Polentista Authentic italian: quel cibo che ha il sapore della nostalgia

Polentista authentic italian

polentista1Sono lontani i tempi in cui andare all’estero significava adattarsi per forza al cibo del luogo e rinunciare a pasta e pizza per quindici giorni (quando andava bene).

Ormai i grandi classici della cucina italiana li trovi ovunque. Un po’ più complicato è avere a disposizione prelibatezze regionali, dalle materei prime più difficilmente reperibili. La polenta, ad esempio.

Ma oggi, grazie a Carla e Matteo, anche i palati inglesi potranno bearsi della calda e cremosa crema di farina di mais mescolata al piccantino del gorgonzola. Cotta a puntino e mescolata a regola d’arte, la polenta a Oxford è diventata un autentico (e molto apprezzato) street food.

polentista7Il loro stand si chiama Polentista Authentic Italian ed è operativo ormai da cinque anni al Gloucester e al Summertown Market nella cittadina dell'Inghilterra meridionale.

Nella loro roulotte vintage, i due, partiti dal Nord Italia, accolgono ogni giorno migliaia di clienti curiosi di provare il gustoso piatto, privo di glutine e con pochi grassi, che può essere accompagnato alla carne, alla fonduta di gorgonzola o alle verdure in salsa di pomodoro per i vegetariani.

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Polentista: uscire dalla comfort zone

polentistaLui, ex geometra di Brescia, lei, palermitana di origine e ex impiegata di Vigevano, convivono in Inghilterra da tre anni.

La spinta a trasferirsi all’estero? La voglia di avventura, provare un’esperienza che li spingesse a trasformare due vite convenzionali in qualcosa di più emozionante e soddisfacente.

In Italia ormai vivevano entrambi nella loro comfort zone. «È stata una vacanza in Inghilterra nell’estate 2015 a farci scoprire i diversi luoghi e le opportunità di lavoro».

«Dopo qualche mese, nel febbraio 2016, ci siamo definitivamente trasferiti a Oxford dove, dopo esserci confrontati con il manager del mercato, siamo riusciti ad avviare subito la nostra piccola attività di Polenta Street Food nel mercato centrale della cittadina universitaria. Esser riusciti, ancor prima di avviare l’attività, ad assicurarci tre giorni lavorativi alla settimana (il mercato si svolge ogni mercoledì, giovedì e sabato) ci ha definitivamente convinti del fatto che Oxford fosse la nostra meta».

Un buon compromesso tra Brighton, Londra, Bristol o Liverpool, ma soprattutto con gli Usa, per cui era più complicato ottenere permessi. «Sembrava il posto giusto per fare ciò che desideravamo e, al contempo, per imparare una nuova lingua»

Anche a livello burocratico è molto più semplice aprire un’attività in inghilterra. Tutto molto veloce, senza pagare una sola marca da bollo.«Ovviamente tutto ciò ha comportato degli investimenti iniziali a cui abbiamo dovuto far fronte. Ma somme ridicole per quella che, in piccolo, è una piccola attività imprenditroriale» dice Carla.

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Polenta British

polentista17La sfida è stata sia trovare un proprio spazio all’interno del mercato inglese per far conoscere un piatto della cucina italiana di cui gli inglesi ignoravano l’esistenza sia riadattarlo ai gusti inglesi. Con il vantaggio, però, di essere i primi sul mercato.

«Si è passati da un paiolo di polenta e brasato di manzo fino al menu attuale con lasagne di polenta in due varianti, quella classica e quella con crema di zucchine e broccoli. Nonché polenta fritta servita su un letto di insalata a cui può essere aggiunta una quantità di salse quali fonduta di gorgonzola, crema al pesto, ragù alla bolognese».

Il piatto più apprezzato è comunque la polenta fritta con il gorgonzola, piatto che riscontra molto successo soprattutto tra la classe medio- alta. «La working class, quella delle tute arancioni per intenderci, è legata più a hamburger e hot dog. Non ci degnano neanche di uno sguardo».

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Aprire un'attività simile in Italia?

polentista14Probabilmente sarebbe stato impossibile. «Saremmo rimasti ostaggio di lungaggini burocratiche e costi ad esse correlati. Per non parlare poi della tassazione nel caso fossimo riusciti ad avviare l’attività. Fare questo lavoro in Italia è quasi impossibile. Diverso è se lo si fa saltuariamente come secondo lavoro. Ma noi ad Oxford facciamo questo e solo questo. E nonostante tutto, tra alti e bassi, da tre anni ci guadagniamo da vivere grazie al nostro lavoro di street food».

Certo, non si può certo pretendere che sia tutto rose e fiori. Se si parla di qualità della vita non si è certo andati a migliorare.

«Gli inglesi sono gentili e cortesi e arrivati in Inghilterra, per i primi due anni, ci siamo tuffati con tutti noi stessi in questa esperienza. Solo dopo ci siamo resi conto che, con tutti i suoi difetti, l’Italia ci manca. All'Inghilterra e agli inglesi saremo sempre grati, ma questo paese non sarà mai la nostra casa. E non per le solite cose quali il cibo e il meteo, ma per quel rapporto umano che da queste parti si fatica a percepire e instaurare».

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di Irene Caltabiano

 

 

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