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Controlli (troppo) spesso i social? Potresti soffrire di FOMO

“Mi si nota di più se vengo o se rimango a casa?”

Fear Of Missing OutL’amletico dubbio non perde di attualità nell’era dei social network. Anzi assume forme nuove, in linea con l’evoluzione (non scevra da tratti involutivi) dei nuovi stili comunicativi.

Una presenza pervasiva nelle nostre giornate è la FOMO (Fear Of Missing Out), in cui si intreccia il timore di essere tagliati fuori dalle esperienze piacevoli vissute dalla nostra cerchia di amici, ed il richiamo irresistibile dei social network. Questo si traduce nella perpetua ricerca (e utilizzo) della connessione Internet. Insomma, presidiamo costantemente la nostra pagina Facebook, Instagram, e controlliamo incessantemente WhatsApp perché l’ansia da esclusione sociale ci appare intollerabile. Ma cedendo alla compulsione, agendola e agendola ancora, non facciamo che rafforzarla, e acuire il nostro malessere.

La FOMO, però, non è costituita solo da gesti compiuti consapevolmente, ma anche da comportamenti che si manifestano in automatico in concomitanza con specifici stimoli esterni. Ad esempio, scorrere con gli occhi il testo di eventuali notifiche comparse sullo schermo del cellulare.

Quali rimedi per la FOMO?

Fear Of Missing OutContrastare l’ansia da esclusione sociale richiede in primis impegno e concentrazione in attività pratiche, strettamente connesse alla vita quotidiana ed alle interazioni faccia a faccia (gestione della casa, attività fisica, uscite con amici).

Saremo così gradualmente assorbiti da altro rispetto ai social network, e questo renderà più semplice ridurne l’uso nell’arco della giornata, e addirittura eliminarlo in particolari momenti, come quando siamo al lavoro. Iniziare a praticare la meditazione mindfulness potenzierà la nostra capacità di restare nel qui ed ora, definendo in modo sempre più netto la linea di demarcazione tra reale e virtuale. E per diretta conseguenza si “sgonfieranno” le aspettative con cui caricavamo le nostre interazioni social.

 

 

Francesca Garrisi     

Quando le cose non mi divertono, mi ammalo  (H.B.)


 

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Da incubo a magia: come godersi il rientro di settembre

Non sempre il calendario è totalmente sincero

Ripartenza-settembreCosì, anche se segna ormai quasi metà settembre, e tecnicamente il tempo delle vacanze dovrebbe essere già metabolizzato e archiviato, molti di noi stanno ancora cercando un nuovo equilibrio.

Come tornare alle attività quotidiane, re-inventarsi specialisti della conciliazione lavoro-privata, dopo settimane in cui ci siamo goduti al massimo un tempo rarefatto, sospeso, smagliato? O al contrario, come costruire una nuova “normalità” dopo giorni di obbligato immobilismo che ci hanno obbligato a guardarci dall’esterno, con occhi diversi?

Questo sgomento, lo sfasamento di chi ha bisogno di un nuovo assestamento è assolutamente fisiologico, è la diretta conseguenza del fatto che, dal punto di vista esistenziale, il vero capodanno non si celebra il 31 dicembre, bensì al rientro dalle vacanze estive.

Quale sorte per i “(buoni) propositi” di settembre?

Non cestiniamoli in blocco, tantomeno liquidiamoli facendo spallucce e ripetendoci “non ce la farò mai”. Darci degli obiettivi, o meglio, dei percorsi da costruire pian piano, è fondamentale, per affrontare la sveglia mattutina dei prossimi nove mesi almeno con un timido sorriso, e non con il lancio furibondo del cuscino.

Ripartenza-settembreAttenzione, però, questi percorsi devono assecondare le nostre personali inclinazioni, desideri e talenti. Per metterli a frutto è necessario tenersi alla larga dall’ansia da prestazione, dall’impulso compulsivo di rendere il nostro tempo zeppo di cose da fare, perché “così fan tutti”, e altrimenti significa che noi battiamo la fiacca.

L’ideale sarebbe scegliere un paio di elementi su cui concentrarci, per prenderci cura simultaneamente della dimensione corporea, sensoriale e manuale, e di quella cognitiva.

