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Rivalutare luoghi e persone. La storia della cooperativa Raggio

Raggio sociale, dare una nuova occasione

Nella vita non è scontato che venga concesso ciò che tutti meriteremmo: una seconda opportunità. Soprattutto perchè, molte volte, è proprio dalla rinnovata fiducia che “nascono i fior”, come direbbe Faber.

La cooperativa Raggio Sociale si forma esattamente con questo obiettivo di rinascita: mettere in piedi un locale che consenta a ex detenuti, ex tossico-dipendenti, persone con disabilità o addirittura over 50 senza più un lavoro, di reinserirsi nel tessuto sociale, ricostruirsi un futuro con una professione appagante e che li metta in sana relazione con l’altro.

«Chi ha incontrato qualche intoppo nella vita deve ricreare la fiducia in sé, sentirsi accettato e benvoluto» afferma Fabrizio Billero, presidente della società.

 Inoltre, i fondatori, desiderano dar vita al locale nel luogo in cui sono cresciuti, a Mirafiori Nord, Torino, rivalutando spazi lasciati all'incuria. Tutti sono d’accordo nell'evitare di realizzare il solito posto che venda alcolici a basso costo o pieno di slot machine.

Un crowdfunding di quartiere

L'Osteria e Caffetteria Andirivieni deve essere un luogo di aggregazione, in cui ritrovarsi a sorseggiare un tè, entrare a fare due chiacchiere, insomma un locale in cui l’atmosfera e la vicinanza tra personale e clientela sia più importante della consumazione o del menu (che comunque è molto ricco e intolleranze-friendly).

osteria andirivieniLa formula scelta quindi è quella della cooperativa sociale di tipo B, in cui vige l’obbligo di avere almeno il 30% di dipendenti appartenenti a categorie svantaggiate.

 Il problema iniziale è la mancanza di fondi, ma viene presto lanciato un crowdfunding cittadino e il quartiere risponde immediatamente bene all’iniziativa. 

Negli anni, il progetto si va allargando. Il team creativo di Raggio vince un bando e si aggiudica gli spazi di Cascina Roccafranca, dove aprono prima la caffetteria e poi l'osteria. Il lavoro triplica, la cooperativa vince un altro bando e si aggiungono ulteriori locali da cui prende vita l’Innovation Cafè Bistrot. 

Per la prima volta, il progetto non si sviluppa a partire dall’amministrazione pubblica, ma da un privato. È la Sigit, azienda di componentistica per il settore automotive che concede uno spazio all’interno della ex tipografia Mario Gros di Mirafiori, oggi completamente rivisitato e noto come Innovation Square Center. 

Non solo osteria

La cooperativa Raggio Sociale ha resistito anche agli anni della pandemia, riuscendo a non licenziare nessuno e restando in vita anche grazie al delivery. 

Inoltre, il Covid-19 ha anche portato la cooperativa a trovare nuove strade, creando Raggio Alveare, progetto di agricoltura sociale che si occupa di selezionare i migliori produttori locali, per proporre ogni settimana ai clienti di ordinare pacchi selezionati con frutta, verdura, carne, uova, pane, biscotti, latticini, miele e marmellata. 

Infine, non c’è miglior pubblicità per un’attività che l’entusiasmo dei dipendenti stessi. Sul sito leggiamo le testimonianze del personale. Kassem, rifugiato della Siria, racconta: «L’accoglienza è stata fantastica, tutti mi trattano con gentilezza, sia i colleghi che i clienti». Oppure Giusy, disabile: «Dov’ero prima mi trattavano male, qui mi sento parte del gruppo. A Cascina Rocca Franca sono felice». 

di Irene Caltabiano

 

 

 

 

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Il festival del ciclo mestruale, un crowdfunding per contrastare vecchi taboo

Il Festival del ciclo mestruale

Il nome è volutamente volto a sdoganare la paura atavica anche solo nel pronunciarne il nome. 

Menarca, ciclo, "le mie cose", il "Barone rosso" (ebbene sì, ho sentito anche questa).

Mille nomi per un processo naturale su cui ci sono ancora tanti, troppi, pregiudizi. Il Festival del ciclo mestruale è un evento che, come spesso accade per le manifestazioni più innovative, è partito da un crowdfunding di Produzioni dal Basso ed ha raggiunto il suo obiettivo come primo festival di questa tipologia in Italia.

La manifestazione si svolgerà dal 17 al 19 giugno a Milano (uno simile viene organizzato soltanto in India), in tre sedi dislocate, il Mare culturale urbano, il nuovo Armenia e il Rob de Matt.

Un obiettivo raggiunto talmente velocemente da far pensare che ce ne fosse proprio bisogno. 

Perché il Festival del ciclo mestruale? 

Innanzitutto, come è scritto sulla pagina stessa del Festival, il ciclo mestruale riguarda più della metà della popolazione mondiale e, seconda cosa, perché si è davvero ancora troppo disinformati a riguardo.  

