Arrabbiati e contenti. La rabbia come antidoto

Ognuno di noi è soggetto a un umore e un temperamento

Ogni temperamento ha dei suoi umori e uno squilibrio all’interno di questi umori si trasforma in malattia.  L’antica teoria umorale (Ippocrate) ci dice che il corpo umano è costituito da sangue, flegma, bile gialla e nera. La salute è data dalla loro giusta proporzione e armonica mescolanza. Il collerico per esempio è un soggetto focoso (brucia al fuoco della sua ira), permaloso, furbo, generoso e superbo. Vive un travaso di bile (quella gialla che ha sede nel fegato) per questo si rode.

Un virus

La rabbia è anche una malattia virale dell’uomo e dell’animale (esseri a sangue caldo per intenderci) che causa l’infiammazione del cervello (si va davvero  a fuoco perché ci surriscaldiamo), i cui sintomi possono essere febbre e prurito (ecco perché quando si è arrabbiati ‘prudono le mani’). Di solito l’epilogo della malattia è il decesso! L’evoluzione è data dal tempo che il virus impiega a raggiungere il s.n.c. (sistema nervoso centrale). Per fortuna esiste il vaccino anti-rabbico che ci immunizza. Tuttavia la rabbia può essere endemica nella vita emotiva e psichica di ognuno.

Un meccanismo naturale

La rabbia è anche un’emozione primitiva e funzionale che implica modificazioni fisiologiche costanti. È anche una delle emozioni più precoci che cultura e società presto inibiscono. Molte teorie psicologiche la considerano un meccanismo naturale di reazione, sia fisica sia psicologica, alla frustrazione o costrizione.

Una forte propensione all’agire per rimuovere l’oggetto frustrante

Ci si arrabbia quando qualcosa/qualcuno ostacola (intenzionalmente) l’espressione di un nostro bisogno o la realizzazione di un desiderio. Da qui scaturisce la forte intenzione/propensione all’attacco verso il soggetto/oggetto, frustrante, per rimuovere l’ostacolo al nostro soddisfacimento.

Le regole sociali, che agiscono da deterrente, nel tentativo di contenere la rabbia, in realtà mascherano i sentimenti di fuga e paura che evitano l’aggressione dell’altro. Siccome è inibita la tendenza all’azione aggressiva, l’energia originata dalla causa dell’arrabbiatura è depistata a favore del contegno e dell’autocontrollo.

Dove va a finire questa rabbia?

Se non le è data la giusta voce, può verificarsi uno spostamento da un soggetto all’altro, oppure sfoga nel corpo di chi la prova. L’arrabbiato/a morde rabbia, digrigna i denti fino a spaccarli talvolta, ha la fronte corrugata, è accigliato/a (aggrotta le sopracciglia) e tutta la muscolatura della sua schiena s’irrigidisce. Ogni fibra è tesa e pronta a sferrare il colpo d’attacco a pugni stretti. Tutto è pronto a progredire nell’aggredire (che è un ‘andare verso’) ciò o chi ci sta ostacolando. Sono saltate tutte le resistenze e le tensioni si liberano.

Che male c’è a liberare il nostro campo d’azione?

In fondo stanno impendendo la realizzazione del mio sé. Motivare la mia rabbia sembra essere un’azione efficace a produrre un cambiamento prima che la pulsione all’aggressione si traduca in paura, fuga o attacco. Le botte d’ira a scoppio ritardato invece sono quelle che non sono espresse correttamente a tempo, modo e luogo e per ciò si ripropongono, in differita, nei momenti meno opportuni. La paura dello scontro è sempre la causa della rabbia procrastinata.

Un veleno che acceca

Mentre chi la esprime distrugge, chi la reprime si autodistrugge e si ammala di rancore. Saper gestire lo scontro nell’immediato, sebbene sia più funzionale allo sfogo, non è di certo facile, ma il rimandare avvelena (ecco perche si usa dire ‘sto avvelenato’ o ‘ho il dente avvelenato’). L’ira poi acceca, come si fa allora a osservarla, come molti dispensatori di precetti filosofici - psicologici suggeriscono di fare? Come si fa poi ad arrendersi per non identificarsi con un’emozione così tremenda (‘non sei la tua rabbia’)?

Chi è arrabbiato è tremendamente vivo!

Insomma dovremmo essere tutti pacifisti, monaci e monache zen portatrici di una visione irenica in un mondo perennemente incazzato? Ma se dai tempi dell’Achille a quelli dell’Orlando si era iracondi e furiosi?! Ma smettiamola! L’arrabbiato/a ha coraggio, porta con sé la rivoluzione. Tremendo è chi si è arreso alla sua vigliaccheria.

Tutti i NO della storia sono stati gridati da movimenti arrabbiati

Le più grandi rivoluzioni sono per caso nate nel quieto e silente spirito, pacifico, d’osservazione? Tutte le manifestazioni che hanno gridato e reclamato per i loro diritti si sono svolte per caso in punta di piedi e a bassa voce? No! Hanno marciato a passi decisi contro l’obiettivo, hanno urlato una verità in cerca di affermazione. Eccola la voce arrabbiata dei ‘No’ alla violenza sulle donne, sui bambini, sugli animali, ecc. Un ‘Noconsapevole a questo e a quello. Questa storia ‘arrabbiata’, insegna come si guadagna rispetto.

Inutile parlare poi delle miriadi di corsi di self-help per la gestione e il controllo delle emozioni (beata spontaneità addio) o dei seminari new age per liberare creativamente la rabbia. Ma davvero pensiamo di dover estinguere, definitivamente, un’emozione primitiva? La rabbia consapevole è un’arma quando ti porta avanti e non ti fa vivere per inerzia come un codardo.

La vera rabbia da estirpare, semmai, è quella endemica che travasa nella violenza incontrollata, già a suo tempo, strumento di distruzione di massa.

di  Laura Pugliese 

 
 

 

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