In Africa la strage degli innocenti è servita. Ma stavolta l’AIDS non c’entra

Due scarpine rosse coronate da un bel fiocco bianco. Questa l’istantanea che sigilla la conclusione della parentesi italiana per Oceane e mamma Marthe. Non conosciamo il volto della piccola, perché il bisogno di proteggerla e tutelarla è (stato) doppio. La malattia che l’ha colpita, la spina bifida, rischiava di diventare la sua condanna a morte – letteralmente – a causa dei pregiudizi degli uomini, prima ancora della gravità della patologia in sé.

Nel villaggio della Costa d’Avorio in cui era nata, infatti, la piccola era stata accusata di stregoneria. Fortunatamente, l’intervento dell’associazione Casa Kim, che opera nella regione, aveva permesso di salvare Oceane facendola arrivare in Italia con la madre Marthe.

Ora, dopo otto mesi di cure, grazie alle donazioni raccolte da Casa Kim, mamma e figlia potranno cominciare una nuova vita a Abidjan, dove Oceane riceverà anche il supporto medico necessario. Nel video di Repubblica che racconta il commiato da Roma, è assolutamente palpabile la commozione e gratitudine di Marthe nei confronti dei suoi angeli custodi italiani.

Il massacro che non fa notizia

Uno stillicidio silenzioso. «Una strage invisibile fatta di soprusi quotidiani che avvengono nel silenzio e nell’indifferenza generale, nell’omertà, nella superstizione, nell’inerzia delle autorità e delle forze di polizia corrotte». Così ha definito Annalisa Spinelli il fenomeno dei bambini falcidiati dal marchio d’infamia della stregoneria in Africa.

Quando la tragedia si fa business

Nella parte occidentale del continente, ad esempio, i piccoli colpiti dal mix di pregiudizi e ignoranza vengono abbandonati e subiscono torture. In Nigeria le vittime sono circa 15mila, e nella Repubblica Democratica del Congo 25mila. Come ha evidenziato la rivista Africa in un suo reportage di alcuni anni fa, in quest’ultimo caso un ruolo preminente è esercitato dalle “Chiese del risveglio”, protagoniste di un autentico e redditizio giro d’affari a base di esorcismi.

Il quadro è quindi, complessivamente, drammatico e scoraggiante. Non mancano, tuttavia, note di speranza. Una di queste è incarnata dalla storia di Hope, il bambino nigeriano abbandonato in strada dai genitori perché bollato come Ndoki (stregone). Il piccolo è stato salvato da Anja Ringgren, cooperante danese che da tre anni vive con il marito nello stato africano. 

 

 
 

 

 

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