Pensate che il 20% delle donne in Italia non ha ancora mai effettuato una visita ginecologica. Questo porta al mancato riconoscimento di alcune patologie e delle rispettive cure. 

Ma, soprattutto, per abbattere un taboo che vede ancora coinvolti sia donne che uomini e soprattutto per saperne di più sulle figure che ruotano attorno alla divulgazione mestruale e alle sue derivazioni, quali sessualità, tassa sugli assorbenti, impatto ambientale, salute e igiene mestruale, congedi lavorativi. Soprattutto in un momento in cui in Spagna hanno appena approvato lo smart working per le donne che soffrono di dismenorrea, ovvero mestruazioni dolorose. 

Il festival prende il via dagli spunti e dalle sinergie create dal primo podcast in Italia sul ciclo mestruale, Eva in Rosso, organizzato insieme a Errante e Promise, due associazioni che si occupano di empowerment femminile, e Studio But Maybe, studio di graphic e digital design. 

Un crowdfunding ben riuscito

cicloGli altri partner sono Roba da Donne, testata giornalistica che si occupa di femminile e inclusività, The Pad Project, divisione italiana dell’ONG internazionale, che ha come obiettivo eliminare lo stigma delle mestruazioni, Onde Rosa, che si occupa di parità di genere, promotrice anche dell’abbassamento degli IVA sugli assorbenti e tantissime altre realtà.  E in più ci saranno tanti workshop, talk, spettacoli, concerti, stand-up comedy, live e dj set.  

Questo grazie alla generosità dei sostenitori, per cui è stato possibile realizzare un programma ricco di contenuti, coprendo le spese di allestamenti, materiali tecnici e promozione. In meno di due settimane sono stati raccolti più di 2700 € e coinvolti oltre 50 sostenitori.  

In palio ricompense all’insegna della solidarietà, contribuendo alla campagna per cui sarà possibile donare da uno a tre confezioni di assorbenti spediti al confine con l’Ucraina. 

Un passo avanti nel sociale che potrebbe dare un'idea per successive, importanti, iniziative.

 

di Irene Caltabiano

 

 

 

 

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EspressOh: belle e naturali come un caffè italiano

Le donne ed il trucco. L’eterna lotta tra il desiderio di piacere ed il rischio di sembrare la nipote di Moira Orfei

Il make-up è gioie e dolori. È successo a tutte, almeno una volta nella vita, di farsi prendere la mano…e superare il sottile crinale tra la valorizzazione di se, ed un look urlato che, impedendoci di sentirci a nostro agio, ha reso una serata, un evento speciale, un primo incontro, mostruosamente indimenticabile.

Tutto questo per colpa di una tendenza, ormai diffusasi su scala mondiale, caratterizzata dalla ricerca spasmodica dell’eccesso, dall’esasperazione delle parti del corpo che esprimono femminilità, fino a produrre effetti grotteschi. Volti e corpi di donne che sembrano ricavati da un medesimo stampino, quello che ossessiona influencer, fashion blogger, attrici mediocri e partecipanti ai reality.

Se un’adolescente italiana, che potrebbe attingere a innumerevoli icone nostrane di bellezza e stile, preferisce smontare e rimontare il proprio corpo come un Lego per scimmiottare una bambola di plastica americana, è evidente che abbiamo un problema. Scarsa considerazione del nostro background, e poca o nulla consapevolezza di quello che rende ognuna di noi unica e inconfondibile.

Il brand di make-up EspressOh nasce dall’esigenza di aiutare donne e ragazze a recuperare (o trovare) l’autostima smarrita, grazie a prodotti ideati e realizzati interamente in Italia, nel rispetto dei principi etici (cruelty free: niente sperimentazione sugli animali) e di sostenibilità ambientale (compensazione delle emissioni di anidride carbonica tramite progetti di riforestazione, niente più plastica negli imballaggi…)

Mascara, correttore e rossetto EspressOh donano a chi li usa un look forte, che emana il carisma tipico di chi conosce i propri punti di forza e attraverso questi comunica al meglio la sua autenticità, imperfetta ma ricca di fascino.

A fondare il marchio, a novembre 2018, è stata Chiara Cascella, che, prima di compiere 30 anni, aveva già incamerato 5 anni di “esperienza sul campo” lavorando tra Milano e Parigi per la multinazionale di riferimento nel mercato della cosmesi.  Decide così di mettersi in gioco in prima persona…e dare voce, energia e spunti creativi, alle migliaia di ragazze e giovani donne che devono fare i conti con la cronica, nefasta, sindrome del “non sono abbastanza”.

In fondo per apprezzare l’immagine che ci rimanda lo specchio non è necessario dilapidare soldi in interventi dolorosi e pericolosi, né sottoporci a lunghe e frustranti sedute di trucco sotto le sapienti (?) mani di amiche. Basta andare nel negozio di make-up giusto, farci guidare dall’istinto, e prenderci tutto il tempo necessario a scegliere cosa comprare…

 

Francesca Garrisi     

Quando le cose non mi divertono, mi ammalo  (H.B.)

 

 

 

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