Le donne sono più brave negli studi, ma sono più penalizzate sul lavoro

Le donne sono più brillanti degli uomini lungo il percorso formativo ma vi è un forte divario in termini occupazionali e contrattuali, ma anche e soprattutto retributivi

Ed anche sotto questo profilo l’Italia si dimostra arretrata e discriminante dimostrando di non dare valore al lavoro delle donne anche se sono migliori degli uomini.

Questo è ciò che sta avvenendo secondo l’ultimo comunicato aggiornato al 2015 di Almalaurea

Veloci, preparate e con le idee chiare le donne, secondo questo rapporto, nel campo della formazione scolastica se la cavano meglio dei loro colleghi maschi.

Anche all’Università

Il Rapporto 2015 sul Profilo dei diplomati conferma che le donne, a livello di qualsiasi percorso di studio intrapreso dopo il diploma, continuano ad avere performance più brillanti rispetto ai loro colleghi uomini, sia in termini di regolarità negli studi che di voti. Difatti la quota delle donne che si laureano in corso è superiore rispetto ai loro colleghi.

Non solo, le donne hanno svolto più tirocini e stage riconosciuti dal proprio corso di laurea, il 60% contro il 52% dei maschi.

 
Penalizzate sul lavoro

Lo stesso rapporto conferma che le donne ancora oggi fanno più fatica dei loro colleghi a realizzarsi professionalmente a tal punto che per “giocare alla pari” di fatto devono essere più qualificate; in Italia ancora di più di quanto non capiti in tutta Europa.

Le differenze esistono anche da un punto di vista retributivo poiché gli uomini a parità di condizioni guadagnano in media di più delle donne.

In termini retributivi anche quando intraprendono i percorsi formativi che hanno un maggior riscontro sul mercato del lavoro,come i percorsi di ingegneria,professioni sanitarie, economico statistico o scientifico le differenze tra i due sessi si notano. Non solo: le laureate con figli lavorano e guadagnano meno rispetto alle colleghe senza figli.

Perché

Da un lato queste differenze sono legate alle diverse scelte professionali maturate da uomini e donne; le seconde, infatti, tendono più frequentemente ad inserirsi nel pubblico impiego e nel mondo dell’insegnamento, notoriamente in difficoltà nel garantire, almeno nel breve periodo, una rapida stabilizzazione contrattuale.

Dall’altro vi è una sottovalutazione del lavoro femminile e delle competenze richieste nei settori o occupazioni in cui il lavoro delle donne prevale. E poi esiste una discriminazione dovuta alla necessità per le donne di interrompere la carriera o ridurre le ore di lavoro retribuito per dedicarsi ad ulteriori responsabilità di assistenza e cura.

Simona

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