nomadi_digitali 

I racconti di chi ha cambiato vita ✌

Io, ragazza albanese, oggi imprenditrice di successo in Italia. Ma quanta fatica...

«Mia madre ha fatto il viaggio della speranza. 

È scappata dall’Albania e dalla guerra civile, con due bambini in braccio, imbarcandosi sulla Vlora, la nave che nel 1991 ha portato a Bari 20mila albanesi. 

Ha vissuto i primi mesi nei campi profughi, poi si è rimboccata le maniche, è una sarta e in Italia ha trovato lavoro. 

Qualche anno dopo è venuta a riprendermi».

Dall'Albania all'Italia, solo andata

anita-likmeta1Giornalista, comunicatore, blogger.

Sembra facile fare questi mestieri, ora che potenzialmente, parlare a un grande pubblico virtuale è diventato piuttosto scontato. Ma è pur vero che le vie della comunicazione sono infinite.

Alcuni devono fare molta strada, sia metaforicamente che geograficamente. Studiare, imparare un'altra lingua. Avere fortemente in mente un'obiettivo, lottando contro pregiudizi e sistemi chiusi.

Anita Likmeta è sbarcata venti anni fa sulle coste italiane. Oggi ha fatto anche lei della scrittura digitale il suo mestiere, creando assieme al suo compagno Comunicatica, agenzia che accompagna piccole e medie imprese nell'approdo alle agognate lande di Internet.

L'agenzia possiede oggi oltre 60 collaboratori in tutto il mondo e otto sedi, di cui sei solo in Italia, con almeno 100 clienti al loro servizio. Recentemente è addirittura entrata a far parte di Open Box, gruppo di comunicazione digitale che racchiude al suo interno oltre venti risorse, tra cui Syncronica, Create.it. Bit2B. 

Il lungo cammino verso il successo

anita-likmeta5Una storia di successo che però nasconde molta dedizione e altrettanto sacrificio. «Quando sono arrivata nel Bel Paese avevo undici anni e già sapevo che in Albania non sarei mai più tornata. Mia madre si era trasferita in un paese in provincia di Pescara: eravamo i primi albanesi del posto.

«Tutti ci guardavano con sospetto. Ho imparato presto ad accettare l’idea di essere diversa e a impegnarmi per fare la differenza».

Anita sfrutta così l’estate per imparare l’italiano. Anziché giocattoli, chiede libri. Studia tantissimo, tra scuole medie e liceo classico, e colleziona borse di studio.

Compiuti diciotto anni invece si iscrive all’Accademia d’arte drammatica di Roma, ma non le piace l'ambiente che ruota intorno a quel mestiere, decisamente troppo frivolo e festaiolo per i suoi gusti.

Perciò, durante il periodo universitario, parte alla volta di Parigi. «Per imparare il francese ho fatto la babysitter, la ragazza alla pari, la cameriera». In Francia resta due anni, poi torna in Italia e inizia a lavorare come interprete (ormai parla sei lingue: italiano, albanese, francese, spagnolo e portoghese).

In questi anni Anita diventa collaboratrice di importanti quotidiani quali: L'Inkiesta, Il fatto quotidiano, Il Giornale, partecipando anche a diversi talk show su SkyTg24, Rai 2 e UnoMattina.

Il sogno da imprenditrice

anita-likmeta12Tuttavia, il sogno di Anita resta fare la manager, lavorare alle dipendenze di se stessa. 

Così studia il digitale e, in questo campo, fa l'incontro della sua vita, sia a livello professionale che relazionale: Jacopo Paolelli, professionista in marketing online e, in seguito, marito e Ceo di Comunicatica.

«La nostra azienda si basa su una formula innovativa» dice Anita. «Siamo una holding con sei società partner e cinque startup partecipate. 

Un mix di marketing, comunicazione, informatica, tecnologia, innovazione, creatività. Mettiamo a disposizione delle pmi una rete di professionisti sparsi in Europa. 

Fatturato? Più di 5 milioni di euro!

Leggi anche: Atelier Ela Siromascenko: realizzare i propri sogni dalla Romania all'Italia

Ma ciò che commuove di più sono le parole di questa giovane naturalizzata italiana ma ancora profondamente legata alle sue origini. 

