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Ma cosa hai nella testa?

Un viaggio nella testa degli adolescenti ci consente di individuare i meccanismi neuronali che li portano a comportarsi stranamente

Chiunque abbia figli prima o poi dovrà fare i conti con la fase dell’adolescenza, notoriamente caratterizzata da stranezze comportamentali come “non alzarsi dal letto, fare i compiti sempre all’ultimo momento, essere sempre in ritardo su tutto e andare in motorino senza casco o rischiare l’osso del collo sfrecciando con lo skateboard sui corrimano”.  
 
Ebbene questi tipici comportamenti adolescenziali sono stati oggetto di studi da parte della neuropsichiatra olandese Eveline Crone che ha appunto individuato i meccanismi neuronali che scattano nella testa dei ragazzi dai 12 ai 18 anni  con l’obiettivo di aiutare i genitori nella comprensione di questa difficile fase della vita. 
 
Secondo la dottoressa Crone l’insieme dei comportamenti che fanno letteralmente impazzire i genitori compresa l’improvvisa malinconia o l’esagerata esuberanza hanno una causa scientifica da ricondursi alla modificazione che avviene proprio in quegli anni nel cervello. 
 
Nel suo libro” Nella testa degli adolescenti” spiega la dottoressa che i giovani si comportano in modo diverso dagli adulti perché il loro cervello lavora in modo diverso
In particolare gli esperimenti fatti evidenziano che mentre negli adulti esiste un equilibrio fra le attività svolte dalle diverse regioni cerebrali,  nei giovani questo equilibrio può venir meno e dunque provocare la loro imprevedibilità.
 
Nel suo libro, inoltre, si parla della “famosa tempesta ormonale” che influendo  direttamente  sul cervello provoca notevoli sbalzi di umore e nuovi interessi sessuali
Questi studi ci spingono alla comprensione degli adolescenti attribuendo i loro comportamenti ad una fase in cui il cervello “si trova ancora nel bel mezzo di un processo di crescita e le regioni cerebrali che regolano le emozioni hanno sempre l’ultima parola”.
 
Naturalmente tutto questo è destinano ad affievolirsi con l’età adulta poiché iniziano a modificarsi le capacità cognitive e si attivano,  ad esempio, i freni inibitori. Ma la modificazione comporta anche la diminuzione della tipica “flessibilità” dei giovani, nonché, della loro rapida capacità di apprendere le lingue.
 
Non bisogna però confondere questa fase della vita in cui l’adolescente si comporta in modo così detestabile, perché è così insicuro o perché programma così male i propri impegni da un ragazzo difficile che, invece, rimarrà tale anche in futuro.
 
 
 
 
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Le difficoltà della vita di Cecilia

Non importa quale situazione ti stia trovando ad affrontare in questo momento.
 

Non importa quanto la montagna sembri difficile da scalare.

 

C’è sempre qualcosa che puoi fare!

 

Sempre.

 
E ora tocca a te… quali sono 3 piccole cose che puoi fare oggi per cambiare la situazione?
 
Cecilia Sardeo incomparabile in questo video. Lei, quando si sente paralizzata, inizia ad immaginare di essere un aquila. Guarda tutto dall'alto e le cose sotto diventano piccole. Piccolissime. Minuscole.

Loredana

 

 
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“Eat Me”: scacco matto ai pregiudizi per combattere i disturbi alimentari

Strani tempi, i nostri. Avremmo tutto quello che serve per garantirci un’alimentazione sana, varia e ricca, eppure facciamo spesso fatica a “guardare” un piatto di pasta per quello che è, e goderne, semplicemente, senza inutili e dannosi retro pensieri. Dopo un periodo di abbuffata mediatica, l’anoressia sembra destinata a essere confinata nuovamente nel territorio dell’oscuro e dell’indicibile. In una parola, dei tabù. In troppi – spesso a sproposito - ne hanno parlato, nel recente passato, approdando a poco o nulla di interessante o realmente significativo. “Eat Me” è il documentario, ancora in lavorazione, con cui il regista Ruben Lagattolla vuole riportare l’attenzione sul fenomeno, tagliando come rami secchi pregiudizi e stereotipi che finora non ne hanno agevolato la comprensione. Il progetto è stato ideato dalla dottoressa Giuliana Capannelli, presidente di Heta, Centro Multidisciplinare per il Disagio Psichico e i Disturbi Alimentari operante nelle Marche e in Umbria.

 

«Lavorando al film ho incontrato molte giovani donne anoressiche. Sono tutte ragazze di estrema sensibilità e intelligenza, che esprimono un malessere che non viene tanto dai canoni estetici quanto da una società autistica e individualistica, in cui non si ritrovano. Nessuna ha in mente l’idea della linea o un particolare modello proveniente dai media». 

«Non conoscevo a fondo il mondo dei Dca (Disturbi del Comportamento Alimentare) e ammetto anche di aver avuto qualche pregiudizio iniziale, quella visione superficiale di chi considera l’anoressia una “turba” piuttosto che una vera malattia, ma lavorandoci e confrontandomi con l’esperienza del precedente documentario mi sono reso conto che l’anoressia, per quanto diversa, non è un male meno credibile del disturbo post traumatico da stress dei reduci di guerra». Così Ruben Lagattolla riassume il percorso, professionale e umano, che si è trovato a compiere, realizzando “Eat Me”.

 
«Per le resistenze che ho incontrato a volte mi sembrava di fare un film sulla mafia», prosegue il regista. «Anche se in realtà più che di resistenza bisogna parlare di diffidenza. Proprio per questo il lavoro richiede tempo. Bisogna creare un clima di fiducia, stando attenti perché basta pochissimo per romperlo, e non bisogna “essere ingordi” ma sapere quando spegnere la camera anche di fronte a situazioni che sarebbero le più intense da filmare».
 
Dal canto suo Giuliana Capannelli lancia un allarme: si stanno facendo largo i cosiddetti Disturbi altrimenti specificati, caratterizzati da molteplici, differenti sintomatologie, che colpiscono trasversalmente la popolazione. Donne in menopausa, uomini a rischio vigoressia … e non solo. «Un capitolo a parte andrebbe dedicato alle bulimie invisibili e a tutte quelle situazioni in cui il cibo è sintomo di un malessere ma il corpo non viene intaccato».
 
 
Skinny o curvy? Meglio farsi guidare dal buonsenso, che non dalla moda del momento, spiega la dottoressa, «Sostituire l’ideale di magrezza con un’estetica morbida e formosa ha poco senso e rischia di portare da un eccesso all’altro. Non si può più definire ideale o “normale” un corpo. Si può solo dire che sotto una certa soglia (come anche sopra) c’è un indice di malattia».
 
Franziska
 
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