La questione si potrebbe già ridurre al millenario binomio vuoto-pieno. Se tutto lascia a desiderare, siamo vuoti. Cosa ci potrà riempire di nuovo?

Lasciar desiderare le stelle

Vedrete che il vuoto che si apre da queste situazioni ci renderà migliori, anche se quello che pensiamo di avere ora, non ci basta e non ci gratifica. ‘Che sconforto’ penserete. Invece no. Il desiderio è il punto di partenza. Nella sua etimologia il de-siderare ha a che fare con le stelle perché è sia un interrogale che un fissarle attentamente. Nel suo primo significato designa il ‘sentire la mancanza’ di qualcosa, la sua assenza e si fa portatore di un sentimento svuotante (ad esempio quello legato  alle persone, fatti o situazioni di  cui sopra).

Sì, desidera? Entusiasmo grazie!

Non mi farò desiderare troppo e vi dirò come la vedo. Una volta che ci siamo svuotati per bene, e abbiamo tolto lo sguardo dalle stelle, è il momento di tornare a fissarle. Desiderare non basta, se vogliamo le stelle dobbiamo muoverci, averle con noi vuol dire con-siderare che l’entusiasmo è quello che serve!

‘Mi sento da Dio’. La cura dell’entusiasmo

 

L'entusiasmo è una sostanza che, nelle giuste condizioni, il nostro cervello sa produrre da solo per mantenerci in salute. Infatti provare entusiasmo è un’esperienza psichica e biologica che ha sorprendenti effetti sul nostro sistema immunitario. Quando è presente in minime quantità ecco, invece, che insorgono ansia e depressione. Ma l’entusiasmo va anche generato e nutrito.

Ispirazione di pienezza

La sua etimologia indica un essere ‘pieni di Dio’, una condizione di pienezza tale che induce un’incontenibile spinta all’agire con tutti se stessi. L’entusiasta è invaso di un’ispirazione divina che ne accende l’anima e infonde forza e furore! Si riempie di un sentimento intenso di desiderio che lo connette a quel nume o musa che opera  in lui. Così si torna dal vuoto al pieno.

Le stelle-mete

Ricapitolando: l’entusiasmo, che nasce nel vuoto, da un desiderio insoddisfatto e manchevole, finisce poi per appagarsi nella pienezza del senso del divino che è in ognuno di noi. Le stelle, tuttavia, non basta fissarle vanno anche raggiunte, ecco perché all’entusiasta serve una meta. Una o tante piccole stelle – mete quotidiane che accendano fuochi nel cuore e imprimano energia ai suoi passi. Tutta l’energia scaturita da questo entusiasmo ci aiuta a goderci la vita. A stare fermi, si sa, non succede nulla.

 

 Se quello che ci ‘lascia a desiderare’ ci svuota e non ci gratifica, faremo in modo di cambiare quello che non ci piace, si spera, per indirizzare le energie verso altro che ci ispira, appaga e riempie. Prima bisogna comprendere e ringraziare la necessità di questo svuotamento che all’inizio può sembrarci deludente ma che è invece il motore primo di tutto.

Entusiasta non guasta

Il desiderio (vuoto) ha fatto il giusto spazio all’entusiasmo (pieno) di cui abbiamo bisogno!  Ma è necessario cercare e coltivare questo entusiasmo con piccole curiosità e passioni quotidiane. Non aspettate l’aiuto dell’ispirazione divina, gli stimoli vanno creati! L’importante è iniziare e sapere che anche gli stati d’animo sono virali! Quindi, che tu sia ginnasta, cineasta, giochi a canasta, dici basta, fai l’iconoclasta o sei uno che contrasta, insomma ovunque tu abbia le mani in pasta … fallo da entusiasta!

di Laura Pugliese

 
 
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Scusa ma, questa è una scusa!

La parola alla scusa! O era accusa?

Mi scusi, Vostro Onore?! La parola all’accusa! Va bene, qualcosa è successo, qualcosa ha messo una distanza tra me e te. Un’incomprensione, un malinteso, un litigio o forse una paura, una frustrazione. Fatto sta che adesso una disarmonica tensione ci allontana. La colpa è mia, la colpa è tua e così via, e scuse su scuse, giustificazioni su giustificazioni. Così finiamo con l’aspettare la prima scusa valida per uscire da questa situazione o per discolparci e vicenda.
Che stai aspettando? Forse la scusa giusta

Succede un po’ a tutti di ritrovarsi a porgere o mettere scuse no? Tuttavia un conto è chiedere scusa (scusarsi), un altro è inventarne. Excusare nell’etimologia latina ha a che fare con l’accusare, pensate un po’. Ma il significato più interessante riguarda l’allontanare da qualcuno (o se stessi), la causa (colpa) di qualcosa. Allontanamento dunque, e rieccoci al punto di partenza. Siamo lontani.