Il suo pensiero infatti, vista anche l'esperienza vissuta sulla propria pelle, va alle tante persone, ragazze, ragazzi che fuggono da situazioni difficili per trovare un futuro migliore.

«Ho realizzato molti sogni nella vita, sarebbe bello se la mia storia fosse d’esempio. Su quelle barche piene di immigrati, che arrivano a Lampedusa o in Grecia, possono esserci mille Anita, bambine che potranno dare un grande contributo al Paese che le accoglie. So da cosa scappa quella gente. Scappa dalla guerra, dalla povertà, da una vita cupa. Fa un viaggio disperato, perché vuole vivere. E ha molto da dare».

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di Irene Caltabiano

 

 


 

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Amor è coragem: Linda Maroli e il Temakinho brasiliano che l’ha portata alla felicità

«Conoscevo la cucina fusion ancor prima che fosse inventata».

temakinhoForse in molti hanno sentito parlare di Temakinho, catena di ristoranti nippo-brasiliani. Non tutti però conoscono la storia della sua fondatrice.

Linda Maroli, animo femminile creativo e coraggio del noto brand, ad un certo punto della sua esistenza, ha deciso di cambiare vita.

Il suo motto è amor e coragem, amore e coraggio: parole che l'hanno sempre accompagnata, sin dall’infanzia in Honduras, dove Linda, figlia di genitori italiani, è nata è cresciuta fino al trasferimento nel Bel Paese all'età di 18 anni. 

Coraggio di lasciare un lavoro interessante e remunerativo per l'ufficio stampa di Jimmy Choo e per il dipartimento commerciale di Alexander McQueen facendo un salto nel vuoto. Amore per le culture diverse che possono essere espresse attraverso la cucina (e un italiano lo sa bene). Un istinto che si è rivelato essere la miglior decisione della sua vita.

Temakinho: Messico e sushi

temakinho9Vivere l'infanzia in Sud America significa venire a conoscenza di sapori diversi tra loro, mescolare la sapienza culinaria nostrana con l'originalità dei sapori latini.  «Quando ero piccola per farmi passare il singhiozzo i miei genitori mi davano melassa e lime, non zucchero e limone. La mia famiglia utilizzava ingredienti del luogo per cucinare piatti della tradizione toscana»

Una mescolanza esotica diventata esperienza fondamentale per dare vita al marchio ormai presente in alcune delle location più chic del mondo: Roma, Milano, Londra, Formentera, Ibiza.

L'ultimo nato della catena, nel giugno del 2020, è a Bologna, nello storico Palazzo Zambeccari di via Farini 13. Il punto vendita ha fatto il suo ingresso con alcune importanti novità. Lo spazio che coincide con l’ex chiesa di San Damiano, è infatti diventato un tempio dedicato alla natura dell’Amazzonia. Inoltre, è stata introdotta una formula smart per il pranzo, un menu post Covid per andare incontro ai bisogni della clientela. «Volevamo aiutare le persone in un momento di crisi, permettendo a chi volesse vivere quest'esperienza di farlo a un prezzo accessibile».

Temakinho: il gusto incontra l'ecosostenibilità

linda maroli temakinhoMai due cucine sono state così diametralmente opposte: i giapponesi rappresentano disciplina, minimalismo, ordine. I brasiliani invece sono caos, mescolanza, avocado, formaggio, mango, gusti forti. È questo a rendere Temakinho unico.

«Reputo la cucina una meravigliosa espressione d'arte che racchiude in sé la storia dei popoli e dei loro viaggi. Penso che da ogni paese si debba imparare qualcosa e oggi grazie a internet è facilissimo: per svezzare i miei figli ho inserito nella loro dieta minestrine di miso, farine di riso, avocado e tapioca. Far conoscere le diverse culture ai nostri figli attraverso le diverse cucine è un bel gesto d'amore».

Inoltre, la catena Temakinho si è impegnata fin dal primo giorno a dare attenzione particolare all'ecosostenibilità, ottenendo la certificazione Friend of the sea per l' utilizzo di pesce da itticoltura e pesca sostenibile. Anche nel packaging vengono sfruttati legno, materiali innovativi e oggetti che premiano i nuovi designer e l’artigianato internazionale.

