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I racconti di chi ha cambiato vita ✌

Cambio vita e apro un'azienda agricola in un castagneto

Aprire un'azienda agricola

Uno quindici anni da impiegato di banca, l’altra il classico lavoro di ufficio dalle 9 alle 18. La storia di Claudio Salciccia e Lara Lapi dimostra ancora una volta che non c’è un’età per cambiare vita e liberarsi da una quotidianità che senti non appartenerti più.

Da settembre 2020 infatti i due amici hanno tirato su da zero Il Bosco magico, un’azienda agricola nel cuore del Casentino, prendendo in gestione un antico castagneto a Pratomagno e passando dalla frenetica vita di città a una dimensione più bucolica.

Claudio si innamora di quel bosco molto prima, durante una passeggiata. Dopo anni, propone a Lara di tuffarsi insieme in una nuova avventura, ponendo la base per lo sviluppo dell'attività nella presenza di piccole casette di pietra, un tempo ricovero per i pastori e per il bestiame, e poi rifugio di guerra.  

«Gli alberi hanno tutti tra i trecento e i quattrocento anni. Sono dei castagni maestosi ed è stata una fortuna che fossero ancora vivi e in buona salute, nonostante l’incuria» racconta Claudio. 

Il castagno, ricchezza del territorio

pratomagnoNato in un paese al di sotto di Pratomagno, Claudio è cresciuto in questi luoghi e ha appreso sin da bambino le antiche tradizioni del territorio.

«I miei nonni mi avevano insegnato a conoscere i boschi. Dedicarmi all’agricoltura di montagna è stato come rinfrescare la memoria» ha spiegato Claudio in un'intervista a L'Italia che cambia. 

«Appena preso in gestione, il castagneto era una selva inaccessibile. Ci sono voluti mesi per ripulirlo dalle piante infestanti e ridare respiro a questi alberi». 

Gli alberi di castagno, peraltro, sono sempre stati alla base dell’alimentazione della gente di questi luoghi. Gli anziani portavano sempre con sè una manciata di castagne, la farina veniva utilizzata nella panificazione, per i dolci e persino per preparare la pasta. «Per noi recuperare questo bosco significa anche riscoprire tradizioni gastronomiche» prosegue Claudio. 

Al Bosco magico sono infatti state riprese antiche coltivazioni, come quelle delle diverse varietà di patata. Durante la raccolta sono stati coinvolti anche famiglie e bambini, così come per la raccolta delle castagne. 

Ripopolare gli antichi borghi

D'estate invece è stato organizzato un campo per i ragazzi, con passeggiate e attività all’aria aperta, alla scoperta di borghi e frazioni del Pratomagno. 

I borghi poco frequentati sono una costante in questi luoghi e ripopolare il territorio grazie alla presenza del Bosco magico è un toccasana per gli abitanti. 

«Ogni volta che passiamo con i ragazzi, è un momento di festa. Si rivive come una volta il senso della comunità, dell’accoglienza. Gli anziani sorridono: è una boccata di vita», prosegue Claudio. 

L’obiettivo del Bosco Magico, facente parte ad oggi dei soci fondatori della cooperativa di Pratomagno, è un progetto il cui obiettivo principale è far ripartire il turismo montano. La cooperativa, finanziata con un bando regionale, mette insieme istituzioni e produttori locali, per fare rete e dare forza anche ai piccoli produttori rinsaldando legami anche all’interno della comunità. 

«Questa montagna è un tesoro. Io la amo sin da quando ero un bambino e così spero sia per i miei figli e per tutti i bambini che vengono nel nostro bosco». 

 

di Irene Caltabiano

 

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Mollo tutto e creo bici su misura a Madrid

Fuga da casa

biciCosa spinge sempre più spesso a mollare tutto e costruire i propri sogni in un posto lontano, ricominciando da zero? Al 50%, l'amore (ebbene si, molti di noi sono ancora inguaribili romanticoni).

Il motivo della restante percentuale riguarda il non trovare nel luogo in cui si vive le possibilità che si riscontrerebbero altrove. Per Nicolò Koschatzky, trentunenne milanese, entrambe le opzioni sono state una valida spinta a fare le valigie e trasferirsi nella soleggiata Spagna.

Ingegnere meccanico, in Italia inizia a lavorare con aziende che creano moto personalizzate. I quattro dipendenti iniziali diventano venti, con grosse aspettative. Nicolò vorrebbe aprire un negozio, prima in Italia e poi negli Stati Uniti, ma le cose non vanno come sperava.

«Non c’erano più le possibilità di crescere e di realizzare ciò che volevo. Allora sono andato via. La mia ragazza intanto aveva trovato un lavoro a Madrid. Ho mollato tutto, l’ho seguita, per reinventarmi una vita».

Biciclette su misura a Madrid

lometroUna volta a Madrid il giovane imprenditore ci riprova con le moto, con scarsi risultati. Alcuni amici gli suggeriscono così di produrre bici artigianali. Affitta dunque un'officina e compra i macchinari, rifornendosi online da aziende italiane ed europee.

«Ho messo su tutto e ho iniziato a lavorare. Ho investito 35mila euro di soldi che avevo conservato in tutta una vita. In Spagna aprire un’impresa è semplice, due giorni per preparare i documenti e solo due settimane per poter già operare»

Per le neo-aziende c’è comunque un regime fiscale molto vantaggioso, intorno al 15%. Gli affitti sono bassi: si può affittare un’officina a 700 euro al mese, mentre in Italia costerebbe almeno 1000 euro.

