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Mio figlio si è murato vivo in camera e non ha amici

Quando la vita virtuale è più attraente di quella reale

Mio figlio trascorre sempre più ore davanti al computer, alzandosi a stento solo per andare in bagno o per mangiare, ipnotizzato dagli infiniti stimoli offerti dalle nuove tecnologie. Adesso sono preoccupata. Che sta succedendo?

Ragazzi che tornano da scuola e passano pomeriggi interi a giocare ai videogames e a navigare su internet, facendo i compiti nei ritagli di tempo, la sera, o smettendo del tutto di studiare. 

Ragazzi che non dormono perché passano la notte a chattare, a giocare, a guardare serie tv, e poi la mattina non hanno la forza di alzarsi per andare a scuola. 

Ma perché i nostri figli sono sempre più insicuri e sempre più soli?

Perché sono scoraggiati dalla società schizofrenica in cui viviamo, in cui se non sei perfetto in tutto ciò che fai sei una nullità. E così facendo si allontanano dalla vita reale per rifugiarsi in un universo virtuale. 

Così scelgono di costruirsi una nuova vita, ritirati nella propria cameretta, allontanando gli amici e i loro cugini e fratelli e sorelle. La loro scelta deriva dalla vergogna che provano verso se stessi per non riuscire a soddisfare le aspettative degli altri: hanno difficoltà a relazionarsi, non riescono a instaurare un rapporto con i compagni di classe, sono vittime di bullismo, o chissà cos’altro. 

Il mondo digitale è più semplice. Elimino amici con 1 click.

In esso è possibile crearsi una nuova identità mentendo sul proprio aspetto fisico o sul proprio carattere per sentirsi più interessanti; aggiungere ed eliminare amici con un semplice click, senza la fatica di doverci parlare faccia a faccia; proteggersi dietro lo schermo del pc o dello smartphone dalle delusioni della vita reale. 

Una versione estrema di questa tendenza è quella degli hikikomori, i ragazzi che decidono di “murarsi vivi” nella propria camera per mesi, o addirittura per anni, vivendo nella sporcizia e rifiutando ogni contatto fisico con il mondo esterno. 

L’accesso al loro piccolo mondo non è permesso neanche ai genitori, che devono limitarsi a passare il cibo attraverso la porta e lì devono fermarsi, guardando impotenti l’isolamento totale e l’incuria a cui i propri figli si condannano per la vergogna di non sentirsi mai abbastanza. 

Le cause di questo comportamento

Dal Giappone, questa sindrome si è diffusa negli ultimi anni anche in Italia, stanno nel rifiuto della società e delle aspettative sempre più alte che gravano sulle spalle dei ragazzi dai 13 ai 18 anni.
Ai giovani di oggi vengono richiesti standard sempre più elevati, che crescono al diminuire delle occasioni di lavoro e di formazione. 

Come uscirne? 

L’aiuto può venire dalla rete tramite chat, forum e consulenze online con psicologi che possono essere contattati dagli stessi ragazzi o dai genitori preoccupati. Inoltre, aumentano i centri per il contrasto e per la prevenzione del fenomeno in tutta Italia. 

L’importante è intervenire in modo tempestivo per risvegliare le emozioni e il bisogno di dialogo nei ragazzi, evitando le conseguenze estreme degli hikikomori. Il rischio di non intervenire subito è di creare seri disturbi della personalità nei nostri figli, che col tempo saranno sottoposti a cure con psicofarmaci, oltre a non avere relazioni sociali umane.

 Rosa Cambara
Blogger mentale

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Quando la vita virtuale è più attraente di quella reale
 