A ogni città il suo Temakinho

temakinhoOgni ristorante Temakinho ha le sue peculiarità. «Quando apriamo un nuovo punto vendita teniamo conto di tanti elementi, infatti prima di decidere se una location è giusta studiamo  gli abitanti della zona, la storia dell'immobile».

Ad esempio il Temakinho della Rinascente di Roma, per il suo edificio imponente, è ispirato al teatro della Musica di Manaus, nello stato Amazonas. 

Nulla è lasciato al caso: il lettering del logo è stato preso dal nome di un battello che navigava nel Rio delle Amazzoni nei primi del ‘900, i pavimenti da alcune scene del film Fitzcarraldo. La stessa carta da parati ricorda l’Amazzonia.

Insomma un viaggio alla scoperta di Brasile senza aver bisogno di biglietto. Tutto partito dalla voglia di dar vita ai propri progetti, di cambiare vita. «La determinazione può farci fare qualsiasi cosa. Temakinho è il progetto che mi ha portato la felicità».

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di Irene Caltabiano

 

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Io, casalinga con la passione per i gioielli, cambio vita e divento imprenditrice

Labò di Giò: da mamma a imprenditrice

giorgiavaccariUn lungo periodo a Berlino, la decisione di fare la mamma a tempo pieno e infine il cambiamento seguendo la passione di sempre: realizzare gioielli e bijoux fatti a mano

Giorgia Vaccari, origine padovane, mamma bis, ha scelto di rimettersi in gioco dopo essersi trasferita a CarloForte, cittadina sarda che affaccia sul mare.

«Sono sempre stata una persona molto creativa e iperattiva, non riesco a stare ferma con le mani o con la testa. Ho capito fin da subito che questo mondo fatto di colori, perline, fili di seta, argento, pietre preziose, ottone era dove potevo esprimermi al massimo e incanalare la mia grande energia».

Così è nato Labò di Giò, marchio di gioielli interamente fatti a mano e 100% made in Italy. Labò viene chiaramente da laboratorio, il posto dove Giorgia passa la maggior parte del tempo della sua giornata.
 

Seguire le proprie passioni

collana1«È nato tutto quasi per gioco, mi ero appena trasferita nell’Isola di San Pietro facevo la mamma a tempo pieno e ho iniziato facendo bracciali e rosari. Ho visto che le mie creazioni suscitavano molto interesse tra le turiste che mi chiedevano di produrli anche per loro»

 È uscita così la sua anima da imprenditrice veneta e Giorgia ha aperto il laboratorio/negozio facendo mercatini per farsi conoscere, raggiungendo poi fiere più grandi e importanti come Homi Milano e Who’s Next a Parigi.

Le sue opere sono un inno alla positività: collane e orecchini sbarazzini, perfettamente indossabili la sera per un’elegante serata in riva al mare, o di giorno, con uno stile più casual. Piccoli tesori che racchiudono il riflesso del sole sull’acqua marina, la soffice sabbia, la bellezza dei tramonti e la natura selvaggia dell’entroterra. 

Colapesce e Vucciria, quelle borse che raccontano la Sicilia

Labò di Giò, l'estate come ispirazione

labòdigiò5«Ecco gli ingredienti della mia ispirazione quotidiana e chi sceglie un gioiello Labò di Giò porta tutto questo con sé: i gioielli di Labò di Giò sono come il segno dell’abbronzatura del bikini che rimane e che ci fa sorridere mentre ci vestiamo per andare in ufficio la mattina».

Come spesso accade, l’ingrediente segreto per il successo è credere fermamente in se stessi. «Molto lo devo alle mie clienti e al loro entusiasmo. Ma soprattutto a mio marito, che ha sempre appoggiato ogni mia decisione e che ora è parte integrante del team Labò di Giò».

Importante il lavoro svolto sui social; Giorgia infatti è ampiamente seguita sulla pagina Facebook, ma soprattutto su Instagram, dove è già arrivata a 13mila followers e migliaia di commenti. Certo, si devono sempre aggiornare i profili e creare contenuti originali.«Star dietro a tutti non è certo facile. Ma alla fine, paga».

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di Irene Caltabiano

 

 

 

 

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