Sul banco dell’accusa…o era scusa?

Insomma le scuse le puoi chiedere, mettere, aspettare e trovare. Tuttavia c’è sempre chi accusa e c’è chi scusa. Nel gioco delle parti, nel bel mezzo della lite, non è spesso facile fare un passo indietro e passare dall’accusa al perdono, mi scusi vostro Onore! E come si sente chi incontra le scuse che trovo?

A torto o ragione, metti  a posto e fai ordine!

Lo so vi sto facendo la filippica, ma ripartiamo dall’inizio. Io e te per vari motivi ci allontaniamo, e a questo punto entrano in scena le scuse, ora è da vedere chi le mette per primo o chi le fa. Tra noi c’è uno squilibrio, uno stato tensivo che ha incrinato la nostra armonia, insomma c’è disordine. Scusare è un fare ordine perché costituisce un tentativo di mettere a posto la situazione per ‘allontanare’ le cause del bisticcio. Poi chiunque riporta l’ordine nella sua e nella tua vita, si sa, ti porta in fondo amore e armonia. Quindi che bello scusarsi così, con spontaneità e semplicità, eppure quanto ci costa. Sempre tanta fatica! Quante volte le scuse ci sembrano le più improbabili da dare e le più impossibili da fare? Provate a pensare, invece, a un genitore che chiede scusa ad un figlio, oppure a un datore di un lavoro che le porge a un dipendente? Che figata no? Mica è detto che sia solo la rosea visione di un mondo migliore e possibilista. Oppure mera questione di ‘odine’ sociale nel rispetto delle gerarchie Se qualcosa la desideri ardentemente una strada la trovi, sennò cerchi una scusa.

E il naufragar m’è dolce in questo mare di scuse

Sentite, ci sono scuse che proprio non tengono, altre possono pure essere credibili, fatto sta che sono degli alibi per tenerti alla larga da quello che desideri  e rigettarlo più lontano. Quanto è forte il tuo desiderio? Forse troppo poco. Meglio rinunciare dai, in fondo è più comodo inventare scuse, forse...

Scusa, ma chi te lo fa fare?

Eppure inventare scuse credibili è un vero incubo. Devi saper gestire e alimentare l’inferno di un alibi di ferro. Tenere in piedi scuse troppo lunghe significa giocare per mesi  a nomi, cose, persone, fatti  e città per intrecciarne, a memoria e senza mai tradirti, le fila comuni. Ma sai che ti dico? Perdonati e falla finita! In poche parole..scusati che fai prima! Sì perché questo enorme lavorio che potresti portare per un po’ avanti, altro non farà che allontanare, nel breve termine, da te la tua colpa che presto rincontrerai per strada. E vorrà dire che non hai messo a posto subito. Sono così convenienti le tue scuse di convenienza allora?

Adesso basta scuse!

C’è da dire che le scuse poi vanno sentite in modo sincero e profondo, altrimenti servono a ben poco. Ci sono infatti scuse davvero pericolose e sono quelle frequenti dettate dal senso di colpa, che rimandano sempre alla ‘prossima volta’. Proprio quella volta che non arriverà mai e non vedrà affatto l’incontro con la realtà che genera un cambiamento nella persona. Sapere chiedere scusa è un gesto che richiede una grande volontà di sentire e comprendere l’altro. Può sembrare debolezza ma è, non senza fatica, ascoltare il prossimo, assumersi insieme la responsabilità per cambiare quello che non va e che ha creato disordine e sfiducia. E scusatemi se è poco!

di Laura Pugliese

 
 
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Se prometto non mantengo

Alzo le mani!

Mani in alto e manteniamo tutti la calma! Mi promettete che lo farete? In fondo una promessa è una promessa! Parola d’onore insomma. A chi non capita di fare promesse vane e a vanvera? E quante ne facciamo poi! Il ‘ti prometto’ si estende sconfinato a questo e quell’altro e si manda avanti nel tempo (futuro), per frasi fatte, una volontà che non è ancora.