Ragazzi che trascorrono sempre più ore davanti al computer, alzandosi a stento solo per andare in bagno o per mangiare, ipnotizzati dagli infiniti stimoli offerti dalle nuove tecnologie. 
Ragazzi che tornano da scuola e passano pomeriggi interi a giocare ai videogames e a navigare su internet, facendo i compiti nei ritagli di tempo, la sera, o smettendo del tutto di studiare. 
Ragazzi che non dormono perché passano la notte a chattare, a giocare, a guardare serie tv, e poi la mattina non hanno la forza di alzarsi per andare a scuola. 
I giovani di oggi sono sempre più insicuri e sempre più soli. Si allontanano dalla vita reale per rifugiarsi in un universo virtuale, scoraggiati dalla società schizofrenica in cui viviamo, in cui se non sei perfetto in tutto ciò che fai sei una nullità. 
Sono sempre di più i giovani che scelgono di costruirsi una nuova vita, ritirati nella propria cameretta, allontanando genitori, amici e insegnanti. La loro scelta deriva dalla vergogna che provano verso se stessi per non riuscire a soddisfare le aspettative degli altri: hanno difficoltà a relazionarsi, non riescono a instaurare un rapporto con i compagni di classe, sono vittime di bullismo, o chissà cos’altro. 
Il mondo digitale è più semplice: in esso è possibile crearsi una nuova identità mentendo sul proprio aspetto fisico o sul proprio carattere per sentirsi più interessanti; aggiungere ed eliminare amici con un semplice click, senza la fatica di doverci parlare faccia a faccia; proteggersi dietro lo schermo del pc o dello smartphone dalle delusioni della vita reale. 
Una versione estrema di questa tendenza è quella degli hikikomori, i ragazzi che decidono di “murarsi vivi” nella propria camera per mesi, o addirittura per anni, vivendo nella sporcizia e rifiutando ogni contatto fisico con il mondo esterno. 
L’accesso al loro piccolo mondo non è permesso neanche ai genitori, che devono limitarsi a passare il cibo attraverso la porta e lì devono fermarsi, guardando impotenti l’isolamento totale e l’incuria a cui i propri figli si condannano per la vergogna di non sentirsi mai abbastanza. 
Le cause di questo comportamento, che dal Giappone si è diffuso negli ultimi anni anche in Europa e in Italia, stanno nel rifiuto della società e delle aspettative sempre più alte che gravano sulle spalle dei ragazzi. Ai giovani di oggi vengono richiesti standard sempre più elevati, che crescono al diminuire delle occasioni di lavoro e di formazione. 
Come uscirne? L’aiuto può venire dalla rete tramite chat, forum e consulenze online con psicologi che possono essere contattati dagli stessi ragazzi o dai genitori preoccupati. Inoltre, aumentano i centri per il contrasto e per la prevenzione del fenomeno in tutta Italia. 
L’importante è intervenire in modo tempestivo per risvegliare le emozioni e il bisogno di dialogo nei ragazzi, evitando le conseguenze estreme degli hikikomori.
 
Rosa Cambara
 
 
 
 
 
Continua...

Ammettere di fallire? Un suggerimento

La nostra è una società competitiva e frenetica.

Crea, moltiplica e consuma. Accade con i prodotti, ma anche con le nostre vite! E’ una società che chiede il massimo ma offre pochi strumenti per affrontare tale richiesta. La percezione diffusa di inadeguatezza e di incapacità di farcela, che forse anche tu nella tua vita provi, è un derivato di questa aria “inquinata” che respiriamo ogni giorno.

Superare la vergona di fallire: un suggerimento

Ascoltarsi e fidarsi delle sensazioni che vengono da dentro: “bisogna ammettere senza vergogna che si ha fallito, accettare il proprio stato, mettere nel conto che tutti noi abbiamo limiti”. 

Fatto questo, sarà facile cercare un sostegno per provare a risolvere il problema di nuovo. Se si è coscienti di una difficoltà, la via della rinascita è già intrapresa; basta proseguire.

La mancanza di autostima indica quasi sempre una scarsa conoscenza di chi siamo e come funzioniamo. Oppure una conoscenza errata, che ci fa applicare replicare schemi in modo rigido. Ciò aumenta l’insicurezza. 

Si finisce così per delegare la soluzione, come farebbe un bimbo, all’esterno: pensaci tu per me! Cambiami tu! 
Sarebbe troppo facile e in fondo in fondo, saremmo burattini, e non più persone.

Genitori, insegnate ai figli a fallire
Il fallimento dei figli fa paura in primis ai genitori. Che tentano sempre più di avere il controllo sul futuro dei ragazzi: si presentano agli Open Days, si aggiornano sui corsi, contattano loro stessi i professori per conoscere l’organizzazione scolastica e gli sbocchi occupazionali. Non è un caso che i genitori sono stati scoperti a scrivere le lettere motivazionali al posto dei pargoli.
 
