Il ruolo della borsa in un colloquio di lavoro

Il fascino discreto dell’ignoto.

Generalmente si pensa alla borsa come a un semplice accessorio, tanto per gli outfit femminili quanto per quelli maschili. Benché per la donna rappresenti un must anche nell’abbigliamento per il tempo libero, gli uomini sono soliti indossarla unicamente per andare a lavoro.
In realtà la borsa non è un oggetto superfluo o d’importanza secondaria, ma un elemento che “accresce” l’immagine di una persona. Forse perché, di fatto, si presenta come una “scatola nera” della quale nessuno conosce il contenuto e ciò stimola la fantasia dell’osservatore.

Siamo animali curiosi ma soprattutto pieni di schemi mentali che troppo spesso ci portano a fare due più due e trarre conclusioni affrettate. Il che, talvolta, può giocare a nostro favore, come nel caso dei colloqui di lavoro.

Così è se vi pare.

Parliamoci chiaro, se un reclutatore si trovasse di fronte a un candidato per un posto da ingegnere che si presenta in t-shirt, jeans, sneakers e mani in tasca, sarebbe immediatamente portato a depennare il suo nome dalla lista dei papabili. Penserebbe che è una persona fuori contesto, dal look inappropriato e per giunta un tantino maleducata. Se costui, però, si presentasse in giacca e cravatta sarebbe altrettanto immediatamente classificato come candidato attendibile e degno di considerazione. “Ovvio” direbbe il popolo all’unisono.

Sì, “ovvio”, ma perché? Semplicemente perché siamo cresciuti in una società che ci ha fatto assorbire i suoi stereotipi e ci ha portato a giudicare il contenuto dall’involucro. È lo stesso meccanismo per cui compriamo da sempre una marca di biscotti anziché un’altra, salvo poi accorgerci un giorno, magari perché ci siamo degnati di assaggiarla, che l’alternativa è molto più buona nonostante la confezione sia meno accattivante.

Quanti recruiter (specie italiani) avrebbero assunto il giovane Steve Jobs che era solito andare in giro scalzo e malvestito? Nessuno, “ovvio”. Eppure quelli della Atari se ne fregarono altamente dei suddetti stereotipi e gli diedero una chance. Sappiamo tutti com’è andata a finire, poi.

Dato che conosciamo molto bene i punti deboli del “nemico”, perché non indossare anche una borsa very professional, oltre a un outfit impeccabile, quando ci presentiamo a un colloquio di lavoro? Non importa cosa ci sia dentro, anzi è meglio che sia vuota, così il giochino diventa ancor più divertente. Al massimo potete metterci un pacchetto di kleenex, una bottiglietta d’acqua, un inutile block notes e un paio di penne, tanto per fare volume. Quel che conta è che la mostriate con fierezza, come se custodisse i segreti del mestiere e tutte le vostre abilità. Fatelo, credeteci, e le probabilità di essere assunti lieviteranno: è statistico.

Niente è più necessario del superfluo.

Il pensiero di Oscar Wilde sembra calzare a pennello per descrivere il ruolo della borsa in un colloquio di lavoro. A cos’altro può servire, nel 2017, se non a impressionare? Un tempo, se non altro, poteva contenere mazzi di curricula ma oggi nessuno richiede più il cartaceo per farsi un’idea della vostra storia professionale. Al massimo si può salvare il file del CV su una chiavetta Usb e portarlo con sé, ma con l’avvento dei cloud anche le memorie tascabili sono diventate pressoché inutili.
Idem dicasi per vostre eventuali creazioni che potreste aver necessità di mostrare come biglietto da visita a chi vi sta intervistando. Qualsiasi mirabilia abbiate prodotto può essere documentata attraverso video e immagini, magari caricati direttamente sul vostro sito web personale.

La borsa al colloquio non serve a niente ma va assolutamente portata: contiene aria ma pesa come un macigno, in termini d’importanza, agli occhi di chi vi sta valutando.
Citando Frank W. Abagnale Senior nel film “Prova a prendermi”: “Sai perché gli Yankees vincono sempre? Perché gli avversari non riescono a staccare gli occhi dalle righine delle loro divise”.

 

di Giovanni Antonucci

autore del romanzo "Veronica Fuori Tempo"

 

 

 
 
 

 

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