La Start Up

Pizzabo, la startup di studenti che ha fatto impazzire i tedeschi

Chi l’ha detto che lavorare nel settore del cibo da asporto sia qualcosa di provvisorio e poco redditizio? Sono stati proprio alcuni giovani freschi di laurea in quel di Bologna a demolire questo luogo comune. E lo hanno fatto creando Pizzabo, la startup che, nel tempo, è diventata una garanzia di qualità.
«Pizzabo è nata tra il 2010 e il 2011, avendo notato la potenzialità del mercato, la concorrenza tra pizzerie e la buchetta delle lettere intasata di volantini, con il mio amico Livio Lifranchi abbiamo sviluppato io la parte tecnica e lui quella commerciale». Così uno dei fondatori, Christian Sarcuni, classe 1986 e una laurea in Scienze di Internet. 
 
 
«Bologna è piena di locali che effettuano il servizio a domicilio, visto anche il numero di universitari che spesso non sanno o non hanno voglia di cucinare, e ripiegano sulla pizza. In pochi mesi abbiamo creato il sito, cercato i locali disposti a partecipare, e avviato campagne promozionali nelle zone universitarie della città. All’inizio è stato un salto nel buio, non sapevamo cosa sarebbe successo, ma ci abbiamo creduto e investito, e alla fine è andata bene. Siamo sempre rimasti in attivo e abbiamo replicato il modello anche a Padova, Pisa, Parma, Ferrara e Milano». A completare il racconto è proprio Lanfranchi. 
Il meccanismo che ha consentito la diffusione a macchia d’olio del modello è il dispositivo che consente al pizzaiolo, dopo che il cliente ha fatto l’ordine online, di stampare lo scontrino. 
Il servizio ha conquistato “ammiratori” anche all’estero, così Pizzabo è stata acquisita da Rocket internet, colosso tedesco dell’ecommerce. La cifra, top secret, è comunque almeno di quelle a sei zeri. La startup si è poi “soppiata”, ampliando l’offerta e il territorio coperto, dando così vita a HelloFood, e ora entrambi i marchi sono stati implementati da Just Eat.
 
«Essere entrati a far parte di un grande network ci permetterà di fare quel salto di qualità che ogni fondatore auspica per la propria startup», spiega Sarcuni. «Pizzabo è passata da 9 a 37 dipendenti in pochi mesi, dando lavoro a ragazzi con età media di 28 anni e ha aperto un nuovo headquarter a Bologna».
Insomma, la chiave del successo di una startup sembra sempre più essere il frutto della combinazione di due elementi: capacità di risolvere concretamente problemi/esigenze legate alla quotidianità e la giovane età dei fondatori. Diventare globali parrebbe essere, a questo punto, la naturale conseguenza. 
 
 
 
 
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MoneyFarm: dimmi che investitore sei, e ti svelerò come fare a guadagnare

Investire i propri soldi rappresenta una ghiotta occasione di guadagno. Spesso però questa opportunità è solo vagheggiata e non colta, per diffidenza, pregiudizi, e scarsa conoscenza del mercato di riferimento. MoneyFarm, startup italiana inserita dal sito di economia Business Insider tra le migliori del 2015, è nata allo scopo di ovviare a questa “lacuna informativa”.
MoneyFarm è un servizio di consulenza online che offre piani di investimento personalizzati, in relazione alle specifiche caratteristiche del cliente (propensione al rischio, quantità di moneta e durata). Il portafoglio suggerito è composto da fondi indicizzati, che consentono di differenziare il proprio impegno attenuandone la “pericolosità”. 
 
«Tutta la profilazione dell'utente, l'analisi del rischio e la composizione del portafoglio è svolto dal nostro algoritmo. Anche se poi c'è un comitato di investimento, come nelle società di consulenza tradizionali» così Paolo Galvani, presidente di MoneyFarm.
Periodicamente poi, viene inviato un rapporto sull’andamento degli investimenti, correlato da un vademecum per modificarne la composizione. 
 
A coronare il lavoro della startup, il finanziamento da 16 milioni di euro (il più consistente del settore, nello scorso anno) incassato, per la maggior parte, dal fondo inglese Cabot Square Capital. La società infatti si prepara a “sbarcare” nel Regno Unito, forte della consapevolezza che a Londra le attività di fintech (tecnologia applicata alla finanza) sono in netta espansione. 
 
 
 
 
 

 

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Filo, la startup che consente di ritrovare gli oggetti smarriti

Inventa un app per ritrovare le chiavi,la borsa, il portafoglio ecc……

Nata per tutti gli smemorati che quotidianamente perdono oggetti, Filo è un piccolo dispositivo elettronico che aiuta a trovare le cose perse o dimenticate semplicemente attaccandolo agli oggetti.

L’ideatore?

Si chiama Giorgio Sadolfo, ha 32 anni ed è un ingegnere informatico che ha lasciato il suo lavoro di consulente per grandi società come Microsoft e Google per dedicarsi alla realizzazione di questo progetto.

Com’è nata l’idea

Filo è la combinazione di due parole “find” e “locate” ed è nata da un programma all’interno di InnovAction Lab, una scuola per startup che insegna a creare le idee per poi presentarle sul mercato.

Di qui il successivo interesse degli investitori per questo progetto ed i finanziamenti di circa 500 mila euro.

Come funziona Filo

Filo funziona in diverse modi: o visualizzando l’oggetto tramite l’app installata sullo smartphone, o facendo suonare l’oggetto perduto, oppure creando un’aerea di controllo chiamata comfort zone che fa suonare lo smartphone quando superi un certo limite di distanza. 

Se poi ci capita di perdere lo smartphone possiamo sempre premere il pulsante sulla O di Filo ed esso suona.

Produrre un hardware in Italia era un grosso rischio

Perché la produzione di un hardware comporta dei grossi costi e quindi quasi nessuno è disposto a finanziarla. Ma Giorgio ed il suo team non si arrendono ed uniscono i soldi ricevuti da InnovAction Lab e quelli personali per poter produrre i dispositivi. Successivamente,creano un sito e-commerce attraverso il quale li vendono tutti.

Ad oggi

Dopo aver presentato la startup alla più importante fiera di tecnologia al mondo, il Ces di Las Vegas, Filo riceve investimenti per 500 mila euro con i quali si migliora ed aumenta la sua produzione. 

Il successo è arrivato quando Qualcomm, la multinazionale che produce i chip per Filo, invita la startup al Ces di Las Vegas per presentare il prodotto e come dichiara Giorgio in un’intervista  : «È stata una grande emozione e una buona visibilità in vista del lancio che faremo a breve sul mercato estero».

Il motto di Giorgio come per tutte le startup è: non mollare mai!

Simona

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