Ammettere di non riuscire a farcela è difficile perché intacca la nostra autostima, ma è il primo passo per cercare di capire chi si è e cosa si vuole davvero nella vita. 
E’ un vero e proprio percorso di liberazione!
Una certa dose di fallimento nella vita è inevitabile. È impossibile vivere senza fallire in qualcosa, a meno che non viviate in modo così prudente da non vivere del tutto, ma, in questo caso, avrete fallito in partenza... La vita è difficile, è complicata, non può essere messa totalmente sotto controllo, ma è importante avere l’umiltà di sapere che sarete capaci di sopravvivere alle sue sfide 
Loredana
Writer per caso
 
 
Superare la vergona di fallire: un suggerimento
 
Ascoltati e fidati delle sensazioni che vengono da dentro di te: “ammettere senza vergogna che si ha fallito, accettare il proprio stato, mettere nel conto che tutti noi abbiamo limiti”. Fatto questo, ti sarò facile cercare un sostegno per provare a risolvere il problema di nuovo. Se si è coscienti di una difficoltà, la via della rinascita è già intrapresa; basta proseguire.
 
La mancanza di autostima indica quasi sempre una scarsa conoscenza di chi siamo e come funzioniamo. Oppure una conoscenza errata, che ci fa applicare replicare schemi in modo rigido. Ciò aumenta l’insicurezza. Si finisce così per delegare la soluzione, come farebbe un bimbo, all’esterno: pensaci tu per me. Cambiami tu. Sarebbe troppo facile e in fondo in fondo, saremmo burattini, e non più persone.

Continua...

Bullismo, l’importanza di chiedere aiuto

Offese continue e ingiustificate per mettere in ridicolo l’aspetto fisico, il modo di parlare, l’orientamento sessuale o chissà cos’altro i bulli della classe decidano di prendere di mira nei compagni che hanno l’unica colpa di sentirsi troppo deboli. Compagni che si ritroveranno esclusi nei momenti di ricreazione, che non riceveranno inviti alle feste di compleanno; a cui nessuno rivolgerà la parola, se non per prenderli in giro e insultarli. Nel peggiore dei casi, per ricattarli e picchiarli.Tutto questo può far male, talmente male da spingere i ragazzi a non voler andare più a scuola; a chiudersi in se stessi e a rifiutare nuove amicizie per paura di essere presi ancora di mira; a non parlare più, a non mangiare più, a vivere in un perenne stato d’ansia che causa inevitabili ripercussioni sul piano fisico e psicologico, come emicrania, mal di pancia, insonnia e depressione. Alcuni continuano ad andare in classe nascondendosi e rendendosi invisibili durante le pause e i cambi d’ora. Altri tentano il suicidio, spegnendosi in silenzio.

 

Secondo l’ultimo rapporto Istat il fenomeno del bullismo sta attraversando una crescita preoccupante: nel 2014 più della metà dei ragazzi tra gli 11 e i 17 anni ha subito offese, prepotenze e angherie da parte dei suoi coetanei, molti di loro in modo assiduo. Un ulteriore segnale d’allarme è l’utilizzo sempre più frequente delle nuove tecnologie per diffondere odio e umiliare gli altri. Le chat di Whatsapp, i profili e i gruppi di Facebook, le email e gli sms possono diventare strumenti potenti e incontrollati nelle mani dei cyberbulli che vogliono colpire un adolescente in modo vigliacco, nascondendosi dietro uno schermo, sfruttando però la cassa di risonanza dei nuovi media per rendere “pubblica” la sua umiliazione.

Cosa fare per dire basta al bullismo e al cyberbullismo?

Innanzitutto è importante che scuola e famiglia collaborino per promuovere un clima sereno in cui i giovani possano crescere imparando cos’è il rispetto per gli altri. È sbagliato sminuire le offese e gli atti violenti, giustificandoli con la scusa “sono ragazzi, stavano scherzando”. Spesso, infatti, che ha subito il bullismo tende a diventare insicuro e ad avere una bassa autostima, anche da adulto, portando con sé un bagaglio di sofferenza e di solitudine che si ripercuote in ogni ambito della vita. Altri, invece, maturano un desiderio di riscatto che li porta a esprimere appieno le proprie capacità. Ma non tutti trovano la forza.

Più delle offese, delle botte, degli insulti, fa male la vergogna, il non riuscire a parlarne, la paura che gli altri non possano capire. Ragazzi, non è così: non siete soli, chiedete aiuto. Ci sarà sempre qualcuno pronto ad ascoltarvi: i genitori, gli insegnanti, gli psicologi, i medici, i tanti volontari che in tutta Italia si impegnano in attività di confronto e recupero. Perché anche i bulli sono deboli. Non fatevi intimidire, abbiate fiducia in voi stessi e negli adulti. 

Rosa Cambara

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