Meridionale senza lavoro? Il segreto sono le filiali estere. Come la NTT Cosenza

Ci sono un italiano, un calabrese e un giapponese.

Sembra l’inizio di una barzelletta, ma non c’è niente di più serio. Gli orientali sono sbarcati a Cosenza, atterrando a Lamezia Terme e attraversando la giungla della Salerno-Reggio Calabria.

Che ci fanno i nipponici nel profondo Sud? Strano ma vero, Cosenza è la terza punta di un triangolo delle bermuda che comprende Palo Alto e Tokyo, trio di centri di ricerca per la NTT data, gigante tecnologico del Sol Levante. La filastrocca del Meridione arretrato, di chi ancora pensa che in Sicilia e Calabria ci si muova con i carretti, di cervelli che fuggono a gambe levate, la conosciamo a memoria. Ma perché, quando si tratta di vanti nazionali, le notizie passano sempre in sordina?

Una manna per i giovani calabri che ancora faticano a trovare lavoro. Al Sud per mancanza di possibilità, al Nord perchè se accennano alla loro provenienza vengono esclusi a priori. Ma se in patria vengono screditati, c’è chi sa valorizzarli. E il lascia passare è ancora una volta rappresentato dalla formazione e dai luoghi di cultura quali le università.

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Tutto ha inizio da una start-up  in un bilocale di Rende, dove Graziano, Giorgio e Roberto avviano un' attività specializzata nella sicurezza informatica, che, piano piano e senza compromessi di alcun tipo, è approdata prima a un gruppo di consulenza manageriale e poi alla grande azienda giapponese. Avrebbero potuto fare il salto d’oltreoceano ma hanno preferito restare lì dov’erano partiti, puntando sulle risorse locali.

Un’alchimia tra lavoro e atenei che i giapponesi hanno apprezzato, ma di cui forse non possono cogliere a pieno l’importanza. «La nostra offerta cresce - dice Domenico Saccà, docente al dipartimento di Ingegneria informatica - però la domanda innovativa del territorio è ferma. È un peccato, perché proprio così si battono mafia e arretratezza». Una lotta continua per la giustizia che può essere combattuta solo con l’onestà.

Purtroppo la realtà della sede calabrese della NTT è ancora una cattedrale nel deserto. Una finestra che si affaccia sulla scena internazionale, costruendo sistemi di protezione contro lo spionaggio industriale e l’ hackeraggio, filtri per i social network e addirittura apportando migliorie ai fantasmagorici robot giapponesi (uno fra tutti Sota, automa interattivo programmato per fare assistenza agli anziani). O ancora stanno sperimentando su  Hitoe, la t-shirt con sensori nel tessuto che misurano e trasmettono attraverso un’app i parametri vitali del corpo. Un laboratorio in cui passa il progresso mondiale e che dà lavoro a laureati e studenti ancora in corso. Innovazione per cui però la burocrazia del Sud non sembra ancora pronta.

«Appena laureata pensavo di dovermene andare dalla Calabria - racconta Annalisa, trentatre anni -Era una scelta obbligata, qui chiudevano tante aziende. Poi sono entrata nella NTT che all'inizio mi ha mandato tre anni a Milano, in Germania e in Inghilterra: ora eccomi di nuovo a Cosenza, dove mi sono portata dietro anche il contatto con il cliente che curavo in Gran Bretagna».O Francisco, argentino di origini calabresi, che, dopo aver girato tra Oxford e Sud America, è tornato all’ovile. «Qui ho trovato la situazione ideale: faccio ricerca e innovazione, ho uno stipendio stabile e ho recuperato le radici della mia terra».

 

di Irene Caltabiano

 

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