I nuovi San Francesco? Si trovano in Mozambico

"Dalla comprensione dell’unità della vita deriva la compassione, un senso di identità con la vita in altre forme".

Gli Yao, popolazione del Mozambico, sembrano aver fatto proprio questo principio fondamentale del buddhismo. In natura di frequente specie diverse si aiutano vicendevolmente per migliorare le proprie possibilità di sopravvivenza . Gli uomini sembrano aver dimenticato questa capacità. Ma non dappertutto.

Il golanera, piccolo volatile che emette una vasta gamma di cinguettii, scambia informazioni con gli uomini. Li porta dove c’è il miele e loro, per ricompensarlo, gli regalano la cera d’api, di cui va ghiotto. Peraltro, sono una delle poche specie a possedere un enzima particolare che li aiuta a digerire il favo. 

I novelli San Francesco hanno imparato una serie di richiami per comunicare e farsi condurre al "tesoro". I golanera, 

dal canto loro ottengono il cibo che, in caso contrario, non riuscirebbero a estrarre da soli, rischiando di essere punti mortalmente dalle api. Un sodalizio stretto da molto tempo, ma solo adesso venuto alla luce grazie ad un gruppo di ricercatori dell’Università di Cambridge, guidati dalla biologa Claire Spottiswoode. Nello specifico i cacciatori di miele richiamano l’attenzione attraverso un particolare suono della bocca, un trillo subito seguito da una specie di grugnito. Il segnale per far capire agli uccelli che sono pronti per andare alla scoperta dei nidi.

La professoressa Spottiswoode ha intervistato una ventina di cacciatori Yao che vive all’interno della riserva naturale diNiassa. «Il richiamo raddoppia fino al 66% la possibilità di essere guidati dagli uccelli ed aumenta le chances di trovare i nidi di api fino al 54%, dall'iniziale 17 che si otterrebbe usando altri tipi di richiami, suoni animali o umani per attrarli. Gli uccelli usano il suono come un’informazione per scegliersi questo speciale partner nella ricerca del miele» continua l'autrice dello studio. «Bisogna ricordare che negli anni Ottanta gli scienziati ebbero modo di documentare che, in alcuni casi, erano gli stessi uccelli a manifestare la volontà di cooperare con gli uomini, emettendo un suono ben distinto e svolazzando da un albero all’altro per attirare l’attenzione» 

Non si tratta dell’unico caso di interazione collaborativa tra uomini e animali. Anche i delfini cooperano a volte con i pescatori nella ricerca di branchi di pesci. Potrebbe essere lo spunto per tentare una connessione con altre specie e trovare un nuovo equilibrio del cosmo?

 

di Irene Caltabiano

 

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