Solubag mette a punto il sacchetto che sembra plastica ma è biodegradabile

Ci sono scene che associ immediatamente a una situazione o a un modo d’essere

Nata e cresciuta in Salento, ho conosciuto la croce e delizia derivante dal fatto di avere a portata di mano numerose bellissime località marine ma di poterle gustare a metà, a causa del grave stato di trascuratezza. Il riflesso del sole sul blu intenso dell’acqua può essere una stilettata, se la scena è occupata da un terzo incomodo, e cioè la plastica.

Tuttavia, in un futuro prossimo i sacchetti della spesa potrebbero smettere di essere l’emblema dell’inquinamento e di oggetti tristemente longevi. Infatti, grazie ad un gruppo di ingegneri cileni, le buste di plastica non risulteranno più indigeste per l’ambiente.

Uguale ma solo in apparenza…

SoluBagLa SoluBag ha brevettato un sacchetto che si dissolve nell’acqua in cinque minuti, in virtù della sua componente calcarea, e che al tatto è totalmente simile alle buste in plastica monouso. Un effetto, questo, reso possibile da una specifica formula chimica.

Gli ingegneri hanno messo a punto il prodotto utilizzando esclusivamente elementi solubili, e quindi rinunciando al petrolio. Il sacchetto biodegradabile sarà probabilmente in commercio a partire da ottobre.

La SoluBag ha ideato due tipi di sacchetti: uno che si scioglie in acqua fredda, e un altro, simile alla tela, che si dissolve ad alte temperature. In entrambi i casi parliamo di un oggetto che dopo cinque minuti non esiste già più, e che non inquina. La plastica, invece, resta nell’ambiente per un periodo compreso tra 150 e 500 anni, con effetti devastanti.

Attualmente SoluBag ha un impianto di produzione in Cina, ma le buste biodegradabili potrebbero essere prodotte ovunque nel mondo semplicemente apportando una modifica alla formula relativa al materiale.

Un lungo processo di ricerca che ha dato i sui frutti

L’azienda cilena lavora da tempo sul PVA (polyvinyl alcohol). Inizialmente, studiando la plastica solubile, aveva tentato di sviluppare un detersivo green ma, dopo aver constatato le limitate potenzialità di tale fetta di mercato, ha adottato un “piano B”.

“In un futuro prossimo sarà possibile riciclare anche in lavatrice. I costi, peraltro, non si discostano troppo da quelli odierni. Il segreto risiede nella formula ideata”. Così Roberto Astete, direttore di SoluBag.

Il Cile è stato uno dei primi Paesi a vietare l’uso di buste in plastica monouso. Che sia stato anche questo a influenzare gli interessi di ricerca degli ingegneri? L’auspicio è che anche l’Italia arrivi a maturare questa determinazione, prima o poi…

 

Francesca Garrisi     

Quando le cose non mi divertono, mi ammalo  (H.B.)

 

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