Salva l’azienda dal fallimento e oggi mette la sua esperienza al servizio delle donne in difficoltà

Un debito può essere peggio di un virus

Si propaga da un soggetto all’altro per il semplice fatto che ci sia stato un contatto, un’interazione. E se chi ha contribuito alla sua diffusione, “miracolosamente”, se ne libera lasciando al ricevente tutti i guai del caso, la beffa si fa decisamente crudele. La metafora, nella sua componente quasi macabra, rende bene l’idea di quanto accaduto in anni recenti nel Nord-Est dell’Italia. Molti imprenditori si sono confrontati non solo con una situazione economica oggettivamente difficile, ma anche con il fallimento delle aziende che dovevano loro dei soldi e che, subito dopo, sono risorte sotto altre spoglie continuando a operare, come se niente fosse.

È capitato anche a Serenella Antoniazzi, imprenditrice di Concordia Sagittaria (Venezia), e lei ha deciso di rompere il muro di silenzio che circondava il fenomeno, battendosi per i suoi diritti di artigiana, e pubblicando un libro, “Io non voglio fallire” (scritto con Elisa Cozzarini). Il volume riassume il mix di tenacia e bisogno di giustizia che contraddistingue chi si trova nella sua stessa situazione.

Un aiuto per le aziende

La vicenda di Serenella Antoniazzi ha portato l’attenzione su un problema spesso trascurato, se non addirittura considerato marginale. La sua testimonianza è riuscita a smuovere qualcosa , tant’è che sono stati istituiti due Fondi per le imprese vittime di mancati pagamenti per dolo terzi. Il primo, spiega l’imprenditrice di Concordia Sagittaria, è disciplinato dagli articoli dal 199 al 202 della Legge di Stabilità varata il 23 dicembre 2015 (l’ammontare è di trenta milioni di euro, distribuiti dal 2016 al 2018), e l’altro, da un milione di euro, è gestito dalla Regione Veneto. «Siamo in attesa della pubblicazione dei Decreti attuativi ma il requisito fondamentale è aver denunciato il dolo ed avere un procedimento penale in corso (attestazione obiettiva del dolo o presunto tale)».

Che ne è stato dell’AGA?

Instancabile, l’imprenditrice non si è adagiata sugli allori, aspettando di beneficiare degli aiuti previsti dal Fondo ma, con l’operosità che contraddistingue chi svolge con passione il proprio lavoro, si è impegnata anche su altri fronti perché l’azienda non venisse danneggiata dagli “incidenti di percorso” in cui era incappata. « Ci siamo rivolti ad un team di professionisti che ci sta affiancando, con autorevolezza e determinazione e stiamo investendo per rendere più efficiente il lavoro. Occorre produrre di più riducendo i costi laddove non si riescono ad aumentare i prezzi. Stiamo anche avviando un semplice ma efficace controllo di gestione, per avere non solo la situazione sotto controllo ma anche per pianificare».

La determinazione sfoderata da Serenella Antoniazzi e dal fratello per non piegarsi a una destino negativo determinato dalla negligenza altrui è stato fondamentale, ma non sufficiente. Realmente decisivo è stato l’incontro con interlocutori provvisti di una conoscenza approfondita del mercato, e delle dinamiche economiche. Insomma, sottolinea, per resistere ai continui cambiamenti che si verificano non basta essere bravi artigiani. Bisogna avere la fortuna di entrare in contatto con chi sa valorizzare queste competenze.

Il futuro è a portata di mano

Strada facendo, sempre più persone si sono interessate alle problematiche cui ha dato voce Serenella Antoniazzi, e la sua testimonianza ora cammina su molte gambe. Lo scorso 25 novembre, in occasione della Giornata Internazionale Contro la Violenza sulle Donne, è arrivato a teatro “Rosso – Io non voglio fallire”, monologo diretto da Michele Albini e recitato da Giulia Bornacin.

L’iniziativa è stata anche l’occasione per tenere a battesimo un altro progetto. «Dopo la pubblicazione del libro, molte imprese, imprenditori ed imprenditrici, donne, hanno iniziato a contattarmi per chiedermi aiuto e suggerimenti per affrontare la crisi della propria impresa o comunque dell’azienda di famiglia. Io, come detto, non sono una ‘tecnica’ in temi economici e legali; ho però maturato un’attenta visione di quanto accade alle aziende ed a chi ci vive. Ho immaginato un portale che raccogliesse le richieste di aiuto, come un faro che indica la rotta verso un porto sicuro. 

Ascolto e azione, compresa la sensibilizzazione di chi deve attuare provvedimenti per aiutare territorio e cittadini. Ecco perché per me è una grande soddisfazione vedere partire un’Associazione culturale che si spende concretamente sul campo affiancando imprese ed imprenditori in difficoltà o per prevenire parte degli effetti della crisi; viste le tante donne che si rivolgono a me ed al team che mi ha affiancato in queste attività, abbiamo poi dato vita ad un programma specifico di sostegno e formazione per le donne investite dalle imprese familiari, donne che spesso non sono le imprenditrici e nemmeno lavorano in azienda ma che affiancano i propri uomini quando le difficoltà li sovrastano. L’Associazione si chiama La Stanza delle Idee, non sostituisce ma affianca chi già opera sul campo, raccogliendo le richieste, cercando e diffondendo soluzioni, informazioni a chi opera e sensibilizzando ad iniziative risolutive dove siano rilevate lacune o ostacoli».

Come può un’azienda sopravvivere alle bufere economiche? Una storia italiana

 
 
 
Maggiori informazioni https://www.formicargentina.it/news/come-puo-unazienda-sopravvivere-alle-bufere-economiche-una-storia-italiana/
 
 
 

 

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