Maleventum: quando solidarietà fa rima con profitto…

24mila euro al giorno. È questo la somma che frutta il settore dell’accoglienza dei migranti. Numeri (in)degni di un vero e proprio business. L’emblema più significativo ne è sicuramente Paolo Di Donato, 46enne che ha in mano 15 strutture dislocate nel beneventano…e nel garage di casa Porsche e Ferrari. Al lusso sfrenato e ostentato fa però da contraltare la fatiscenza in cui versano gli “ospiti” dei suddetti centri.
Il consorzio gestito da Di Donato si chiama Maleventum. Un nome, una garanzia, è proprio il caso di dire. I numeri sono da capogiro, letteralmente. I richiedenti asilo alloggiati sarebbero circa 1000, per una spesa giornaliera pro-capite di 28 euro ( a fronte dei 35 di media nazionale, e dunque «il prezzo più basso d'Italia»). Il tutto per un incasso annuo complessivo di otto milioni, frutto, principalmente,  di una vera e propria corsa al ribasso.
 
Uno dei problemi più gravi è il sovraffollamento che caratterizza le strutture controllate da Di Donato. «È vero, c’è sovraffollamento, ma non solo da noi. E non dipende tanto dai gestori quanto dalle istituzioni, che premono affinché accogliamo quanti più migranti è possibile». Questa la risposta. Sarebbe interessante capire, però, quale pretesto accamperebbero per altre note dolenti, come le precarie condizioni igieniche e l’aleatoria presenza di servizi essenziali come acqua e gas. 
 
«Oltre a un alloggio scadente e cibo di pessima qualità la gestione di questo consorzio non garantisce altro. Non di poco conto è anche la posizione delle strutture, spesso ubicate in campagne isolate o stradine di montagna». Così Yasmine Accardo, attivista campana. «Insomma, con Maleventum siamo ben lontani dal raggiungimento degli standard minimi dell’accoglienza, previsti dalla legge. Purtroppo, nel nostro paese, i meccanismi dell’emergenza continuano a rappresentare una via privilegiata per speculatori ed affaristi sulla pelle dei migranti e, spesso e volentieri, le prefetture sono le prime responsabili. Di chi è la colpa quando 100 richiedenti asilo appena sbarcati a Lampedusa finiscono in un vecchio casale nel Sannio dove non c’è neanche l’acqua potabile? Credo che sia di chi quella struttura la gestisce guadagnando un bel po' di soldi, ma anche di chi dovrebbe controllare e non lo fa». 
 
 

 

 

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