Non tutto però fila immediatamente liscio. In Spagna non c'è una grossa tradizione per le bici. Quindi dalla capitale iberica, Nicolò punta nuovamente sul mercato italiano e Nord Europeo. «L’idea è di rafforzarmi qui per poi aprire un’officina altrove. Il mio sogno è poter aprire un'attività a Londra».

Il lavoro di Nicolò si svolge principalmente da autodidatta. «Faccio tutto da solo, costruisco telai e assemblo. Solo per la verniciatura mi affido a professionisti esterni. C’è tanto lavoro dietro. Una bici personalizzata la vendo a una cifra intorno ai 1.500 euro. Un prodotto del genere, tutto fabbricato a mano, viene venduto da una grande marca a un prezzo superiore del 30, 40%».

Il consiglio di Nicolò per fare business all'estero?

bici-nicolò«Valgono un po’ le regole di chi apre un’attività in Italia. Non avere la presunzione di sapere che la propria idea è vincente. Capisci se può funzionare parlandone prima con amici, colleghi, conoscenti. Poi non avere paura di chiedere consigli: io lo faccio continuamente. Avere suggerimenti da professionisti, creare una rete di competenze, è il modo giusto e più veloce per imparare e migliorare».

Ma soprattutto, fare attenzione al proprio business plan. Anche se sono state  previste al meglio entrate e uscite, le spese saranno sempre superiori al previsto. «Quindi è meglio saperlo, così da non restare senza soldi in tasca».

irene-caltabiano

 

di Irene Caltabiano

 

 

 

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Da parrucchiera a pilota di linea. La storia di Sarah

Contro la legge dell’uno 

Una casa, un mutuo, una famiglia, un lavoro stabile. 

La legge dell’uno, che ci vuole tutti uguali a inseguire lo stesso percorso, il medesimo scopo, è un imperativo potente. 

Come se la vita fosse qualcosa di deciso a tavolino, fissata in determinate tappe, che, se non vengono raggiunte, ci condannano inevitabilmente al fallimento.  

E invece l’esistenza è terrificante e magnifica allo stesso tempo, proprio perché l’unica certezza è il cambiamento. Nessuno può realmente controllare il domani, è un’illusione che ci raccontiamo per infondere sicurezza a noi stessi. 

Una forza che però possiamo sicuramente esercitare è la volontà, ascoltando la nostra voce interiore.  

Leggere la storia di Sarah Johansonn, mi ha fatto capire quanto sia importante evitare di farsi etichettare in un ruolo prestabilito, così inculcato dai giudizi altrui che finisci per credere che quella sia l'unica via possibile.

 Gli inizi da parrucchiera

Sarah Johansson, fin da piccola, veniva definita da un unico fattore: la bellezza. Potrebbe andar peggio, penserete. Eppur anche essere di bell’aspetto, alle volte, può diventare una gabbia dorata.  

Così, seguendo il consiglio della maggioranza delle persone che le stavano attorno, sceglie di fare una professione legata all’estetica: la parrucchiera. 

Il che non ci sarebbe niente di male se il suo desiderio non fosse stato un altro. Inizialmente, si rassegna a un’esistenza poco soddisfacente in cui, quantomeno, quel lavoro le fornisce i soldi per vivere. 

Eppure, prima o poi, quella vocina che ti pungola, che ti dice che non puoi continuare così, si riaffaccia, sempre più prepotente, fin quando diventa un megafono, un urlo prolungato.  

Un sogno nato dalla paura di volare

L'elemento interessante è che la passione più recondita di Sarah nasce addirittura da una paura: volare. Fino ai sedici anni, la giovane svedese era terrorizzata al sol pensiero di sedersi su un aereo. Poi, un giorno, ha l’opportunità di stare in cabina di pilotaggio e osservare il capitano all’opera. Da quel momento rimane letteralmente affascinata da quel tipo di professione . 

L’idea di diventare una pilota era però di difficile realizzazione, soprattutto alla sua età. Sapeva che sicuramente qualcuno l'avrebbe ostacolata o convinta a desistere. Perciò, senza dire niente a nessuno, si iscrive a una scuola di aviazione vicino casa. 

 «Sono stata sottoposta a forti pressioni per ripensarci e tornare sui miei passi» ricorda. «E anche nell’accademia ho ricevuto un trattamento molto duro da parte di colleghi e insegnanti. Un esaminatore mi disse chiaramente che voleva che io fallissi. Mi ha bocciata tante volte, ma io non ho mai mollato e alla fine sono riuscita a far atterrare un aereo nella sala di simulazione senza praticamente nulla di funzionante a bordo. A quel punto è stato costretto a promuovermi».

Non è mai troppo tardi

Sarah ha realizzato il sogno di cambiare vita. E lo ha fatto dopo quasi dieci anni a lavorare come parrucchiera. Da due anni e mezzo guida ufficialmente aerei, prima privati e poi di linea, gira il mondo da una parte all'altra. 

 «Ho lavorato durissimo per farcela e sono stata più professionale che potevo. Non permetto a nessuno di giudicarmi. So di essere un buon pilota e voglio imparare da tutti i capitani più esperti di me. Il mio sesso o il mio aspetto non hanno alcuna importanza in cabina di pilotaggio. I piloti sono persone, senza distinzioni».
 

Il mondo è ora diventato la sua casa, una prospettiva a cui non avrebbe mai creduto qualche anno fa. Perseverare alle volte non è diabolico, è il miglior favore che possiamo fare a noi stessi.

 

di Irene Caltabiano

 

 

 

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