Fare ed esserci sono una medicina

Possiamo contrastare la tendenza a procedere per automatismi e farci attraversare dagli eventi in modo passivo impegnandoci in azioni concrete, i cui risultati siano visibili e apprezzabili, perché riguardano qualcosa che è fuori da noi. Un esempio? Pulire casa, riordinarla, cambiare disposizione dei mobili in una o più stanze.

E per non dimenticare il corpo, riprendere l’attività fisica, prediligendone una che ci piace, che ci gratifica ed in cui ci sentiamo a nostro agio. La sua efficacia risulterà amplificata associando un’alimentazione sana, in cui frutta, verdura e legumi abbiano un ruolo preminente.

Inoltre, potremo ritagliarci del tempo anche per praticare con regolarità la meditazione mindfulness.

Sorprendere la mente di continuo per non invecchiare

Ognuno di noi ha un hobby, un interesse, un talento capace di ricaricare le batterie, e dopo avergli dedicato un po’ di tempo, farci tornare agli oneri quotidiani con energia e concentrazione rinnovate. Può trattarsi di un corso di pittura, di giardinaggio, di balli di gruppo, poco importa. Solo una cosa conta: che quell’attività solletichi i nostri neuroni, che chiami in causa il nostro bambino interiore. L’unico in grado di affrontare nel modo più autentico (e per noi funzionale) le piccole e grandi difficoltà.

 

Francesca Garrisi     

Quando le cose non mi divertono, mi ammalo  (H.B.)


 

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Evitamento: perché fuggire da ciò che temiamo ci fa solo stare peggio

Uno dei pilastri (?) su cui si è fondata l’educazione di intere generazioni è stata la paura preventiva

Se non finisci di mangiare, stanotte viene l’uomo nero a prenderti

Evitare qualunque rischio, nel presente ed ancor più nel futuro. È questo il principio che molte madri hanno pervicacemente provato a inculcare nei figli, da 0 a 99 anni. In questo caso, però, amore viscerale fa rima con errore madornale.

Cancellare del tutto le incognite che potrebbero farci male è semplicemente impossibile. Andrebbe contro la stessa essenza della vita. Ed anche ammettendo di riuscirci, quale e quanto sforzo comporterebbe la ricerca sistematica di una schermatura da eventuali emozioni spiacevoli?

Si può riassumere così la dannosità latente ma invalidante dell’evitamento, comportamento che, se assume proporzioni e frequenza disfunzionali, può diventare tratto caratteristico del Disturbo Ossessivo Compulsivo (Doc), del disturbo post-traumatico da stress, di ansia e depressione.

Come si definisce in psicologia l’evitamento?

Evitamento-psicologiaIl termine indica un complesso di comportamenti finalizzati a impedire anticipatamente l’esposizione a situazioni, luoghi o persone percepiti (a torto, o in misura sproporzionata alla realtà) come forieri di rischi.

Come una valigia, l’evitamento nasconde un doppiofondo: l’incapacità di accettare ed imparare a convivere con stati d’animo dolorosi, disturbanti, scomodi.  Insomma, sintomi di una fragilità che, agli occhi di chi ne è portatore, risulta insostenibile e inaccettabile. Nel (vano) tentativo di soffocarla, però ci si condanna a qualcosa di ancora peggiore: una sofferenza che si autoalimenta a tempo indeterminato ed un’autostima che si scarnifica silenziosamente ma incessantemente.

Tale comportamento sfocia nella patologia quando restringe considerevolmente il nostro raggio d’azione sulla realtà. Se l’evitamento ci impedisce di arricchire ed approfondire il nostro bagaglio di esperienze, è inutile e fallimentare. Sconfessa in pieno la finalità adattiva originaria, vale a dire, metterci al riparo da minacce altamente probabili e dall’apprezzabile portata.

Come intervenire, quindi, sull’evitamento? La risposta arriva dalla terapia cognitivo-comportamentale: interrompere il circolo vizioso è possibile solo esponendoci gradualmente a ciò che temiamo. Alla situazione, luogo o persona che percepiamo come minacciosi, e quindi al vissuto emotivo ad essi associato. Sarà un sollievo, così, realizzare, che gran parte della loro portata negativa esisteva solo nei nostri pensieri o meglio, ruminazioni. E l’autostima, rinvigorita dal nostro atto di coraggio, (ci) dirà: “finalmente…era ora che ti decidessi”.  

La redazione

Francesca Garrisi     

Quando le cose non mi divertono, mi ammalo  (H.B.)


 

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