Obblighi non richiesti

Giuri e spergiuri d’amore, amicizia, salute, denaro, fortuna, e per i più trasgressivi, anche di sesso a volontà. Ma sempre nell’estemporaneo futuro, s’intenda. Ma che bisogno c’è? Promettere deriva dal latino pro-mittere che vuol dire appunto ‘mandare avanti’. In una connotazione più gravosa implica solennità, un obbligarsi che riguarda un contrarre un obbligo (giuridico) che è quasi un giurare sul futuro fino a ipotecarlo (a parole). È dura a mantenersi una promessa così. I soliti equivoci di noi esseri umani.

Pro-mettere non è man-tenere

 

Teniamoci per mano e restiamo calmi. ‘Tenere con la mano’ è proprio del man-tenere. Un verbo sicuramente migliore che indica un gesto pratico riferito a una per(e)sistenza concreta e presente. Un bellissimo sinonimo è ‘con-servare’, che vuole intendere il far durare qualcosa di modo che non scompaia, e c’è anche il ‘sostenere’ qualcuno. A questo punto, se ogni promessa è un obbligo, posso costringermi a porgere la mia mano o obbligare un altro a tendermi la sua? Rieccoci agli equivoci di cui sopra.

Hai la tua vita in mano

E dire che sta tutto in una mano per davvero. Nel palmo di una mano è racchiusa la personalità dell’individuo e ne è scritto il destino. Delle vere e proprie ‘linee’ guida ci dicono che c’è una correlazione tra i segni della mano e le caratteristiche psicologiche della persona. Pensate che bello allora quando, mano nella mano, queste linee s’intersecano o si congiungono tra loro a legare uno straordinario intreccio, filo a filo, tra vite, menti e cuori.

Mano a mano, tener(s)i per mano

Le mani che si stringono tra loro intrecciano vite. Tenere la mano a/di qualcuno è un gesto intenso e bellissimo di affetto e vicinanza che vale più di mille parole. Vuol dire che ci sei per me perché per te sono importante. Inoltre c’è anche una forte funzione antidolorifica in questo, dato che  la prossimità è in grado di sollecitare alcune zone del cervello deputate alla regolazione della percezione del dolore. E il desiderio di essere presi o prendere per mano è ancora più profondo e intimo di un bacio. Per questo, si rifugge dal renderlo pubblico, quasi a volere proteggere uno spazio privato molto potente.

Non sappia la tua sinistra cosa ‘promette’ la destra

Sempre Gesù, forza prendiamo spunto da lui, riguardo alla questua (elemosina) ci avvertiva di non essere clamorosi nel rendere pubblica la portata della nostra generosità al povero, e suggeriva di man-tenere una certa riservatezza. Tanto da rendere ignoto alla sinistra (che prende), l’agire della destra (che da) perché poi la vita vede e provvede. Così, fai in modo che la tua promessa resti segreta, muta e tacita nel tuo cuore. Non proferire parole a svantaggio di un futuro che ora non possiedi, non farti grande ma, silenziosamente, mantieni il bene (promesso) che darai.

In mano all’amore, alla pace e anche alla morte

 

Quante mani vorremmo in una vita intera, e quante ne riceviamo. Già da piccoli siamo portati per mano dalla mamma che ci accompagna mentre cammina davanti a noi che non siamo ancora in grado di progredire da soli. Poi stringiamo mani per presentarci o conoscere persone nuove, per stabilire accordi senza parole. Intrecciamo mani per amore o amicizia e per fare pace. E spesso anche in punto di morte, in fine, qualcuno vuole essere tenuto per mano per essere (ri)condotto altrove. E pensare che tutto questo possa avvenire senza sonore promesse vocali, ma con un semplice e concreto gesto, potremmo con poco ritrovarci a ritmare tutti un vibrante batti mani. E qui il passo da palmo  a palmo a cuore a cuore è davvero breve.

Le pro-messe mano-messe

Mettiamo mano e forziamo tutte le promesse allora. Sciogliamole dalla vacuità delle parole, liberiamole dalla vanità d’improbabili giuramenti. Nel diritto romano ‘mano-mettere’ indica l’affrancare uno schiavo dalla sua condizione per ri-metterlo in libertà. Fosse che dobbiamo liberarci dal promettere a destra e a manca? Come si fa? Prendiamoci per mano, guardiamoci dritti negli occhi e senza proferire parole, scambiamoci un segno di pace. Amen.

di Laura Pugliese

 

 
 
Continua...

 

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